Natura Murgiana
Lupo, attento all'uomo!
Il predatore più temuto è, in realtà, in continua lotta per la propria sopravvivenza
mercoledì 1 dicembre 2010
E' diventato argomento di grande attualità il ritorno del lupo nella nostra Murgia ed in molte altre zone dell'Italia meridionale, testimoniato da fotografie, avvistamenti, ritrovamenti di carcasse a bordo strada, denunce da parte d'allevatori che lamentano aggressioni alle proprie greggi.
Considerato da sempre il nemico numero uno dei pastori, malvisto dai cacciatori perché loro competitore, oggetto di favole e dicerie che ne hanno fatto uno dei maggiori spauracchi dei bambini di tutti i tempi, il lupo è stato aspramente perseguitato fino agli anni '70, quando la sua popolazione era ridotta a meno di 100 esemplari in tutta Italia. I primi ad impegnarsi a favore del lupo e, ad evitarne, a conti fatti, la totale scomparsa dall'Italia, furono gli esponenti del "Gruppo Lupo Italia", coordinati da Franco Tassi; in collaborazione con il Parco Nazionale d'Abruzzo, loro avviarono nel 1970 la prima ricerca scientifica sulla biologia del lupo, affiancata da una massiccia campagna di sensibilizzazione delle popolazioni locali. Pochi anni dopo, nel 1976, il lupo divenne protetto per legge e furono proibite le esche avvelenate. Così, dagli anni settanta in poi, le popolazioni di lupo appenninico hanno visto una lenta e graduale ripresa, tanto che al momento, in tutta Italia, si contano 400-500 unità.
Oltre alle politiche di protezione e conservazione, la ripresa demografica è stata favorita dal crescente spopolamento degli ambienti montani e dall'aumento di prede naturali quali cinghiali e altri ungulati selvatici. Ciò non significa che il lupo sia ormai al riparo da qualsiasi rischio di estinzione; deve, infatti, ancora quotidianamente lottare contro i suoi nemici ovvero la frammentazione degli habitat, il bracconaggio e diversi fattori quali l'esiguità numerica delle singole popolazioni. In alcune zone d'Italia, a forte vocazione pastorale, permane un atteggiamento ostile verso questo splendido animale e la triste abitudine di utilizzare esche avvelenate. Per questi motivi, è soprattutto il bracconaggio a tenere molto basso il numero degli individui, anche nelle aree protette, nonostante gli enti parco risarciscano interamente i danni causati dal lupo agli allevatori, seppure talvolta con un pizzico di "burocratica" lentezza.
Altra minaccia per la conservazione del lupo è il randagismo canino, sia per il pericolo, seppure limitato, di incrocio tra le due specie e conseguente perdita di identità genetica, sia per le malattie che proliferano tra i cani randagi e che potrebbero arrivare a decimare le già esigue popolazioni di lupo; tra l'altro, i cani randagi sono molto più confidenti nei confronti dell'uomo e si avvicinano parecchio alle zone abitate, arrivando persino ad assaltare il bestiame, attacchi erroneamente spesso attribuiti al lupo.
Tornando alla nostra Murgia, si può tranquillamente affermare che il lupo ha sempre fatto parte degli ecosistemi murgiani, come le pecore, e ciò è testimoniato dalle pietre "paralupi" lungo le recinzioni degli jazzi. E' presumibile che seguisse, circospetto, le mandrie durante la transumanza, costringendo i pastori a costruire, laddove non ci fosse altro riparo per la notte, delle alte siepi fatte interamente da piante spinose quali perastri, rovi e cardi di diverso genere. Si può pensare che se ne sia allontanato giusto nel secolo scorso, costretto a ritirarsi in poche ed impenetrabili aree appenniniche, mentre il suo ritorno è da attribuire certamente alla presenza di prede numerose ed appetibili, come i cinghiali; in questa ottica il lupo va accolto benevolmente, come possibilità a costo zero di limitare la densità di questi grossi ed a volte "ingombranti" suidi.
Un accenno alla biologia del lupo: si tratta di un eccezionale predatore, estremamente discreto ed elusivo, ormai abituato a convivere con alte densità umane e con le "intromissioni" dell'uomo nel proprio ambiente naturale. Per questo, la sua attività di caccia si concentra nelle ore notturne e, di giorno, si rifugia nelle aree più impervie ed indisturbate. Quello di evitare l'uomo, incontro che molte volte gli è fatale, è un imperativo per il lupo, perciò, alle nostre popolose latitudini esso preferisce muoversi in solitudine o all'interno del proprio nucleo familiare. Può percorrere diversi chilometri in un giorno, specialmente gli individui giovani e richiede un territorio di dimensione intorno ai 200 kmq; la sua capacità di spostamento è sufficiente a spiegarne sporadici avvistamenti un po' ovunque, ma ciò non significa che, ovunque è avvistato abbia messo radici.
Per terminare, l'esortazione è quella di smettere, una buona volta, di raccontare ai bambini del "lupo cattivo" e di spiegar loro, invece, come questo animale è dovuto sfuggire, per secoli, alle nostre persecuzioni. Potremmo augurare al lupo un grosso "In bocca all'uomo", ben sapendo che sarebbe legittimato a vendicarsi, rispondendo "Crepi!" .
Nelle foto:
1) pietre "paralupi" lungo le recinzioni di uno jazzo
2-3) probabili esche avvelenate
4-5) tracce organiche e orme di lupo
Si ringrazia Adriano Castelmezzano per le foto nn. 4-5 scattate in Basilicata.
Considerato da sempre il nemico numero uno dei pastori, malvisto dai cacciatori perché loro competitore, oggetto di favole e dicerie che ne hanno fatto uno dei maggiori spauracchi dei bambini di tutti i tempi, il lupo è stato aspramente perseguitato fino agli anni '70, quando la sua popolazione era ridotta a meno di 100 esemplari in tutta Italia. I primi ad impegnarsi a favore del lupo e, ad evitarne, a conti fatti, la totale scomparsa dall'Italia, furono gli esponenti del "Gruppo Lupo Italia", coordinati da Franco Tassi; in collaborazione con il Parco Nazionale d'Abruzzo, loro avviarono nel 1970 la prima ricerca scientifica sulla biologia del lupo, affiancata da una massiccia campagna di sensibilizzazione delle popolazioni locali. Pochi anni dopo, nel 1976, il lupo divenne protetto per legge e furono proibite le esche avvelenate. Così, dagli anni settanta in poi, le popolazioni di lupo appenninico hanno visto una lenta e graduale ripresa, tanto che al momento, in tutta Italia, si contano 400-500 unità.
Oltre alle politiche di protezione e conservazione, la ripresa demografica è stata favorita dal crescente spopolamento degli ambienti montani e dall'aumento di prede naturali quali cinghiali e altri ungulati selvatici. Ciò non significa che il lupo sia ormai al riparo da qualsiasi rischio di estinzione; deve, infatti, ancora quotidianamente lottare contro i suoi nemici ovvero la frammentazione degli habitat, il bracconaggio e diversi fattori quali l'esiguità numerica delle singole popolazioni. In alcune zone d'Italia, a forte vocazione pastorale, permane un atteggiamento ostile verso questo splendido animale e la triste abitudine di utilizzare esche avvelenate. Per questi motivi, è soprattutto il bracconaggio a tenere molto basso il numero degli individui, anche nelle aree protette, nonostante gli enti parco risarciscano interamente i danni causati dal lupo agli allevatori, seppure talvolta con un pizzico di "burocratica" lentezza.
Altra minaccia per la conservazione del lupo è il randagismo canino, sia per il pericolo, seppure limitato, di incrocio tra le due specie e conseguente perdita di identità genetica, sia per le malattie che proliferano tra i cani randagi e che potrebbero arrivare a decimare le già esigue popolazioni di lupo; tra l'altro, i cani randagi sono molto più confidenti nei confronti dell'uomo e si avvicinano parecchio alle zone abitate, arrivando persino ad assaltare il bestiame, attacchi erroneamente spesso attribuiti al lupo.
Tornando alla nostra Murgia, si può tranquillamente affermare che il lupo ha sempre fatto parte degli ecosistemi murgiani, come le pecore, e ciò è testimoniato dalle pietre "paralupi" lungo le recinzioni degli jazzi. E' presumibile che seguisse, circospetto, le mandrie durante la transumanza, costringendo i pastori a costruire, laddove non ci fosse altro riparo per la notte, delle alte siepi fatte interamente da piante spinose quali perastri, rovi e cardi di diverso genere. Si può pensare che se ne sia allontanato giusto nel secolo scorso, costretto a ritirarsi in poche ed impenetrabili aree appenniniche, mentre il suo ritorno è da attribuire certamente alla presenza di prede numerose ed appetibili, come i cinghiali; in questa ottica il lupo va accolto benevolmente, come possibilità a costo zero di limitare la densità di questi grossi ed a volte "ingombranti" suidi.
Un accenno alla biologia del lupo: si tratta di un eccezionale predatore, estremamente discreto ed elusivo, ormai abituato a convivere con alte densità umane e con le "intromissioni" dell'uomo nel proprio ambiente naturale. Per questo, la sua attività di caccia si concentra nelle ore notturne e, di giorno, si rifugia nelle aree più impervie ed indisturbate. Quello di evitare l'uomo, incontro che molte volte gli è fatale, è un imperativo per il lupo, perciò, alle nostre popolose latitudini esso preferisce muoversi in solitudine o all'interno del proprio nucleo familiare. Può percorrere diversi chilometri in un giorno, specialmente gli individui giovani e richiede un territorio di dimensione intorno ai 200 kmq; la sua capacità di spostamento è sufficiente a spiegarne sporadici avvistamenti un po' ovunque, ma ciò non significa che, ovunque è avvistato abbia messo radici.
Per terminare, l'esortazione è quella di smettere, una buona volta, di raccontare ai bambini del "lupo cattivo" e di spiegar loro, invece, come questo animale è dovuto sfuggire, per secoli, alle nostre persecuzioni. Potremmo augurare al lupo un grosso "In bocca all'uomo", ben sapendo che sarebbe legittimato a vendicarsi, rispondendo "Crepi!" .
Nelle foto:
1) pietre "paralupi" lungo le recinzioni di uno jazzo
2-3) probabili esche avvelenate
4-5) tracce organiche e orme di lupo
Si ringrazia Adriano Castelmezzano per le foto nn. 4-5 scattate in Basilicata.