NUTRI_MENTI

Cibo ed Emozioni

Quante volte ci siamo seduti a tavola spinti da un reale senso di fame?

Quante volte ci siamo seduti a tavola spinti da un reale senso di fame? Quante volte invece lo abbiamo fatto solamente perché attratti da un profumo gradevole o da un piatto invitante? E ancora, a chi di noi non è mai capitato di gradire un cibo che rievoca in qualche modo un momento particolarmente piacevole e di rifiutarne uno che è invece associato ad un ricordo non troppo felice? Anche Proust in un episodio di "Alla ricerca del tempo perduto" fa riferimento ad uno stretto rapporto fra cibo ed emozioni: il protagonista gustando del the, prova una gioia immensa ed indescrivibile, il sapore ed il gusto sono capaci di fargli rivivere i piacevoli tempi passati. E così da una semplice tazza di the fuoriescono luoghi, persone, colori ed emozioni. Oppure come Nanni Moretti che in "Bianca" affoga le proprie preoccupazioni in un gigantesco barattolo di cioccolata.

Divorare qualcosa sembra l'unica reazione ad una frustrazione. Tanti sono gli esempi che potremmo fare per indicare come un cibo evochi un'emozione o al contrario un'emozione provochi la ricerca di un cibo come rimedio o contenitore a questa. Tutto questo aiuta a capire come l'assunzione di cibo rivesta un significato piuttosto complesso che va ben oltre il meccanismo puramente fisiologioco fame-sazietà. Quando le emozioni influenzano a tal punto il comportamento alimentare da risultare quasi impossibile "controllare" il proprio regime dietetico, a livello di quantità e di qualità dei cibi, si parla di "fame emotiva", condizione che può aprire la strada a veri e propri disturbi alimentari.

Le emozioni fanno parte delle esperienze umane e, di per se stesse, non hanno alcunché di anormale. Risulta tuttavia fondamentale saperle riconoscere e imparare a gestirle. La prima cosa da fare, consiste nel chiedersi che cosa vi sia alla base dei propri episodi di fame emotiva. Che cosa si desidera rifuggire? A cosa non si vuole pensare? Si tratta di un senso di 'vuoto' che si tenta di colmare con il cibo? In secondo luogo, si dovrebbe cercare di riscoprire il valore di se stessi e i propri aspetti positivi. Si dovrebbe imparare a concedersi delle gratificazioni, quando necessario, e a non mortificarsi in continuazione, se non si rispecchia il proprio ideale di persona. Si dovrebbe, infine, cercare di conoscere maggiormente se stessi, individuando i propri punti di debolezza e di forza, facendo leva su questi ultimi, per cercare di valorizzarsi, crescere interiormente, coltivare nuovi interessi e instaurare nuove relazioni sociali, in modo da distrarre il proprio pensiero dal cibo.

Dott.ssa Rosa Tafuni
Psicologa, specialista in Psicologia clinica e Psicoterapia

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