La città
Waiting for Primavera dei Diritti, la reintegrazione sociale dei detenuti
Una conferenza sul tema organizzata dal Molino d'Arte e dall'A.B.M.C.
Altamura - lunedì 15 febbraio 2010
17.39
"Il carcere fa andare il cervello a pezzi. Si impazzisce. Troppi pensieri. Io ascolto sempre musica, ho le cuffie... se penso troppo a una cosa, mi sento male e devo fermarmi... devo fare qualcosa...". Sono le parole di un detenuto del carcere di Spinazzola. Chi sta fuori, spesso, è pronto a puntare il dito. A giudicare senza sapere. Senza mai aver messo piede in un istituto penitenziario. Il carcere rappresenta una doppia punizione, perché dopo c'è l'isolamento, l'autodistruttività, la disperazione. Si parla spesso della situazione delle carceri italiane, di celle troppo piccole, di istituti troppo affollati, dimenticando, forse, una cosa essenziale: la condizione del detenuto.
Lo scorso 12 febbraio, la Sala Conferenze dell'A.B.M.C. (Archivio Biblioteca Museo Civico) ha ospitato un incontro (promosso dall'associazione Molino d'Arte e dall'A.B.M.C.) sul tema della legalità, della riabilitazione e integrazione sociale dei detenuti. Numerosi i giovani presenti al dibattito, intitolato "Waiting for Primavera dei Diritti". Tra questi, anche due classi del Liceo Classico Cagnazzi accompagnate dalla prof.ssa Marisa D'Agostino, che hanno espresso opinioni davvero interessanti sul tema mediante piccoli messaggi scritti.
Durante la discussione, c'è stata la proiezione di un filmato, "Anima di celluloide", curato dall'associazione culturale "Il Borgo delle Arti" di Bari. Il video, i cui attori sono tutti detenuti, racconta la storia di un uomo che, per realizzare un sogno (girare un film), si ritrova a spacciare droga. Non arrivano i finanziamenti promessi, l'uomo viene fermato dai Carabinieri mentre, per la prima volta, trasporta, con la sua auto, sostanze stupefacenti. L'arresto è immediato. Il filmato si conclude con lo sguardo profondo e speranzoso di chi rivede la luce della libertà dopo tanto tempo.
Presente all'incontro, la dott.ssa Caterina Acquafredda, direttrice dell'Istituto Penitenziario di Altamura che ospita circa 110 detenuti sex-offenders, cioè colpevoli di reati a sfondo sessuale: "Dal 2003 collaboriamo con Il Borgo delle Arti. Abbiamo realizzato con loro due cortometraggi. Dobbiamo riconoscere che i detenuti sono delle persone concedendo loro anche la possibilità di una maggiore espressività. Nelle carceri non ci sono gli specchi. Lo specchio serve a notare come ci modifichiamo nel tempo. Al detenuto viene negata anche questa libertà. Vedere una persona dietro una inferriata è come vedere una bestia dietro le sbarre di uno zoo". La dott.ssa Acquafredda ha sottolineato l'importanza delle attività trattamentali (scolastiche, di musicoterapia, teatrali), fondamentali per l'umanizzazione della pena.
Nell'intervento dell'assessore alla Cultura, dott. Giovanni Saponaro, è stata sottolineata la sacralità del rispetto della persona: "Bisogna dare a tutti la possibilità di reintegrarsi. Durante le festività natalizie, un ex detenuto si è recato al Comune di Altamura per chiedere lavoro. Diceva - se me ne vado io in carcere, qualcuno se ne viene con me . Dopo aver pranzato con lui, ho capito il suo stato d'animo". La prof.ssa Marisa D'Agostino, invece, ha parlato di due parole chiave, il recupero e la reintegrazione.
Nell'intervento della dott.ssa Elena Saponaro, presidente dell'A.B.M.C., il ruolo dell'educazione: "Noi genitori abbiamo grandi responsabilità nei confronti dei figli. Gli agi in cui vivono oggi i ragazzi rappresentano un errore di percorso e di costume. Un confronto di tal genere potrebbe solo apportare benefici".
A coordinare il dibattito, lo psicologo Nicola Cifarelli (Molino d'Arte). Nella sala conferenze dell'A.B.M.C., anche una mostra fotografica curata da Nicola Petrara (Molino D'Arte). Da un lato, gli scatti, in bianco e nero, del backstage di un'esperienza teatrale organizzata dall'associazione Molino d'Arte, risalente a circa due anni fa, presso il Carcere di Trani. Dall'altro, gli scatti a colori della preparazione di uno spettacolo presso il carcere di Spinazzola (gennaio 2009). Detenuti, gli attori di entrambe le rappresentazioni. "Abbiamo cercato di lavorare molto sul vissuto dei protagonisti in modo da tirar fuor quanto più possibile. Tutti i detenuti ci hanno raccontato di aver salvato la vita di una persona", ha affermato lo stesso Nicola Petrara. "Noi pretendiamo tanto da loro, poi, però, sono loro a pretendere tanto da noi", ha spiegato Antonello Arpaia, regista delle due esperienze teatrali.
"I detenuti sono come i fantasmi, tutti sanno che esistono, ma pochi riescono a vederli", ha scritto uno dei ragazzi presenti all'incontro.
Lo scorso 12 febbraio, la Sala Conferenze dell'A.B.M.C. (Archivio Biblioteca Museo Civico) ha ospitato un incontro (promosso dall'associazione Molino d'Arte e dall'A.B.M.C.) sul tema della legalità, della riabilitazione e integrazione sociale dei detenuti. Numerosi i giovani presenti al dibattito, intitolato "Waiting for Primavera dei Diritti". Tra questi, anche due classi del Liceo Classico Cagnazzi accompagnate dalla prof.ssa Marisa D'Agostino, che hanno espresso opinioni davvero interessanti sul tema mediante piccoli messaggi scritti.
Durante la discussione, c'è stata la proiezione di un filmato, "Anima di celluloide", curato dall'associazione culturale "Il Borgo delle Arti" di Bari. Il video, i cui attori sono tutti detenuti, racconta la storia di un uomo che, per realizzare un sogno (girare un film), si ritrova a spacciare droga. Non arrivano i finanziamenti promessi, l'uomo viene fermato dai Carabinieri mentre, per la prima volta, trasporta, con la sua auto, sostanze stupefacenti. L'arresto è immediato. Il filmato si conclude con lo sguardo profondo e speranzoso di chi rivede la luce della libertà dopo tanto tempo.
Presente all'incontro, la dott.ssa Caterina Acquafredda, direttrice dell'Istituto Penitenziario di Altamura che ospita circa 110 detenuti sex-offenders, cioè colpevoli di reati a sfondo sessuale: "Dal 2003 collaboriamo con Il Borgo delle Arti. Abbiamo realizzato con loro due cortometraggi. Dobbiamo riconoscere che i detenuti sono delle persone concedendo loro anche la possibilità di una maggiore espressività. Nelle carceri non ci sono gli specchi. Lo specchio serve a notare come ci modifichiamo nel tempo. Al detenuto viene negata anche questa libertà. Vedere una persona dietro una inferriata è come vedere una bestia dietro le sbarre di uno zoo". La dott.ssa Acquafredda ha sottolineato l'importanza delle attività trattamentali (scolastiche, di musicoterapia, teatrali), fondamentali per l'umanizzazione della pena.
Nell'intervento dell'assessore alla Cultura, dott. Giovanni Saponaro, è stata sottolineata la sacralità del rispetto della persona: "Bisogna dare a tutti la possibilità di reintegrarsi. Durante le festività natalizie, un ex detenuto si è recato al Comune di Altamura per chiedere lavoro. Diceva - se me ne vado io in carcere, qualcuno se ne viene con me . Dopo aver pranzato con lui, ho capito il suo stato d'animo". La prof.ssa Marisa D'Agostino, invece, ha parlato di due parole chiave, il recupero e la reintegrazione.
Nell'intervento della dott.ssa Elena Saponaro, presidente dell'A.B.M.C., il ruolo dell'educazione: "Noi genitori abbiamo grandi responsabilità nei confronti dei figli. Gli agi in cui vivono oggi i ragazzi rappresentano un errore di percorso e di costume. Un confronto di tal genere potrebbe solo apportare benefici".
A coordinare il dibattito, lo psicologo Nicola Cifarelli (Molino d'Arte). Nella sala conferenze dell'A.B.M.C., anche una mostra fotografica curata da Nicola Petrara (Molino D'Arte). Da un lato, gli scatti, in bianco e nero, del backstage di un'esperienza teatrale organizzata dall'associazione Molino d'Arte, risalente a circa due anni fa, presso il Carcere di Trani. Dall'altro, gli scatti a colori della preparazione di uno spettacolo presso il carcere di Spinazzola (gennaio 2009). Detenuti, gli attori di entrambe le rappresentazioni. "Abbiamo cercato di lavorare molto sul vissuto dei protagonisti in modo da tirar fuor quanto più possibile. Tutti i detenuti ci hanno raccontato di aver salvato la vita di una persona", ha affermato lo stesso Nicola Petrara. "Noi pretendiamo tanto da loro, poi, però, sono loro a pretendere tanto da noi", ha spiegato Antonello Arpaia, regista delle due esperienze teatrali.
"I detenuti sono come i fantasmi, tutti sanno che esistono, ma pochi riescono a vederli", ha scritto uno dei ragazzi presenti all'incontro.