Natura Murgiana
I tanti volti di specchie e parieti
Da raccolta di materiale indesiderato ad insospettabili fonti di vita
sabato 19 febbraio 2011
Sorvolando l'Alta Murgia, così come il paesaggio pugliese in genere, si resta colpiti dall'intreccio ininterrotto dei muretti a secco. Essi corrono da un angolo all'altro dell'altopiano, formano ricami talora geometrici, talora più sinuosi, cingono masserie e jazzi, delimitano tratturi, tratturelli e poderi, terrazzano i pendii più scoscesi, si dilatano a formare "specchie", cumuli di pietre medio-piccole, accatastate sui terreni.
I muretti a secco o "parieti" rispondono ad una miriade di esigenze, prima tra tutte quella di liberare il suolo dai sassi, che ostacolano il faticoso lavoro del contadino; le specchie, nate presumibilmente per la stessa necessità, secondo alcuni studiosi potrebbero aver svolto il ruolo anche di torrette di avvistamento, come il loro nome latino "specula" – posto di vedetta- suggerisce.
Certo è che queste opere sono state generate da materiali di scarto, trasformati in risorse da mani callose ed operose, appartenenti a uomini antichi ed esperti, più di noi, nell'arte del "riciclo".
Muretti a secco e specchie fungono pure da inconsueti piccoli collettori di risorse idriche. I processi coinvolti nell'accumulo di acqua nel terreno alla base e al di sotto del pietrame sono due: il primo è legato all'acqua piovana, che si intrude tra le fessure imbibendo gradualmente il suolo; esso, coperto dalle pietre e protetto da sole e vento, è poco soggetto ad evaporazione. Il secondo processo è la condensazione del vapore acqueo atmosferico, provocata dalla differenza termica esistente tra l'atmosfera riscaldata dal sole e l'ambiente interno, ovvero gli ombrosi anfratti tra le pietre. Durante il giorno l'aria carica di umidità si dilata riscaldandosi, penetra tra le fessure, si raffredda a contatto con le pietre e condensa in minuscole goccioline, che percolano tra i sassi fino a raggiungere il suolo.
A dimostrazione della presenza di questa risorsa idrica inaspettata c'è il notevole sviluppo della vegetazione naturale intorno a parieti e specchie: le piante sfruttano l'umidità, spingendosi con le proprie radici al di sotto di tali strutture.
La saggezza contadina ha fatto sì che questa riserva di acqua venisse utilizzata a vantaggio dell'uomo, addomesticando le piante selvatiche cresciute in prossimità delle specchie, oppure allevando alberi da frutto in prossimità di muretti e cumuli. Per lo stesso motivo, lambendo specchie e parieti si incontrano piante che, per le proprie esigenze ecologiche, vivono solitamente in luoghi freschi ed ombrosi; il caso più comune è quello degli arbusti di asparago, oppure del rovo e della robbia selvatica.
Il connubio pianta-muretto, a sua volta, crea dei microhabitat importantissimi per una infinità di piccoli animali, dalle lucertole ai rospi, dalle limacce agli insetti, tutti attori fondamentali delle catene alimentari.
Parieti, specchie e vegetazione associata costituiscono piccole, ma rilevanti oasi di biodiversità nell'ambito del paesaggio agrario: posti ad intervallare i campi coltivati, associati a filari di alberi spontanei o a strade interpoderali, costituiscono aree rifugio e corridoi ecologici vitali per animali e piante spontanee.
I muretti a secco o "parieti" rispondono ad una miriade di esigenze, prima tra tutte quella di liberare il suolo dai sassi, che ostacolano il faticoso lavoro del contadino; le specchie, nate presumibilmente per la stessa necessità, secondo alcuni studiosi potrebbero aver svolto il ruolo anche di torrette di avvistamento, come il loro nome latino "specula" – posto di vedetta- suggerisce.
Certo è che queste opere sono state generate da materiali di scarto, trasformati in risorse da mani callose ed operose, appartenenti a uomini antichi ed esperti, più di noi, nell'arte del "riciclo".
Muretti a secco e specchie fungono pure da inconsueti piccoli collettori di risorse idriche. I processi coinvolti nell'accumulo di acqua nel terreno alla base e al di sotto del pietrame sono due: il primo è legato all'acqua piovana, che si intrude tra le fessure imbibendo gradualmente il suolo; esso, coperto dalle pietre e protetto da sole e vento, è poco soggetto ad evaporazione. Il secondo processo è la condensazione del vapore acqueo atmosferico, provocata dalla differenza termica esistente tra l'atmosfera riscaldata dal sole e l'ambiente interno, ovvero gli ombrosi anfratti tra le pietre. Durante il giorno l'aria carica di umidità si dilata riscaldandosi, penetra tra le fessure, si raffredda a contatto con le pietre e condensa in minuscole goccioline, che percolano tra i sassi fino a raggiungere il suolo.
A dimostrazione della presenza di questa risorsa idrica inaspettata c'è il notevole sviluppo della vegetazione naturale intorno a parieti e specchie: le piante sfruttano l'umidità, spingendosi con le proprie radici al di sotto di tali strutture.
La saggezza contadina ha fatto sì che questa riserva di acqua venisse utilizzata a vantaggio dell'uomo, addomesticando le piante selvatiche cresciute in prossimità delle specchie, oppure allevando alberi da frutto in prossimità di muretti e cumuli. Per lo stesso motivo, lambendo specchie e parieti si incontrano piante che, per le proprie esigenze ecologiche, vivono solitamente in luoghi freschi ed ombrosi; il caso più comune è quello degli arbusti di asparago, oppure del rovo e della robbia selvatica.
Il connubio pianta-muretto, a sua volta, crea dei microhabitat importantissimi per una infinità di piccoli animali, dalle lucertole ai rospi, dalle limacce agli insetti, tutti attori fondamentali delle catene alimentari.
Parieti, specchie e vegetazione associata costituiscono piccole, ma rilevanti oasi di biodiversità nell'ambito del paesaggio agrario: posti ad intervallare i campi coltivati, associati a filari di alberi spontanei o a strade interpoderali, costituiscono aree rifugio e corridoi ecologici vitali per animali e piante spontanee.