Natura Murgiana
La presenza del cinghiale sull'Alta Murgia
La questione si è imposta all’attenzione di tutti dopo l’assurdo omicidio di Don Cassol, ad opera di un bracconiere.
martedì 28 giugno 2011
Conosciuto da sempre per la sua carne gustosa e "selvatica", il cinghiale è entrato a far parte degli animali più presenti nei nostri ecosistemi; è un mammifero appartenente alla famiglia dei Suidi, cugino selvatico del maiale. Da quest'ultimo si differenzia, oltre che per le "familiarità" con l'uomo, per il colore scuro, il pelo folto e duro e l'aspetto ben più minaccioso: i maschi adulti, che possono pesare oltre i due quintali, hanno grossi canini inferiori sporgenti lateralmente dal muso.
Sono, come anticipato, prede molto ambite dai cacciatori, fatto che ha portato la specie vicina all'estinzione più d'una volta nel corso della propria storia. Ma l'uomo, che con una mano dà e con l'altra toglie, nei momenti di maggior declino delle popolazioni ha provveduto a rimpolpare le popolazioni residue col rilascio di nuovi individui, provenienti dall'est Europa o da allevamenti in cattività. Questi ripopolamenti, eseguiti a partire dagli anni "50, sono stati forse "affrettati", portando ad una probabile perdita di identità genetica del cinghiale autoctono peninsulare, che sembra fosse tendenzialmente più piccolo, timido e meno prolifico, al contrario delle razze centroeuropee massicce, estremamente adattabili e prolifiche. In sintesi, la ricolonizzazione ha avuto un particolare successo ed il cinghiale, in pochi decenni, ha colonizzato territori inospitali fino a quel momento ed invaso spazi non propri .
Decenni di gestione scriteriata della caccia e dei ripopolamenti hanno trasformato il cinghiale, da appetito trofeo di caccia per pochi, a problema per molti: nelle aree a forte vocazione agricola può causare notevoli danni alle coltivazioni, specialmente quelle di pregio, come la vite, il mais o gli ortaggi, muovendosi, di notte, alla continua ricerca di cibo. Una elevata densità di cinghiali va, spesso, di pari passo con l'aumento delle richieste di indennizzo da parte degli agricoltori agli enti pubblici, degli esborsi per ricerche e per testare nuovi metodi di "controllo" delle popolazioni; mentre nelle aree protette a tutto ciò si assomma l'impatto negativo che questi animali possono avere sulle altre componenti dell'habitat.
I cinghiali hanno come habitat preferenziale i boschi di latifoglie, laddove trovano aree rifugio per riposare ed aree di alimentazione, nonché presenza di acqua per abbeverarsi; vivono in gruppi formati prevalentemente da femmine e piccoli di differenti età, mentre i maschi adulti sono solitamente solitari, tranne nel periodo degli accoppiamenti; si nutrono di ghiande, tuberi, radici, funghi, invertebrati, micromamminferi, uova e nidiacei che trovano grazie al loro finissimo olfatto. L'opera di scavo e "rivoltamento" delle zolle, operata col muso-chiamato anche grugno- e le zanne, può essere talmente intensa da danneggiare le componenti vegetali ed animali che vivono a contatto col suolo; inoltre i cinghiali potrebbero sottrarre risorse importanti agli altri ungulati "nobili", come caprioli e cervi, o essere fonti di epidemie e malattie per il bestiame domestico con cui possono venire a contatto.
Nel meridione d'Italia il cinghiale, ha, di fatto, colonizzato tutti gli ambienti ad eccezione di quelli urbani e, sull'altopiano murgiano, abita stabilmente anche i rimboschimenti di conifere; ha imparato a muoversi, agile, fra oliveti, vigneti e campi abbandonati e sconfina, sovente, sulle strade provinciali aumentando il rischio di incidenti per gli automobilisti. Legata alla presenza dei cinghiali è, con tutta probabilità, sia la presenza del lupo sulla Murgia, che quella, ben più spiacevole, dei bracconieri, i quali contribuiscono a rendere ancor meno "sicure" le nostre zone.
Per tutti questi motivi, l'Ente Parco Alta Murgia ha avviato, già da qualche anno, azioni volte alla stima della densità della popolazione dei cinghiali nel Parco ed alla conoscenza della biologia della specie, in seguito alle quali verranno poi stabilite le eventuali e più idonee misure di gestione. Nel vicino Parco Regionale della Murgia Materana, dove il sovrappopolamento è ormai provato, sono già state avviati metodi di contenimento, consistenti in recinti di cattura, posizionati nelle aree di alimentazione e dotati di esche olfattive.
Per concludere, non si può credere, per varie ragioni sia etiche che pratiche, che la soluzione più immediata al "problema cinghiale" sia l'apertura della caccia all'interno delle aree protette, ma certamente, in attesa che le autorità preposte provvedano coi mezzi più consoni, si può trarne una lezione: l'uomo non può "manipolare" a proprio piacimento la Natura, agendo senza pensare alle conseguenze, perché la maggior parte delle volte, finisce col pagare un prezzo, piccolo o grande che sia.
Sono, come anticipato, prede molto ambite dai cacciatori, fatto che ha portato la specie vicina all'estinzione più d'una volta nel corso della propria storia. Ma l'uomo, che con una mano dà e con l'altra toglie, nei momenti di maggior declino delle popolazioni ha provveduto a rimpolpare le popolazioni residue col rilascio di nuovi individui, provenienti dall'est Europa o da allevamenti in cattività. Questi ripopolamenti, eseguiti a partire dagli anni "50, sono stati forse "affrettati", portando ad una probabile perdita di identità genetica del cinghiale autoctono peninsulare, che sembra fosse tendenzialmente più piccolo, timido e meno prolifico, al contrario delle razze centroeuropee massicce, estremamente adattabili e prolifiche. In sintesi, la ricolonizzazione ha avuto un particolare successo ed il cinghiale, in pochi decenni, ha colonizzato territori inospitali fino a quel momento ed invaso spazi non propri .
Decenni di gestione scriteriata della caccia e dei ripopolamenti hanno trasformato il cinghiale, da appetito trofeo di caccia per pochi, a problema per molti: nelle aree a forte vocazione agricola può causare notevoli danni alle coltivazioni, specialmente quelle di pregio, come la vite, il mais o gli ortaggi, muovendosi, di notte, alla continua ricerca di cibo. Una elevata densità di cinghiali va, spesso, di pari passo con l'aumento delle richieste di indennizzo da parte degli agricoltori agli enti pubblici, degli esborsi per ricerche e per testare nuovi metodi di "controllo" delle popolazioni; mentre nelle aree protette a tutto ciò si assomma l'impatto negativo che questi animali possono avere sulle altre componenti dell'habitat.
I cinghiali hanno come habitat preferenziale i boschi di latifoglie, laddove trovano aree rifugio per riposare ed aree di alimentazione, nonché presenza di acqua per abbeverarsi; vivono in gruppi formati prevalentemente da femmine e piccoli di differenti età, mentre i maschi adulti sono solitamente solitari, tranne nel periodo degli accoppiamenti; si nutrono di ghiande, tuberi, radici, funghi, invertebrati, micromamminferi, uova e nidiacei che trovano grazie al loro finissimo olfatto. L'opera di scavo e "rivoltamento" delle zolle, operata col muso-chiamato anche grugno- e le zanne, può essere talmente intensa da danneggiare le componenti vegetali ed animali che vivono a contatto col suolo; inoltre i cinghiali potrebbero sottrarre risorse importanti agli altri ungulati "nobili", come caprioli e cervi, o essere fonti di epidemie e malattie per il bestiame domestico con cui possono venire a contatto.
Nel meridione d'Italia il cinghiale, ha, di fatto, colonizzato tutti gli ambienti ad eccezione di quelli urbani e, sull'altopiano murgiano, abita stabilmente anche i rimboschimenti di conifere; ha imparato a muoversi, agile, fra oliveti, vigneti e campi abbandonati e sconfina, sovente, sulle strade provinciali aumentando il rischio di incidenti per gli automobilisti. Legata alla presenza dei cinghiali è, con tutta probabilità, sia la presenza del lupo sulla Murgia, che quella, ben più spiacevole, dei bracconieri, i quali contribuiscono a rendere ancor meno "sicure" le nostre zone.
Per tutti questi motivi, l'Ente Parco Alta Murgia ha avviato, già da qualche anno, azioni volte alla stima della densità della popolazione dei cinghiali nel Parco ed alla conoscenza della biologia della specie, in seguito alle quali verranno poi stabilite le eventuali e più idonee misure di gestione. Nel vicino Parco Regionale della Murgia Materana, dove il sovrappopolamento è ormai provato, sono già state avviati metodi di contenimento, consistenti in recinti di cattura, posizionati nelle aree di alimentazione e dotati di esche olfattive.
Per concludere, non si può credere, per varie ragioni sia etiche che pratiche, che la soluzione più immediata al "problema cinghiale" sia l'apertura della caccia all'interno delle aree protette, ma certamente, in attesa che le autorità preposte provvedano coi mezzi più consoni, si può trarne una lezione: l'uomo non può "manipolare" a proprio piacimento la Natura, agendo senza pensare alle conseguenze, perché la maggior parte delle volte, finisce col pagare un prezzo, piccolo o grande che sia.