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Sequestrato palazzo nuovo del valore di circa 800mila euro

Il proprietario era già stato condannato per il reato di “associazione di tipo mafioso”. Otteneva anche contributi dall'Inps sotto false dichiarazioni

Militari del nucleo di Polizia tributaria del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Bari hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo - per violazione della normativa antimafia - emesso dal Gip del Tribunale di Bari su proposta della locale Procura della Repubblica, riguardante un palazzo di recente costruzione sito ad Altamura. L'immobile sequestrato, del valore di circa 800mila euro, risulta di proprietà di un imprenditore altamurano, L. S., 43 anni, già condannato per il reato di "associazione di tipo mafioso" in quanto appartenente ad un clan della Murgia barese e coinvolto in traffico di armi.

La normativa antimafia obbliga persone condannate con sentenza definitiva per il reato di "associazione di tipo mafioso", ovvero sottoposte con provvedimento definitivo a misura di prevenzione di cui alla legge 575/1965, a comunicare al nucleo di Polizia tributaria del luogo di dimora abituale, per dieci anni ed entro trenta giorni dal fatto, tutte le variazioni nell'entità e nella composizione del patrimonio superiori al limite di 10.329,13 euro. Obbligo che non è stato adempiuto dal proprietario dell'immobile sottoposto a sequestro al momento dell'accensione del mutuo ipotecario per l'acquisto dello stesso immobile.

In seguito agli accertamenti condotti nei confronti dell'imprenditore altamurano, è stata anche rilevata l'omessa dichiarazione di ricavi per gli anni d'imposta dal 2006 al 2009 per un ammontare complessivo di 493.776,00 euro. L'uomo, inoltre, è stato denunciato alla Procura della Repubblica per il reato di truffa aggravata poiché, con false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale, ha indebitamente ottenuto contributi dall'Inps dal 2007 al 2010 per oltre 6.000 euro relativi al beneficio sociale previsto per le famiglie bisognose.

La misura cautelare patrimoniale si inserisce nell'ambito delle attività di controllo della posizione fiscale ex art. 25 della legge n. 646/82 che il G.I.C.O. (Gruppo d'Investigazione sulla Criminalità Organizzata) di Bari pone in essere nei confronti delle persone condannate, anche non definitivamente, per il reato di associazione di tipo mafioso.

«La verifica della posizione fiscale dei soggetti e delle imprese appartenenti o riconducibili alla criminalità organizzata - sottolinea il Comando provinciale della Guardia di Finanza - assume un'importanza determinante per l'azione di contrasto alle associazioni mafiose, tutelando non soltanto gli interessi erariali, ma anche quelli relativi all'integrità dei mercati economici e finanziari soggetti al rischio delle infiltrazioni criminali».

Si tratta, pertanto, di accertamenti che gli "specialisti" del G.I.C.O. svolgono sia ai fini fiscali sia ai fini economico-finanziari «per individuare ulteriori patrimoni illeciti che i soggetti "mafiosi" possono in tutto o in parte aver reimpiegato in attività economiche intestate a prestanome o a società di comodo».

«In tale maniera - conclude il Comando provinciale - si cerca di contrastare l'economia criminale in maniera radicale, impedendo ai soggetti condannati o sottoposti a misura di prevenzione di continuare a gestire le attività economiche del crimine organizzato alimentate dai profitti illeciti, anche a distanza di tempo dalla condanna o dall'applicazione delle misure di prevenzione».

Foto d'archivio.

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