Libri
Mio nonno racconta
Intervista a Rosa Giacomobello, autrice del libro che narra la vita dei braccianti agricoli meridionali
giovedì 11 agosto 2011
«Non ci si allontana mai volentieri dal luogo natio e dagli affetti familiari». É la testimonianza di un legame forte con la propria terra. Rosa Giacomobello, nata ad Altamura, ma residente a Milano, ha racchiuso in un libro le esperienze vissute e raccontate da suo padre. In "Mio nonno racconta" un contadino del Sud Italia risponde alle domande che i suoi sette figli e i nipoti gli pongono. Fra quelle pagine scorre la vita dei braccianti agricoli meridionali nella prima metà del Novecento. Abbiamo intervistato l'autrice.
Lei è nata ad Altamura, ma vive a Milano. Mi racconta brevemente la sua vita?
Sì, sono nata ad Altamura e mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bari. Ho insegnato in un magistrale privato di Gravina guadagnando solo i biglietti del treno Altamura-Gravina. Ho svolto alcune supplenze a Tricarico e a Marconia e mi sono trasferita a Savona, dove ho avuto i primi incarichi annuali. Quando mi sono sposata, ho seguito mio marito a Milano, dove abbiamo stabilito la nostra residenza e dove ho svolto la carriera di insegnante e di dirigente scolastico. Ho due splendidi figli.
Ha provato qualche volta nostalgia per la sua città natale?
Non ci si allontana mai volentieri dal luogo natio e dagli affetti familiari. Ritorno tutti gli anni ad Altamura, dove vivono i miei parenti. Ho sempre sperato in una riscossa civile e morale dei miei concittadini e ora confido molto nei giovani.
Questo libro rappresenta un suo sogno nel cassetto... lei descrive le esperienze vissute e raccontate da suo padre. Di che cosa si tratta?
Quando vivevamo ancora tutti nella casa dei genitori - prima che ognuno di noi seguisse la sua strada, ma anche dopo - a pranzo o a cena facevano accese discussioni pro o contro i sentimenti politici di mio padre e ognuno di noi esprimeva i propri pensieri e chiedeva informazioni per soddisfare le proprie curiosità. Io ho mentalmente custodito le nostre domande e le risposte di mio padre e ho sempre pensato di riportarle prima o poi in forma scritta. Il pensionamento e l'indipendenza raggiunta dai miei figli finalmente mi hanno consentito di realizzare questo progetto. E' la descrizione della dura e amara vita dei contadini del Sud nella prima metà del Novecento.
Perché il titolo "Mio nonno racconta"?
Mio padre ha raccontato le esperienze di suo padre (mio nonno) e le sue ai figli e ai nipoti che simbolicamente rappresentano la odierna generazione. Sono racconti che dovrebbero indurre i giovani (i nipoti) a riflettere sul presente e ad evitare gli errori del passato. Insomma, questo nonno dovrebbe essere, nelle mie intenzioni, il nonno di tutti.
Questo libro può rappresentare quel legame con Altamura che non si è mai interrotto?
Certamente. Altamura è nel mio cuore e mi rammaricano le notizie negative, mentre gioisco e mi sento orgogliosa quando ascolto notizie positive. La mia professione mi ha portato ad essere in contatto con diversi meridionali costretti a venire a Milano per lavoro e fortunatamente ho sempre conosciuto persone che hanno contribuito con passione e professionalità alla crescita morale e civile dei giovani settentrionali.
Che cosa ha portato sempre con sé di Altamura nei suoi frequenti spostamenti?
Amarezza e rabbia per il comportamento individualistico, corrotto e/o rassegnato di molti altamurani, ma anche il profumo e la genuità dei prodotti alimentari. E, ovviamente, il pensiero dei miei genitori e dei miei fratelli. Ho, invece, sempre detestato e ancora detesto la superiorità di coloro che si considerano ricchi e gentiluomini ma sono solo maleducati e ignoranti. Odio coloro che vogliono apparire superiori a tutti i costi e, purtroppo, l'apparenza sembra essere un must ad Altamura.
Il libro ha una struttura particolare... parla di un nonno che risponde a delle domande...
Il libro è strutturato esattamente come avvenivano le discussioni a carattere sociale e politico in famiglia. Mio padre esprimeva le sue posizioni socio-politiche e noi esprimevamo i nostri dissensi o le nostre approvazioni. Io mi sono limitata a dare un ordine cronologico agli eventi oggetto di discussioni o di riflessioni.
Trasformare i ricordi in parole scritte può rappresentare, per lei, una sorta di esigenza?
Sicuramente. La necessità di far conoscere le sofferenze di mio padre, e non solo di mio padre, al ricordo delle quali ancora oggi si emoziona e ci fa emozionare. Il presente è migliore, ma non ci sono ancora le condizioni per considerarci indenni da pericoli di disuguaglianze e di ingiustizie, soprattutto nei confronti dei socialmente deboli.
Lei è nata ad Altamura, ma vive a Milano. Mi racconta brevemente la sua vita?
Sì, sono nata ad Altamura e mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bari. Ho insegnato in un magistrale privato di Gravina guadagnando solo i biglietti del treno Altamura-Gravina. Ho svolto alcune supplenze a Tricarico e a Marconia e mi sono trasferita a Savona, dove ho avuto i primi incarichi annuali. Quando mi sono sposata, ho seguito mio marito a Milano, dove abbiamo stabilito la nostra residenza e dove ho svolto la carriera di insegnante e di dirigente scolastico. Ho due splendidi figli.
Ha provato qualche volta nostalgia per la sua città natale?
Non ci si allontana mai volentieri dal luogo natio e dagli affetti familiari. Ritorno tutti gli anni ad Altamura, dove vivono i miei parenti. Ho sempre sperato in una riscossa civile e morale dei miei concittadini e ora confido molto nei giovani.
Questo libro rappresenta un suo sogno nel cassetto... lei descrive le esperienze vissute e raccontate da suo padre. Di che cosa si tratta?
Quando vivevamo ancora tutti nella casa dei genitori - prima che ognuno di noi seguisse la sua strada, ma anche dopo - a pranzo o a cena facevano accese discussioni pro o contro i sentimenti politici di mio padre e ognuno di noi esprimeva i propri pensieri e chiedeva informazioni per soddisfare le proprie curiosità. Io ho mentalmente custodito le nostre domande e le risposte di mio padre e ho sempre pensato di riportarle prima o poi in forma scritta. Il pensionamento e l'indipendenza raggiunta dai miei figli finalmente mi hanno consentito di realizzare questo progetto. E' la descrizione della dura e amara vita dei contadini del Sud nella prima metà del Novecento.
Perché il titolo "Mio nonno racconta"?
Mio padre ha raccontato le esperienze di suo padre (mio nonno) e le sue ai figli e ai nipoti che simbolicamente rappresentano la odierna generazione. Sono racconti che dovrebbero indurre i giovani (i nipoti) a riflettere sul presente e ad evitare gli errori del passato. Insomma, questo nonno dovrebbe essere, nelle mie intenzioni, il nonno di tutti.
Questo libro può rappresentare quel legame con Altamura che non si è mai interrotto?
Certamente. Altamura è nel mio cuore e mi rammaricano le notizie negative, mentre gioisco e mi sento orgogliosa quando ascolto notizie positive. La mia professione mi ha portato ad essere in contatto con diversi meridionali costretti a venire a Milano per lavoro e fortunatamente ho sempre conosciuto persone che hanno contribuito con passione e professionalità alla crescita morale e civile dei giovani settentrionali.
Che cosa ha portato sempre con sé di Altamura nei suoi frequenti spostamenti?
Amarezza e rabbia per il comportamento individualistico, corrotto e/o rassegnato di molti altamurani, ma anche il profumo e la genuità dei prodotti alimentari. E, ovviamente, il pensiero dei miei genitori e dei miei fratelli. Ho, invece, sempre detestato e ancora detesto la superiorità di coloro che si considerano ricchi e gentiluomini ma sono solo maleducati e ignoranti. Odio coloro che vogliono apparire superiori a tutti i costi e, purtroppo, l'apparenza sembra essere un must ad Altamura.
Il libro ha una struttura particolare... parla di un nonno che risponde a delle domande...
Il libro è strutturato esattamente come avvenivano le discussioni a carattere sociale e politico in famiglia. Mio padre esprimeva le sue posizioni socio-politiche e noi esprimevamo i nostri dissensi o le nostre approvazioni. Io mi sono limitata a dare un ordine cronologico agli eventi oggetto di discussioni o di riflessioni.
Trasformare i ricordi in parole scritte può rappresentare, per lei, una sorta di esigenza?
Sicuramente. La necessità di far conoscere le sofferenze di mio padre, e non solo di mio padre, al ricordo delle quali ancora oggi si emoziona e ci fa emozionare. Il presente è migliore, ma non ci sono ancora le condizioni per considerarci indenni da pericoli di disuguaglianze e di ingiustizie, soprattutto nei confronti dei socialmente deboli.