Natura Murgiana
Piccoli draghi nei nostri centri storici
I gechi, animaletti utili all'uomo
giovedì 30 settembre 2010
Questa "piccola lucertola" dalle curiose sembianze di piccolo drago vive affianco all'uomo da secoli, e continua ad essere inconsapevole vittima di maldicenze e strampalate leggende, che la rendono uno dei bersagli preferiti delle nostre battute di caccia crepuscolari. Durante la stagione favorevole, basta una passeggiata serale nel centro storico, ed un occhio attento a scrutare verso l'alto i vecchi muri in vicinanza dei lampioni, per sorprendere il "draghetto mimetico" appostato in attesa di banchettare con una delle sue "portate" preferite, la zanzara.
Volendo inquadrare il suddetto animaletto nel regno animale, si tratta di un sauro di dimensioni medio-piccole il cui nome scientifico è Tarentola mauritanica, appartiene alla famiglia dei "gechi" ed è ampiamente diffuso in tutte le regioni mediterranee. È un rettile "sinantropico", ovvero adattato a vivere accanto all'uomo: nelle crepe dei muri, tra le tegole dei tetti, nei cassoni delle tapparelle, nelle cataste di legna, nei vasi ed ovunque trovi un piccolo spazio abitabile. Ha abitudini crepuscolari e notturne e si nutre esclusivamente di insetti, che attende, immobile, vicino alle fonti di luce artificiali, per poi agguantarli con la sua lingua vischiosa.
Una particolarità del geco è la sua incredibile capacità di arrampicarsi e camminare su qualsiasi superficie, orizzontale, verticale ed inclinata. Le sue zampette, infatti, hanno dita espanse dotate di un numero elevatissimo di setole, ognuna delle quali si divide in minuscole diramazioni tenacemente aderenti ai substrati. Questo sistema è così efficace che ancora oggi gli scienziati cercano di imitarlo artificialmente e pare abbia ispirato il velcro, noto tessuto adesivo costituito da tanti piccoli uncini.
È preda di civette, barbagianni, gatti e mustelidi (faine, donnole, ecc…), cui cerca di sfuggire praticando l'autotomia della coda: amputa volontariamente la parte terminale della stessa per distrarre il proprio aggressore o liberarsi dalla stretta. La coda successivamente ricresce, ma, diversamente dal resto del corpo, presenta un colore uniforme grigiastro e, pertanto, è ben riconoscibile. Purtroppo, assieme a tutti i rettili, nella nostra cultura permeata di credenze "religiose", il geco è da sempre perseguitato, perché ritenuto incarnazione del male o, per essere meno categorici, perché velenoso: si dice che potrebbe causare ustioni o addirittura gelare il sangue di chi, malauguratamente, venisse a contatto con esso. Volendo porre fine alla sua immeritata cattiva reputazione si può dire che, oltre ad essere del tutto innocuo, il geco si rivela utile all'uomo, nutrendosi di insetti, anche molesti, come zanzare e tarme.
Volendo inquadrare il suddetto animaletto nel regno animale, si tratta di un sauro di dimensioni medio-piccole il cui nome scientifico è Tarentola mauritanica, appartiene alla famiglia dei "gechi" ed è ampiamente diffuso in tutte le regioni mediterranee. È un rettile "sinantropico", ovvero adattato a vivere accanto all'uomo: nelle crepe dei muri, tra le tegole dei tetti, nei cassoni delle tapparelle, nelle cataste di legna, nei vasi ed ovunque trovi un piccolo spazio abitabile. Ha abitudini crepuscolari e notturne e si nutre esclusivamente di insetti, che attende, immobile, vicino alle fonti di luce artificiali, per poi agguantarli con la sua lingua vischiosa.
Una particolarità del geco è la sua incredibile capacità di arrampicarsi e camminare su qualsiasi superficie, orizzontale, verticale ed inclinata. Le sue zampette, infatti, hanno dita espanse dotate di un numero elevatissimo di setole, ognuna delle quali si divide in minuscole diramazioni tenacemente aderenti ai substrati. Questo sistema è così efficace che ancora oggi gli scienziati cercano di imitarlo artificialmente e pare abbia ispirato il velcro, noto tessuto adesivo costituito da tanti piccoli uncini.
È preda di civette, barbagianni, gatti e mustelidi (faine, donnole, ecc…), cui cerca di sfuggire praticando l'autotomia della coda: amputa volontariamente la parte terminale della stessa per distrarre il proprio aggressore o liberarsi dalla stretta. La coda successivamente ricresce, ma, diversamente dal resto del corpo, presenta un colore uniforme grigiastro e, pertanto, è ben riconoscibile. Purtroppo, assieme a tutti i rettili, nella nostra cultura permeata di credenze "religiose", il geco è da sempre perseguitato, perché ritenuto incarnazione del male o, per essere meno categorici, perché velenoso: si dice che potrebbe causare ustioni o addirittura gelare il sangue di chi, malauguratamente, venisse a contatto con esso. Volendo porre fine alla sua immeritata cattiva reputazione si può dire che, oltre ad essere del tutto innocuo, il geco si rivela utile all'uomo, nutrendosi di insetti, anche molesti, come zanzare e tarme.