Una lettera per Giovanni Ardino
Paola Dal Toso scrive al bracconiere che per errore uccise don Francesco Cassol. «Mi rivolgo a te, Giovanni, come persona, dopo aver letto l'intervista che hai accettato di rilasciare»
Caro Giovanni,
non ci conosciamo, ma non hai idea di quanto nel corso di quest'anno il mio pensiero sia andato a te. Quante volte mi sono interrogata, mi sono domandata "perché?". Cosa ti è passato per la mente quella notte? Cosa ti ha spinto a premere il grilletto? Perché l'hai fatto? Queste domande frullano non solo nella mia testa, ma di chissà quanti altri. Di sicuro tanti, tantissimi.
Inizia con queste parole la lettera scritta da Paola Dal Toso, segretario generale della Consulta nazionale aggregazioni laicali, a Giovanni Ardino, il bracconiere che per errore uccise don Francesco Cassol nella notte fra il 21 ed il 22 agosto 2010. Una lettera di risposta all'intervista rilasciata da Ardino ad Altamuralife.it e pubblicata lo scorso 10 agosto. Paola Dal Toso conosceva bene il parroco di Longarone. Nella sua testimonianza, il ricordo del sacerdote veneto e dei suoi insegnamenti, ma anche un appello al silenzio. Riportiamo integralmente il testo.
Giovanni, dovevo esserci anch'io quella notte al Pulo. Avrei camminato insieme con Ivette e don Francesco, sarei arrivata tardi perché quelli degli …anta, avrei buttato lo zaino e mi sarei stesa a dormire non tanto lontana da don Francesco. Non oso pensare alla traiettoria di quel proiettile: la storia non si fa con i "se" o i "ma".
Non so se sei una persona di fede. Ti assicuro che per come conosco don Francesco, lui era "pronto" con i sandali ai piedi e la bisaccia sulle spalle a quell'incontro tanto desiderato con il Signore, di cui era immensamente innamorato. Rimane il mistero di una chiamata così improvvisa a vivere nella gloria del Paradiso, nell'abbraccio di quel Dio a cui ha dedicato la sua esistenza e di cui ha saputo mostrarci il volto con la sua bontà. È bello che tutti quelli che hanno scritto di lui, a partire dagli articoli della stampa, ne abbiano parlato solo che bene.
Il disegno di Dio è indecifrabile. Ad un anno ormai di distanza da questa partenza così poco gloriosa - addirittura essere scambiato per una bestia, per di più un cinghiale -, mi rendo conto che la profonda spiritualità di don Francesco e la santità della sua vita forse non sarebbero state conosciute, se non proprio attraverso quella tragica notte.
Giovanni, posso solo intuire il tuo dramma interiore, i rimorsi, i continui ripensamenti, le notti insonni, gli incubi che ti assalgono anche di giorno, le crisi, la sofferenza perché non volevi, non credevi, non immaginavi, non pensavi, non avevi intenzione. Un tormento logorante… Forse non sai che in tanti nel segreto abbiamo pregato per te. Hai ricevuto fin da subito il perdono di mamma Anita e di papà Arcangelo. Sono certa che don Francesco mi riproverebbe in modo chiaro se esprimessi giudizi, pronunciassi parole cattive. Mi rivolgo a te, Giovanni, come persona, dopo aver letto l'intervista che hai accettato di rilasciare.
Ho partecipato a tanti goum e li ho anche guidati. Chi l'ha lanciato lo scorso anno, non solo ha fatto sopraluoghi, ma, come sempre, con uno scrupolo superiore al mio, ha preso contatti con la gente del posto ed ha avvisato le autorità. Il goum non è un campeggio, ma una settimana di cammino e non solo. Questo non è vietato nemmeno in un Parco Nazionale. Non nasconderti dietro i fili d'erba! Sono capo scout e quando portiamo i ragazzi in route, al campo mobile o proponiamo la veglia notturna sotto le stelle dobbiamo forse avvisare il mondo intero per metterlo al corrente di quel che andiamo facendo?
In una notte di luna piena, in un posto quale quello dove riposavano i goumier - c'è uno iazzo del tutto diroccato e disabitato, non ci sono piante che fanno ombra - la luce della luna illumina quasi a giorno: provare per credere. Non esistono più i pesanti sacchi a pelo di tipo militare, ma di piumino o sintetici e colorati. Il mio è color fucsia e con una piccola parte verdina.
Giovanni, ti vorrei chiedere di essere uomo, di assumerti le tue responsabilità anche rispetto all'errore commesso, che sai bene, per la legge non è un semplice sbaglio, pura casualità. Non posso attraversare con il rosso ritenendo che compiendo l'infrazione al massimo rischio una multa. Essere responsabili implica saper rispondere delle proprie azioni che hanno implicazioni non solo soggettive.
Lascia che ti dica in tutta sincerità che mi parrebbe opportuno il silenzio per rispetto a don Francesco. Se sei pentito, altri sono i modi per esprimerlo e comunicare la tua sofferenza che non va urlata, ma di sicuro condividiamo. Non pubblicizzarla, ma fallo sottovoce, in sordina, in modo riservato. Non sentirti solo. Ti porti dentro un macigno enorme, sei stato involontario protagonista di un episodio più grande di te, un dolore interiore che non ti dà pace, un dramma nel quale io ho provato ad immedesimarmi tante volte alla ricerca di una ragione.
Sappi che nessuno degli amici di don Francesco - e non si possono contare perché sono davvero tantissimi - ti definirebbe un "delinquente", se non altro per coerenza con quanto testimoniato da don Francesco, perché questo non è mai stato il suo stile. Se il tuo cuore è davvero toccato, prova a conoscere un po' don Francesco attraverso le testimonianze di quanti l'hanno amato, perché da lui profondamente segnati ed ispirati. Potrebbe essere un modo concreto per chiedere perdono.
Hai perso amici con i quali condividevi la passione per la caccia, ma sappi che puoi trovarne di nuovi.
Ti abbraccio
Paola Dal Toso