Economia
Ripartono le quotazioni del grano duro
Prezzo molto elevato ma produttori lamentano alti costi e rese più basse
Puglia - mercoledì 22 giugno 2022
16.15
Dopo due settimane senza quotazioni, alla Camera di commercio di Foggia è stato aggiornato il listino prezzi delle materie prime alimentari. Il grano duro appena raccolto in Puglia raggiunge la quotazione di 58 euro al quintale (580 a tonnellata). E' "un prezzo record a listino per il grano locale ma che non soddisfa i produttori pugliesi stretti tra gli aumenti dei costi di produzione ed il crollo delle rese fino a -30/35%", afferma Coldiretti Puglia, in riferimento alla prima quotazione del grano duro.
Secondo la sigla agricola, "la produzione è in calo proprio quando in Puglia coltivare grano è costato agli agricoltori pugliesi fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell'impennata dei costi di produzione causata dall'effetto a valanga della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia Covid, che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti", ha spiegato Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia, per cui il salasso a carico del Granaio d'Italia (Puglia) rende necessari "interventi per aiutare le imprese rispetto a rincari ormai insostenibili, a partire dal settore cerealicolo che rappresenta uno dei simboli della situazione di difficoltà in cui versa l'agricoltura regionale", ha detto Piccioni.
La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea dalle quali si evidenzia che in un caso su quattro i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L'impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l'acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo, secondo la Coldiretti.
Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti – continua la Coldiretti Puglia - sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano all'avena, che servono al Paese a causa dell'esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l'incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
Il taglio dei raccolti causato dall'incremento dei costi e dalla grave e perdurante siccità in alcune aree delle province di Bari e Foggia – sottolinea Coldiretti Puglia – rischia di aumentare la dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l'Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale, senza dimenticare che con i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l'alimentazione degli animali, si copre rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano secondo l'analisi del Centro Studi Divulga.
Secondo la sigla agricola, "la produzione è in calo proprio quando in Puglia coltivare grano è costato agli agricoltori pugliesi fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell'impennata dei costi di produzione causata dall'effetto a valanga della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia Covid, che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti", ha spiegato Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia, per cui il salasso a carico del Granaio d'Italia (Puglia) rende necessari "interventi per aiutare le imprese rispetto a rincari ormai insostenibili, a partire dal settore cerealicolo che rappresenta uno dei simboli della situazione di difficoltà in cui versa l'agricoltura regionale", ha detto Piccioni.
La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea dalle quali si evidenzia che in un caso su quattro i costi superano i ricavi con il grano duro per la pasta che è quotato in Italia 55 centesimi al chilo e quello tenero per il pane a 45 centesimi al chilo. L'impatto si fa sentire anche sui consumatori con i prezzi che dal grano al pane aumentano da 6 a 12 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l'acqua per ottenere un chilo di prodotto finito venduto da 2,7 euro al chilo a 5,4 euro al chilo, secondo la Coldiretti.
Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti – continua la Coldiretti Puglia - sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano all'avena, che servono al Paese a causa dell'esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l'incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
Il taglio dei raccolti causato dall'incremento dei costi e dalla grave e perdurante siccità in alcune aree delle province di Bari e Foggia – sottolinea Coldiretti Puglia – rischia di aumentare la dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l'Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale, senza dimenticare che con i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l'alimentazione degli animali, si copre rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano secondo l'analisi del Centro Studi Divulga.