Natura Murgiana
La bruciatura delle stoppie
Da vecchio rito a pratica desueta
venerdì 30 luglio 2010
Tra le varie pratiche agro-pastorali tipiche della regione mediterranea e della nostra Murgia un posto di rilievo, nel periodo estivo, occupa la bruciatura delle stoppie, ovvero dei residui colturali di cereali ed altre piante erbacee annuali. Fino a qualche decennio fa, questa consuetudine agricola era un vero e proprio rito, perpetuato da tutta la famiglia ed era la gioia dei bambini, che aspettavano il momento del fuoco con trepidazione. Si cominciava, di solito, al tramonto, il che rendeva l'operazione ancor più spettacolare: i contadini più esperti guidavano il fuoco da vicino facendo attenzione che non rimanessero residui incombusti, che non andasse ad invadere boschi, frutteti o proprietà altrui; restavano sul posto fino a che l'ultima fiammella non si era ormai estinta, per poi terminare in bellezza, a "tarallucci e vino", come di consueto.
Il fondamento della pratica, mettendo da parte il valore "aggregativo" di tale momento, risiedeva nella sua presunta utilità: sterilizzava e liberava i terreni da infestanti e parassiti dannosi per le colture, eliminava i residui delle colture dell'anno precedente rendendo più agevole la futura preparazione del terreno, generava uno straterello di cenere, un buon fertilizzante per il suolo. In realtà oggi, con il miglioramento delle conoscenze in campo agrario e delle relative tecniche agronomiche, sappiamo che tale pratica è da considerarsi ormai desueta, responsabile, anzi, di molti più "danni" che benefici.
Vediamo, in dettaglio, perché. L'azione di "sterilizzazione" diventa superflua, nel momento in cui si utilizzano altri metodi, più moderni, per limitare infestanti e parassiti (diserbanti, lotta biologica, varietà di cereali resistenti ai parassiti, etc.); la combustione libera una seppur piccola quantità di gas (anidride carbonica in prevalenza) che, riversandosi in atmosfera, contribuisce all'inquinamento; viene sottratta al suolo la componente "protettiva", le piante con le proprie radici, lasciandolo nudo ed esposto alle intemperie, cosicché il vento disperde gran parte della cenere e le forti piogge estive non trovano alcun freno alla loro azione erosiva. In sintesi, si espone il suolo al rischio "desertificazione" proporzionalmente alla sua pendenza ed alla ventosità del luogo, gli si sottrae una buona quota di sostanza organica, le stoppie, e lo si rende, così, inospitale a piante ed animali.
Per questi motivi ed anche per il considerevole rischio incendio cui il territorio è esposto durante tale attività, in molte regioni è proibito bruciare le stoppie e la pratica consigliata, finanche per arricchire il terreno di materia organica, è il loro interramento. Quanto al territorio di nostra competenza, ricompreso nel perimetro del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, è sottoposto alla delibera presidenziale n. 02/2009 dal titolo "Disposizioni urgenti per la bruciatura delle stoppie"; essa consente la bruciatura delle stoppie a partire dal 21 settembre, subordinandola a determinate condizioni: lungo il perimetro delle superfici interessate deve essere tracciata una fascia protettiva (precesa), il proprietario del campo deve comunicare preventivamente al Corpo Forestale o alla Polizia Municipale l'intenzione di bruciare le stoppie e controllare le operazioni di bruciatura fino allo spegnimento, dotandosi di opportuni mezzi per spegnere le fiamme in caso di necessità.
Il fondamento della pratica, mettendo da parte il valore "aggregativo" di tale momento, risiedeva nella sua presunta utilità: sterilizzava e liberava i terreni da infestanti e parassiti dannosi per le colture, eliminava i residui delle colture dell'anno precedente rendendo più agevole la futura preparazione del terreno, generava uno straterello di cenere, un buon fertilizzante per il suolo. In realtà oggi, con il miglioramento delle conoscenze in campo agrario e delle relative tecniche agronomiche, sappiamo che tale pratica è da considerarsi ormai desueta, responsabile, anzi, di molti più "danni" che benefici.
Vediamo, in dettaglio, perché. L'azione di "sterilizzazione" diventa superflua, nel momento in cui si utilizzano altri metodi, più moderni, per limitare infestanti e parassiti (diserbanti, lotta biologica, varietà di cereali resistenti ai parassiti, etc.); la combustione libera una seppur piccola quantità di gas (anidride carbonica in prevalenza) che, riversandosi in atmosfera, contribuisce all'inquinamento; viene sottratta al suolo la componente "protettiva", le piante con le proprie radici, lasciandolo nudo ed esposto alle intemperie, cosicché il vento disperde gran parte della cenere e le forti piogge estive non trovano alcun freno alla loro azione erosiva. In sintesi, si espone il suolo al rischio "desertificazione" proporzionalmente alla sua pendenza ed alla ventosità del luogo, gli si sottrae una buona quota di sostanza organica, le stoppie, e lo si rende, così, inospitale a piante ed animali.
Per questi motivi ed anche per il considerevole rischio incendio cui il territorio è esposto durante tale attività, in molte regioni è proibito bruciare le stoppie e la pratica consigliata, finanche per arricchire il terreno di materia organica, è il loro interramento. Quanto al territorio di nostra competenza, ricompreso nel perimetro del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, è sottoposto alla delibera presidenziale n. 02/2009 dal titolo "Disposizioni urgenti per la bruciatura delle stoppie"; essa consente la bruciatura delle stoppie a partire dal 21 settembre, subordinandola a determinate condizioni: lungo il perimetro delle superfici interessate deve essere tracciata una fascia protettiva (precesa), il proprietario del campo deve comunicare preventivamente al Corpo Forestale o alla Polizia Municipale l'intenzione di bruciare le stoppie e controllare le operazioni di bruciatura fino allo spegnimento, dotandosi di opportuni mezzi per spegnere le fiamme in caso di necessità.