NUTRI_MENTI

L'alcol e i giovani

I rischi del "binge drinking"

Da modello di consumo alcolico tipico dei paesi del Nord Europa, il binge drinking è diventato negli anni espressione di un fenomeno sempre più diffuso anche in Italia, soprattutto tra i giovani. Propriamente si tratta del consumo di quantità eccessive di bevande alcoliche (anche sei o più bicchieri), in un intervallo di tempo più o meno breve e in misura maggiore rispetto alle proprie capacità psicologiche e fisiologiche. "Abbuffate alcoliche" che provocano ubriacatura immediata e perdita di controllo. La pericolosità di tale abitudine deriva non soltanto dalla quantità, ma anche dalla modalità di assunzione dell'alcol che, trangugiato in modo consecutivo e rapido, spesso tutto d'un fiato e in un'unica occasione, amplifica il suo impatto deleterio sulla salute psico-fisica dell'individuo, soprattutto di quello più giovane.
Per le sue caratteristiche e modalità peculiari, il binge drinking si colloca al primo posto tra le modalità di consumo alcolico considerate all'origine della dipendenza, rappresentando la quasi totalità del rischio complessivo.

I dati disponibili assegnano all'Italia un triste primato circa l'età di avvio al consumo alcolico: la più bassa di tutta l'Europa, 12 anni circa.
L'OMS raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni. Per questo motivo, per i minori di 11-15 anni viene considerato come comportamento a rischio già il consumo di una sola bevanda alcolica durante l'anno.
Prima dei 15 anni, l'apparato digerente non ha completato la maturazione del sistema enzimatico che "smonta" l'alcol ed è per questa ragione che qualsiasi bevanda alcolica consumata espone a maggior rischio l'organismo. Il sistema di smaltimento dell'alcol è, inoltre differente per i due sessi: l'organismo femminile è capace di eliminare la metà dell'alcol ingerito rispetto a quanto avviene per i maschi; le donne sono perciò più vulnerabili e sperimentano gli effetti negativi dell'alcol con la metà delle quantità ingerite dagli uomini.

I giovani sono i più esposti ai rischi psicologici, oltre che fisiologici legati al consumo di bevande alcoliche. Rischi spesso assunti inconsapevolmente e sempre più influenzati dalle pressioni sociali, mediatiche, pubblicitarie, familiari. Il binge drinking è quanto mai evidente nel noto fenomeno dell' "Happy hour" che si è imposto, con abile strategia di marketing, nel consumo giovanile: consentendo l'acquisto di quantità doppie o triple di alcol allo stesso prezzo unitario previsto dalla vendita, rende agevolmente disponibili quantità di alcol fisiologicamente non sopportabili dall'organismo in funzione della concentrazione nel breve tempo di consumazione.
In questa sorta di ritualità collettiva, bere alla ricerca dello "sballo" è l'esperienza che coinvolge la maggior parte dei ragazzi. L'alcol è connotato di un preciso valore comportamentale: consumato in funzione degli effetti che è in grado di esercitare sulle performance personali, per sentirsi più sicuri, più loquaci, per facilitare le relazioni interpersonali, per essere più facilmente accettati dal gruppo o, in alcuni casi, per conquistare un ruolo di (presunta) leadership tra i pari. Bere, inoltre, sembra offrire in molte situazioni percepite come difficili una scorciatoia agevole per rispondere ad un disagio interiore, per superare, o meglio, aggirare le proprie insicurezze personali e relazionali. Tutte convinzioni illusorie queste che, associate al desiderio di sfida e di trasgressione, allontanano dalla mente dei giovani i rischi e la pericolosità dell'alcol. Rischi che possono gradualmente indurre danni fisici (epatici, neurologici, cardiaci, sessuali ecc.); danni psichici (ansia, depressione, psicosi, disturbi di personalità ecc.); danni sociali (perdita di lavoro, divorzi, violenza sui minori, incidenti stradali, infortuni sul lavoro ecc.).

Quali fattori di protezione mettere in atto in favore della salute dei più giovani, dunque?. Innanzitutto è fondamentale mantenere aperti e attivi i canali di comunicazione, privilegiando l'ascolto non giudicante per consentire l'espressione di bisogni e contenuti emotivi. Prescrizioni e divieti, puntualmente trasgrediti dagli adolescenti, dovrebbero lasciare il posto ad uno stile educativo che promuova la loro capacità di autogestire comportamenti rischiosi per la salute.
Il ruolo chiave degli adulti, oltre che nel dialogo, dovrebbe essere esercitato ricorrendo al "buon esempio"; offrirsi come modelli di riferimento positivi e coerenti, permettendo ai ragazzi di maturare in un ambiente familiare in cui la presenza dell'alcol, pur visibile, sia discreta e il suo consumo moderato. È dimostrato che lo stile di consumo del capofamiglia influenza quelli dei componenti il nucleo familiare e che nelle famiglie completamente astemie la frequenza di soggetti che adottano consumi alcolici inadeguati è molto bassa. Uno stile di vita familiare orientato al benessere incoraggia e consolida sane abitudini in tutti i suoi membri e ciò vale per l'alcol come per il fumo, per l'alimentazione come per l'attività fisica. Tutti comportamenti che rivestono un ruolo fondamentale nel promuovere o, al contrario, pregiudicare il mantenimento di un buon equilibrio psico-fisico.

Dott.ssa Rosa Tafuni
Psicologa
Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapia
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