Natura Murgiana
La "frantumazione della Murgia" e le sue conseguenze
Gli effetti negativi dello “spietramento” continuano ad interessare il nostro territorio
giovedì 3 febbraio 2011
I territori dell'altopiano murgiano, caratterizzati da roccia affiorante, sono inadatti alla coltivazione, a causa della loro pietrosità, che limita l'approfondimento degli apparati radicali delle coltivazioni ed impedisce l'accesso delle macchine agricole nei fondi.
Per questo motivo il lavoro agricolo si è storicamente concretizzato nel dissodare i canali e le lame - ricchi di sedimenti terrosi - mediante spietratura manuale o tramite i vomeri degli aratri e nell'utilizzare le pietre raccolte come materiale da costruzione.
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, la spietratura manuale è stata rimpiazzata da una tecniche meccanizzate sempre più efficaci, cui si è dato il nome di "spietramento".
Sull'Alta Murgia lo "spietramento" parte sul finire degli anni '80. Per favorire l'incremento della zootecnia, viene finanziata, a livello regionale, la trasformazione dei pascoli naturali in colture foraggiere (Legge Regionale N°54 del 31 agosto 1981). Terminati questi finanziamenti, "frantumare la Murgia" diventava utile per accedere ai contributi dell'Unione Europea, nell'ambito dell'integrazione dei redditi da cerealicoltura. Favorito da un vuoto normativo, lo spietramento è stato eseguito anche su terreni totalmente rocciosi o acclivi, laddove la sua utilità agronomica era prevedibilmente nulla.
A qualche anno di distanza la Procura di Trani ha avviato un'inchiesta, che ha portato al rinvio a giudizio, ad ottobre 2008, di ben 35 persone, per aver effettuato operazioni di spietramento e dissodamento di terreni all'interno del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, del SIC e ZPS "Murgia Alta" (Direttiva Habitat 92/43/CEE) , contravvenendo alle normative di tutela, per ottenere illeciti contributi CEE per le attività agricole.
Lasciando da parte la vicenda giudiziaria, l'intento qui è soffermarsi sull'impatto ambientale causato da anni di spietramento: oltre ai gravi danni alla biodiversità, sono visibili da chiunque le massicce trasformazioni a carico del nostro paesaggio, che ha perso la sua secolare identità, fatta di muretti a secco, specchie, cisterne e arbustelli per trasformarsi in una monotona distesa di ciottoli spigolosi e ammassi di grossi blocchi calcarei, ai confini degli appezzamenti.
Celato agli occhi dei più, invece, è il rischio erosione cui i terreni spietati sono sottoposti: da studi pedologici risulta che le caratteristiche strutturali dei suoli "macinati" peggiorano, diminuisce la percentuale di sostanza organica ed aumentano le particelle fini inerti. Ciò significa che, durante piogge intense e con pendenze moderate, parte di questi suoli scivola lungo i versanti, andando ad accumularsi negli avvallamenti, spesso in corrispondenza di opere antropiche. La quantità di terra in movimento aumenta quando le arature sono effettuate a rittochino – ovvero coi solchi paralleli al pendio- e quando c'è vento, che solleva e disperde la terra. Anche il tipo di coltura influenza l'erosione: le colture cerealicole coprono il suolo per pochi mesi l'anno e ciò accentua la tendenza dei siti spietrati alla perdita di suolo, specialmente durante gli eventi metereologici più violenti.
Gli effetti dello spietramento si esplicano anche sulle forme carsiche del paesaggio. I segni del dissesto idrogeologico sono, ad esempio, evidenti all'interno della dolina più famosa di casa nostra, il Pulo di Altamura, sul cui fondo è comparso un deposito di fanghiglia che, occludendo i canali di deflusso delle acque nel sottosuolo, determina un consistente ristagno idrico durante la stagione piovosa.
Il danno ambientale non riguarda solo l'ecosistema pseudosteppa ed il paesaggio murgiano, ma si allarga anche alle zone litorali: è stato visto che, negli ultimi 10-15 anni, lì dove si riversano le lame murgiane, è aumentata la frequenza di insoliti eventi di piena ed allagamenti. Non si contano, infatti, negli ultimi anni, eventi alluvionali violenti che, nella nostra provincia e nel tarantino, hanno causato notevoli danni sia alle coltivazioni, che alle opere antropiche; è ancora vivo, ad esempio, il ricordo di quanto è successo nell'autunno 2003 nell'area di Palagiano.
Si ringrazia il CARS (Centro Altamurano Ricerche Speleologiche) per la concessione delle foto d'archivio.
Per questo motivo il lavoro agricolo si è storicamente concretizzato nel dissodare i canali e le lame - ricchi di sedimenti terrosi - mediante spietratura manuale o tramite i vomeri degli aratri e nell'utilizzare le pietre raccolte come materiale da costruzione.
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, la spietratura manuale è stata rimpiazzata da una tecniche meccanizzate sempre più efficaci, cui si è dato il nome di "spietramento".
Sull'Alta Murgia lo "spietramento" parte sul finire degli anni '80. Per favorire l'incremento della zootecnia, viene finanziata, a livello regionale, la trasformazione dei pascoli naturali in colture foraggiere (Legge Regionale N°54 del 31 agosto 1981). Terminati questi finanziamenti, "frantumare la Murgia" diventava utile per accedere ai contributi dell'Unione Europea, nell'ambito dell'integrazione dei redditi da cerealicoltura. Favorito da un vuoto normativo, lo spietramento è stato eseguito anche su terreni totalmente rocciosi o acclivi, laddove la sua utilità agronomica era prevedibilmente nulla.
A qualche anno di distanza la Procura di Trani ha avviato un'inchiesta, che ha portato al rinvio a giudizio, ad ottobre 2008, di ben 35 persone, per aver effettuato operazioni di spietramento e dissodamento di terreni all'interno del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, del SIC e ZPS "Murgia Alta" (Direttiva Habitat 92/43/CEE) , contravvenendo alle normative di tutela, per ottenere illeciti contributi CEE per le attività agricole.
Lasciando da parte la vicenda giudiziaria, l'intento qui è soffermarsi sull'impatto ambientale causato da anni di spietramento: oltre ai gravi danni alla biodiversità, sono visibili da chiunque le massicce trasformazioni a carico del nostro paesaggio, che ha perso la sua secolare identità, fatta di muretti a secco, specchie, cisterne e arbustelli per trasformarsi in una monotona distesa di ciottoli spigolosi e ammassi di grossi blocchi calcarei, ai confini degli appezzamenti.
Celato agli occhi dei più, invece, è il rischio erosione cui i terreni spietati sono sottoposti: da studi pedologici risulta che le caratteristiche strutturali dei suoli "macinati" peggiorano, diminuisce la percentuale di sostanza organica ed aumentano le particelle fini inerti. Ciò significa che, durante piogge intense e con pendenze moderate, parte di questi suoli scivola lungo i versanti, andando ad accumularsi negli avvallamenti, spesso in corrispondenza di opere antropiche. La quantità di terra in movimento aumenta quando le arature sono effettuate a rittochino – ovvero coi solchi paralleli al pendio- e quando c'è vento, che solleva e disperde la terra. Anche il tipo di coltura influenza l'erosione: le colture cerealicole coprono il suolo per pochi mesi l'anno e ciò accentua la tendenza dei siti spietrati alla perdita di suolo, specialmente durante gli eventi metereologici più violenti.
Gli effetti dello spietramento si esplicano anche sulle forme carsiche del paesaggio. I segni del dissesto idrogeologico sono, ad esempio, evidenti all'interno della dolina più famosa di casa nostra, il Pulo di Altamura, sul cui fondo è comparso un deposito di fanghiglia che, occludendo i canali di deflusso delle acque nel sottosuolo, determina un consistente ristagno idrico durante la stagione piovosa.
Il danno ambientale non riguarda solo l'ecosistema pseudosteppa ed il paesaggio murgiano, ma si allarga anche alle zone litorali: è stato visto che, negli ultimi 10-15 anni, lì dove si riversano le lame murgiane, è aumentata la frequenza di insoliti eventi di piena ed allagamenti. Non si contano, infatti, negli ultimi anni, eventi alluvionali violenti che, nella nostra provincia e nel tarantino, hanno causato notevoli danni sia alle coltivazioni, che alle opere antropiche; è ancora vivo, ad esempio, il ricordo di quanto è successo nell'autunno 2003 nell'area di Palagiano.
Si ringrazia il CARS (Centro Altamurano Ricerche Speleologiche) per la concessione delle foto d'archivio.