Natura Murgiana

La roverella, regina dei querceti murgiani

Perfettamente adattata ai climi murgiani, un tempo formava boschi ben più estesi

La quercia per "eccellenza" del territorio murgiano è la "roverella", nome volgare della specie botanica Quercus pubescens Willd, appartenente alla famiglia delle Fagaceae, cugina del faggio e del castagno e sorellastra di altre specie quercine, quali il leccio (Quercus Ilex L.), la sughera (Quercus suber L.), la rovere (Q. robur L.).

E' diffusa in tutta l'Europa meridionale nelle zone collinari ed il nome volgare significa "piccola rovere", in riferimento alla rovere, che raggiunge altezze certamente maggiori ed è apprezzata per il suo legname resistente e facilmente curvabile.

L'aggettivo latino "pubescens" significa pubescente e si riferisce alla pelosità che si apprezza, anche al semplice tatto, sulla pagina inferiore delle foglie e sulle gemme, che appaiono quasi vellutate. Questi micro-peletti sono utili alla pianta per limitare l'evaporazione, quindi l'eccessiva perdita di acqua e rappresentano un adattamento ai climi aridi. La roverella, infatti, è adattata perfettamente alle secche e roventi estati murgiane, ma anche ai freddi prolungati fino a primavera, dato che le foglie spesso permangono sui rami a protezione delle gemme. Si dice che la roverella ha fogliame semi-deciduo, una situazione intermedia tra le specie a foglia caduca, ad esempio il mandorlo e quelle sempreverdi, come l'ulivo.

Con una ricerca su documenti antichi, si scopre che almeno fino al medioevo ed anche oltre i boschi di roverella sulla Murgia dovevano avere ben altra estensione rispetto all'attuale, ricoprendo per buona parte l'altopiano; in tempi ancor più lontani le sole zone sommitali in corrispondenza del costone murgiano dovevano essere libere dai boschi. Il manto verde è stato lentamente depauperato nei secoli man mano che le nostre terre venivano destinate al pascolo ed alla coltivazione dei cereali, in risposta ad un crescente bisogno di grano per consumo interno e per l'esportazione.

Eppure i querceti hanno rappresentato una enorme fonte di ricchezza per i nostri avi, che oltre ad utilizzarne la legna da ardere o come materiale da costruzione, impiegavano le ghiande per nutrire gli animali; inoltre boschi murgiani erano appetiti come florido territorio di caccia dai signorotti locali ed il popolo, quando gli era consentito, ne traeva selvaggina per integrare la propria dieta.

In periodi di carestia, le ghiande potevano essere una fonte di cibo preziosa anche per l'uomo: servivano a preparare un pane con farina di ghiande macinate, che, nelle varietà locali di roverella, pare siano poco amare per via della bassa percentuale di tannini. In altre zone d'Italia l'amaro delle ghiande veniva sfruttato per ottenere una bevanda simile al caffé per il sapore amarognolo, ma più economica.

Oggi isolati esemplari secolari di roverella si rinvengono nei pressi delle masserie e degli jazzi, dove venivano appositamente risparmiati dai tagli, in virtù della capacità di portare refrigerio con la loro chioma durante l'estate a quanti vivevano e lavoravano in campagna. Grosse roverelle segnano, ancora oggi, i confini di proprietà e, all'interno dei boschi governati a ceduo, svolgono il ruolo prezioso di matricine, ovvero piante da seme atte a garantire la rinnovazione del bosco dopo i tagli.

Si può forse capire come, fino al secolo scorso, i nostri avi abbiano dovuto, per sopravvivere, sfruttare il più possibile i boschi, riducendoli a pochi ettari. Quello che è difficile comprendere, invece, è perché, ai tempi nostri, i pochi querceti sopravvissuti sulla Murgia, siano tra i bersagli privilegiati di piromani e scaricatori abusivi, anziché essere custoditi gelosamente per il valore enorme che hanno, dal punto di vista storico, naturalistico, ecologico.
3 fotoLa Roverella
RoverellaQuerciaRoverella
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