NUTRI_MENTI
Il cibo e le donne
Un legame inscindibile
lunedì 16 aprile 2012
Il cibo ha una valenza del tutto particolare nel mondo femminile. Le donne ci pensano in continuazione e vivono un conflitto perenne: da una parte non chiederebbero altro che divorare senza rimpianti cibi golosi, dolci o salati che siano, dall'altra pensano che cedere ai peccati di gola faccia ingrassare e sono ossessionate da questo. La maggior parte di loro sceglie cibi a basso contenuto calorico, soprattutto quando consuma i pasti in compagnia, anziché i piatti che davvero preferisce per poi non riuscire a resistere agli attacchi di fame improvvisa e rimpinzarsi di cibo "spazzatura". Costantemente in bilico tra la soddisfazione di un desiderio alimentare e di appagamento legato al gusto e il desiderio/obbligo di magrezza derivato dalle richieste della società e dei mass-media, la donna si vota ad un sacrificio e ad un conflitto insanabile che può talvolta aprire la strada a condizioni di grave malessere psicologico e a disfunzioni del comportamento alimentare. Il fenomeno del mangiare compulsivo è infatti strettamente collegato ad un regime alimentare di dieta perenne, dove il desiderio di alimenti appaganti viene completamente annullato per lasciare spazio ad un modo di alimentarsi esclusivamente ragionato e ad un conteggio ossessivo delle calorie introdotte.
Il rapporto con il cibo diviene così conflittuale: l'abbuffarsi compulsivo o, al contrario, la privazione continua si intrecciano a dimensioni interiori che vanno al di là del rapporto con la bilancia o con la nostra immagine esteriore per toccare temi ben più profondi quali la dose di piacere e di benessere cui crediamo di aver diritto. Il pensiero delle donne oscilla perennemente tra desiderio e sensi di colpa, come dimostrato dalla storia plurisecolare della relazione fra le donne e il cibo, a partire dalle sante digiunatrici del Medioevo. In questo periodo storico, alla donna che dimostra di non esagerare con il cibo e di sapersi così negare al piacere, viene attribuita saggezza e capacità di autocontrollo e una condizione molto simile a quella che oggi definiamo anoressia nervosa prende la forma del digiuno ascetico, perseguito anche fino alla morte. Ne sono un esempio le vicende di sante come Santa Caterina da Siena.
In questo complesso intreccio non possiamo non considerare il richiamo all'idea della tentazione nella religione cristiana: donna è infatti Eva che porge la mela proibita ad Adamo diventando il paradigma del peccato e della condanna alla sofferenza terrena. Per un retaggio storico e morale i corpi delle donne restano esenti e distanti dalle tentazioni della carne, anestetizzati verso il piacere. In questo senso il cibo addestrando al piacere fisico è stato spesso considerato come la prima occasione di cedimento ai sensi e alla lussuria e per questo condannato. Nell'immaginario collettivo la donna è colei che offre cibo/piacere, non colei che ne gode. Donna è la prima nutrice, dal grembo al seno, al primo cucchiaino, colei che provvede alle cure e al sostentamento del proprio figlio. Donna è la cuoca di casa, dei pranzi domenicali, del pasto caldo della sera che mette tutti intorno al tavolo. Difficile per le donne uscire da questo luogo comune per concedersi il piacere del cibo finalmente libero da ogni senso di colpa.
È stato dimostrato che mangiare i propri cibi preferiti può stimolare il rilascio di beta-endorfine che, come è noto, esaltano l'umore. E' importante dunque non privarsene imparando piuttosto a gestirne i livelli di assunzione per massimizzare il piacere che procurano senza dover eccedere nel consumo per esserne appagati.
Dott.ssa Rosa Tafuni
Psicologa,
Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapia.
Il rapporto con il cibo diviene così conflittuale: l'abbuffarsi compulsivo o, al contrario, la privazione continua si intrecciano a dimensioni interiori che vanno al di là del rapporto con la bilancia o con la nostra immagine esteriore per toccare temi ben più profondi quali la dose di piacere e di benessere cui crediamo di aver diritto. Il pensiero delle donne oscilla perennemente tra desiderio e sensi di colpa, come dimostrato dalla storia plurisecolare della relazione fra le donne e il cibo, a partire dalle sante digiunatrici del Medioevo. In questo periodo storico, alla donna che dimostra di non esagerare con il cibo e di sapersi così negare al piacere, viene attribuita saggezza e capacità di autocontrollo e una condizione molto simile a quella che oggi definiamo anoressia nervosa prende la forma del digiuno ascetico, perseguito anche fino alla morte. Ne sono un esempio le vicende di sante come Santa Caterina da Siena.
In questo complesso intreccio non possiamo non considerare il richiamo all'idea della tentazione nella religione cristiana: donna è infatti Eva che porge la mela proibita ad Adamo diventando il paradigma del peccato e della condanna alla sofferenza terrena. Per un retaggio storico e morale i corpi delle donne restano esenti e distanti dalle tentazioni della carne, anestetizzati verso il piacere. In questo senso il cibo addestrando al piacere fisico è stato spesso considerato come la prima occasione di cedimento ai sensi e alla lussuria e per questo condannato. Nell'immaginario collettivo la donna è colei che offre cibo/piacere, non colei che ne gode. Donna è la prima nutrice, dal grembo al seno, al primo cucchiaino, colei che provvede alle cure e al sostentamento del proprio figlio. Donna è la cuoca di casa, dei pranzi domenicali, del pasto caldo della sera che mette tutti intorno al tavolo. Difficile per le donne uscire da questo luogo comune per concedersi il piacere del cibo finalmente libero da ogni senso di colpa.
È stato dimostrato che mangiare i propri cibi preferiti può stimolare il rilascio di beta-endorfine che, come è noto, esaltano l'umore. E' importante dunque non privarsene imparando piuttosto a gestirne i livelli di assunzione per massimizzare il piacere che procurano senza dover eccedere nel consumo per esserne appagati.
Dott.ssa Rosa Tafuni
Psicologa,
Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapia.