Economia
Servono aiuti concreti o imprese spariranno
Lettera aperta di Claudio Amato, amministratore unico di Murgia Sviluppo
Altamura - martedì 28 aprile 2020
20.01 Comunicato Stampa
Scrivo nelle vesti di Amministratore Unico della Murgia Sviluppo Scarl, società partecipata da 15 Comuni pugliesi (Acquaviva, Alberobello, Binetto, Bitritto, Capurso, Casamassima, Conversano, Grumo Appula, Minervino Murge, Noci, Palo del Colle, Poggiorsini, Sammichele di Bari, Toritto ed Altamura, quest'ultima con oltre 70.000 abitanti ed un tessuto economico produttivo secondo solo alla città di Bari). L'azienda si occupa di SUAP (sportello unico attività produttive).
La presente lettera per esplicitare alcune brevi ma spero proficue considerazioni. Occupandoci di autorizzazioni alle attività produttive di un tessuto economico-sociale con oltre 330.000 abitanti, ritengo doveroso sottolineare alcuni reali e sensibili aspetti e problemi che attanagliano le attività dei nostri territori, valutandone prospetticamente eventuali ed auspicabili soluzioni.
Circa il 70% delle attività è fermo, stante il DPCM relativo alle sospensioni delle attività. Lo stop, è doveroso accennare, non riguarda tutte le attività allo stesso modo. Infatti, il lockdown, così viene definita questa fase, non implica per tutti lo stesso "down" dal punto di vista degli introiti, poiché va ricordato che ad oggi alcune categorie di attività e liberi professionisti, seppur molto penalizzati, hanno tuttavia possibilità di proseguire con una certa regolarità le loro attività lavorative. Altre attività, invece, quali commercio dei generi non alimentari, bar, ristoranti, settore ricettivo, estetisti, barbieri e parrucchieri (e molte altre ancora), hanno invece subito una totale chiusura e dunque, lavorando sul cash flow giornaliero, un totale abbattimento degli introiti.
E' dunque doveroso, a mio modesto avviso, ripensare ai metodi distributivi delle risorse che il Governo, le Regioni e i Comuni hanno stanziato ed alle varie modalità delle datio in denaro (i.e. 600 euro e bonus Comunali), finalizzate sì ad agevolare, con tutte le forze e le possibilità, la capacità di spesa dei cittadini, ma senza fornire ad oggi alcuna prospettiva sulla ripartenza delle attività lavorative, tradendo a mio modesto parere il primo articolo della nostra Carta Costituzionale che recita, è giusto ricordarlo: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" ed io aggiungo non sul sussidio.
Pertanto, sarebbe opportuno, salvaguardato l'interesse alla salute pubblica, ripensare ad una ripartizione delle medesime somme limitando i contributi a pioggia, concentrando piuttosto gli sforzi sul calmieramento dell'imposizione tributaria e fiscale statale, e su forti sconti sulle utenze, che anche in questo periodo emergenziale continuano a gravare sulle casse delle imprese, soprattutto quelle costrette ad abbassare la saracinesca. Nella cosiddetta "fase 2", nella quale sarà autorizzata la riapertura di molte attività, sarà di fondamentale importanza ridurre il costo del lavoro sopportato dalle PMI, in maniera tale da mantenere quanto più inalterato possibile il livello occupazionale pre-crisi. Senza un sostegno concreto ed al termine della Cassa Integrazione, da dove l'imprenditore potrà recuperare la liquidità necessaria a garantire stipendi e costi connessi? Senza una tale previsione, i prestiti erogati in questi giorni dalle banche con garanzia statale basteranno a malapena a pagare tra fine maggio e giugno le imposte e tasse precedentemente sospese ma che, giustamente, lo Stato pretenderà al termine dell'emergenza!
Tali considerazioni derivano dalla valutazione fattuale secondo la quale una piccola attività del nostro territorio, con non più di due dipendenti, ha fatturati medi mensili di circa 15 mila euro ed il 75% di questi viene "bruciato" tra dipendenti, tasse, imposte ed utenze varie; gran parte di questi sono costi fissi (ad esempio, i canoni di locazione), da sostenere a prescindere dagli incassi che, sicuramente, solo col passare tempo torneranno a raggiungere gli standard pre-crisi. Va da sé che, per salvarle, a poco servono i 600 euro ma siano certamente strumenti più efficaci quelli precedentemente elencati.
Non foss'altro che, ancora più banalmente, è da ritenersi probabile che un piccolo imprenditore abbia a disposizione piccoli risparmi con cui poter far fronte alle spese di primaria necessità per se e la propria famiglia. Va da se, senza polemica alcuna, che lo Stato debba fare i giusti distinguo tra le varie categorie, garantendo maggiore supporto alle imprese soggette al lockdown ed a quelle "giovani", il cui percorso di rilancio sul mercato sarà sicuramente più arduo rispetto a quello di aziende affermate, presenti sul campo da molto tempo, ed a quelle che hanno potuto operare senza grandi difficoltà durante l'emergenza.
Il reale problema dunque è nel futuro e non già nel presente. Un mancato abbattimento delle tasse ad ogni livello, implicherà pesanti ripercussioni sulle micro e piccole imprese, già duramente provate da quasi due mesi di lockdown, e dal c.d. socio occulto quale è lo Stato. Non basteranno dunque, le garanzie statali offerte alle PMI nel Decreto Liquidità.
Passati i 24 mesi di pre-ammortamento, le imprese dovranno restituire i prestiti bancari, per altro non a tasso zero e spesso soggetti a spese di istruttoria. Ma se lo Stato in primis, e gli Enti ad ogni livello, non consentiranno alle imprese di tornare presto in carreggiata, generando fatturato, liquidità, ed utili a livelli pre-Covid, dove saranno recuperate le risorse necessarie a pagare le rate ad ogni scadenza? Le imprese dovranno ulteriormente indebitarsi?
Un'ecatombe imprenditoriale danneggerebbe anche lo Stato. Ricordiamoci che domani, ancor più di oggi, saranno le tasse, pagate dai piccoli imprenditori, a reggere i costi della sanità e gli stipendi di chi definiamo 'EROI'. Solo grazie al lavoro dei primi, è possibile garantire il funzionamento completo del sistema. In uno Stato che si rispetti, sarebbe auspicabile, si considerassero eroi tutti, piccole imprese e partite iva (piccoli studi professionali) compresi. A mio modesto parere, le cure ad oggi proposte al "paziente Italia" sono del tutto insufficienti, soprattutto in considerazione del fatto che la "potenza di fuoco" annunciata dal nostro Presidente del Consiglio, si basa in realtà sulla benevolenza e sulle valutazioni degli istituti bancari, i quali ovviamente fanno i conti col proprio bilancio, applicando ai prestiti tassi di interesse superiori all'1%, e spesso vicini al 2. Senza Dimenticare che, prima che giunga la garanzia dello Stato, gli imprenditori dovranno fronteggiare Equitalia e l'Agenzia delle Entrate.
Ebbene, in questa fase, sono fermamente convinto che il principio del c.d. buon padre di famiglia debba guardare oltre. Poiché, sulla scorta di quest'ultimo, mi chiedo se da padri di famiglia, noi lasceremmo indebitare oltre modo i nostri figli. Sarebbe invece molto più utile apprezzare e perché no, copiare il modello al vaglio negli Stati Uniti, fondato su meccanismi premiali atti a incentivare la ripartenza e convertire le tasse non pagate in assunzioni di personale, ridando giusta dignità e respiro all'economia.
In termini concreti, ad esempio, le piccole attività con in forza due risorse umane prima del lockdown, qualora dovessero mantenere lo stesso status a due anni dalla fine dell'emergenza, potranno vedersi premiate con una ulteriore dilazione del prestito ottenuto. Mentre, nel caso in cui l'artigiano, piccolo commerciante e\o piccolo studio professionale, dovessero aumentare le risorse umane assunte, potrànno ad esempio, rimborsare solo quota parte del denaro avuto in prestito, lasciando allo Stato il dovere di estinguere il residuo. Apparentemente un costo ma, in prospettiva, un risparmio. Le casse pubbliche infatti, avrebbero meno uscite in termini di sussidi di disoccupazione e contributi a pioggia. Benefici dunque innegabili per l'economia "post lockdown". In questo senso si è espresso anche Mario Draghi in una recente intervista al Financial Times.
La cosa peggiore in questa fase dell'economia è l'incertezza. Chi ogni mattina si alza o si alzerà per aprire la propria attività, avrà bisogno di poche ma chiare certezze. E le uniche certezze non possono che arrivare dallo Stato! Se non ora, mi chiedo quando, uno Stato che si definisca tale possa compiere gesti coraggiosi, per quegli strati di tessuti produttivi fatti da imprese troppo spesso dimenticate, le piccolissime.
Dott. Claudio Amato
Amministratore Unico Murgia Sviluppo Scarl
Ente Strumentale SUAP Sistema Murgiano
La presente lettera per esplicitare alcune brevi ma spero proficue considerazioni. Occupandoci di autorizzazioni alle attività produttive di un tessuto economico-sociale con oltre 330.000 abitanti, ritengo doveroso sottolineare alcuni reali e sensibili aspetti e problemi che attanagliano le attività dei nostri territori, valutandone prospetticamente eventuali ed auspicabili soluzioni.
Circa il 70% delle attività è fermo, stante il DPCM relativo alle sospensioni delle attività. Lo stop, è doveroso accennare, non riguarda tutte le attività allo stesso modo. Infatti, il lockdown, così viene definita questa fase, non implica per tutti lo stesso "down" dal punto di vista degli introiti, poiché va ricordato che ad oggi alcune categorie di attività e liberi professionisti, seppur molto penalizzati, hanno tuttavia possibilità di proseguire con una certa regolarità le loro attività lavorative. Altre attività, invece, quali commercio dei generi non alimentari, bar, ristoranti, settore ricettivo, estetisti, barbieri e parrucchieri (e molte altre ancora), hanno invece subito una totale chiusura e dunque, lavorando sul cash flow giornaliero, un totale abbattimento degli introiti.
E' dunque doveroso, a mio modesto avviso, ripensare ai metodi distributivi delle risorse che il Governo, le Regioni e i Comuni hanno stanziato ed alle varie modalità delle datio in denaro (i.e. 600 euro e bonus Comunali), finalizzate sì ad agevolare, con tutte le forze e le possibilità, la capacità di spesa dei cittadini, ma senza fornire ad oggi alcuna prospettiva sulla ripartenza delle attività lavorative, tradendo a mio modesto parere il primo articolo della nostra Carta Costituzionale che recita, è giusto ricordarlo: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" ed io aggiungo non sul sussidio.
Pertanto, sarebbe opportuno, salvaguardato l'interesse alla salute pubblica, ripensare ad una ripartizione delle medesime somme limitando i contributi a pioggia, concentrando piuttosto gli sforzi sul calmieramento dell'imposizione tributaria e fiscale statale, e su forti sconti sulle utenze, che anche in questo periodo emergenziale continuano a gravare sulle casse delle imprese, soprattutto quelle costrette ad abbassare la saracinesca. Nella cosiddetta "fase 2", nella quale sarà autorizzata la riapertura di molte attività, sarà di fondamentale importanza ridurre il costo del lavoro sopportato dalle PMI, in maniera tale da mantenere quanto più inalterato possibile il livello occupazionale pre-crisi. Senza un sostegno concreto ed al termine della Cassa Integrazione, da dove l'imprenditore potrà recuperare la liquidità necessaria a garantire stipendi e costi connessi? Senza una tale previsione, i prestiti erogati in questi giorni dalle banche con garanzia statale basteranno a malapena a pagare tra fine maggio e giugno le imposte e tasse precedentemente sospese ma che, giustamente, lo Stato pretenderà al termine dell'emergenza!
Tali considerazioni derivano dalla valutazione fattuale secondo la quale una piccola attività del nostro territorio, con non più di due dipendenti, ha fatturati medi mensili di circa 15 mila euro ed il 75% di questi viene "bruciato" tra dipendenti, tasse, imposte ed utenze varie; gran parte di questi sono costi fissi (ad esempio, i canoni di locazione), da sostenere a prescindere dagli incassi che, sicuramente, solo col passare tempo torneranno a raggiungere gli standard pre-crisi. Va da sé che, per salvarle, a poco servono i 600 euro ma siano certamente strumenti più efficaci quelli precedentemente elencati.
Non foss'altro che, ancora più banalmente, è da ritenersi probabile che un piccolo imprenditore abbia a disposizione piccoli risparmi con cui poter far fronte alle spese di primaria necessità per se e la propria famiglia. Va da se, senza polemica alcuna, che lo Stato debba fare i giusti distinguo tra le varie categorie, garantendo maggiore supporto alle imprese soggette al lockdown ed a quelle "giovani", il cui percorso di rilancio sul mercato sarà sicuramente più arduo rispetto a quello di aziende affermate, presenti sul campo da molto tempo, ed a quelle che hanno potuto operare senza grandi difficoltà durante l'emergenza.
Il reale problema dunque è nel futuro e non già nel presente. Un mancato abbattimento delle tasse ad ogni livello, implicherà pesanti ripercussioni sulle micro e piccole imprese, già duramente provate da quasi due mesi di lockdown, e dal c.d. socio occulto quale è lo Stato. Non basteranno dunque, le garanzie statali offerte alle PMI nel Decreto Liquidità.
Passati i 24 mesi di pre-ammortamento, le imprese dovranno restituire i prestiti bancari, per altro non a tasso zero e spesso soggetti a spese di istruttoria. Ma se lo Stato in primis, e gli Enti ad ogni livello, non consentiranno alle imprese di tornare presto in carreggiata, generando fatturato, liquidità, ed utili a livelli pre-Covid, dove saranno recuperate le risorse necessarie a pagare le rate ad ogni scadenza? Le imprese dovranno ulteriormente indebitarsi?
Un'ecatombe imprenditoriale danneggerebbe anche lo Stato. Ricordiamoci che domani, ancor più di oggi, saranno le tasse, pagate dai piccoli imprenditori, a reggere i costi della sanità e gli stipendi di chi definiamo 'EROI'. Solo grazie al lavoro dei primi, è possibile garantire il funzionamento completo del sistema. In uno Stato che si rispetti, sarebbe auspicabile, si considerassero eroi tutti, piccole imprese e partite iva (piccoli studi professionali) compresi. A mio modesto parere, le cure ad oggi proposte al "paziente Italia" sono del tutto insufficienti, soprattutto in considerazione del fatto che la "potenza di fuoco" annunciata dal nostro Presidente del Consiglio, si basa in realtà sulla benevolenza e sulle valutazioni degli istituti bancari, i quali ovviamente fanno i conti col proprio bilancio, applicando ai prestiti tassi di interesse superiori all'1%, e spesso vicini al 2. Senza Dimenticare che, prima che giunga la garanzia dello Stato, gli imprenditori dovranno fronteggiare Equitalia e l'Agenzia delle Entrate.
Ebbene, in questa fase, sono fermamente convinto che il principio del c.d. buon padre di famiglia debba guardare oltre. Poiché, sulla scorta di quest'ultimo, mi chiedo se da padri di famiglia, noi lasceremmo indebitare oltre modo i nostri figli. Sarebbe invece molto più utile apprezzare e perché no, copiare il modello al vaglio negli Stati Uniti, fondato su meccanismi premiali atti a incentivare la ripartenza e convertire le tasse non pagate in assunzioni di personale, ridando giusta dignità e respiro all'economia.
In termini concreti, ad esempio, le piccole attività con in forza due risorse umane prima del lockdown, qualora dovessero mantenere lo stesso status a due anni dalla fine dell'emergenza, potranno vedersi premiate con una ulteriore dilazione del prestito ottenuto. Mentre, nel caso in cui l'artigiano, piccolo commerciante e\o piccolo studio professionale, dovessero aumentare le risorse umane assunte, potrànno ad esempio, rimborsare solo quota parte del denaro avuto in prestito, lasciando allo Stato il dovere di estinguere il residuo. Apparentemente un costo ma, in prospettiva, un risparmio. Le casse pubbliche infatti, avrebbero meno uscite in termini di sussidi di disoccupazione e contributi a pioggia. Benefici dunque innegabili per l'economia "post lockdown". In questo senso si è espresso anche Mario Draghi in una recente intervista al Financial Times.
La cosa peggiore in questa fase dell'economia è l'incertezza. Chi ogni mattina si alza o si alzerà per aprire la propria attività, avrà bisogno di poche ma chiare certezze. E le uniche certezze non possono che arrivare dallo Stato! Se non ora, mi chiedo quando, uno Stato che si definisca tale possa compiere gesti coraggiosi, per quegli strati di tessuti produttivi fatti da imprese troppo spesso dimenticate, le piccolissime.
Dott. Claudio Amato
Amministratore Unico Murgia Sviluppo Scarl
Ente Strumentale SUAP Sistema Murgiano