La città
Quale futuro per il vecchio campo in via Gravina? Prime idee
Si è conclusa la rassegna dell'associazione Campo 65
Altamura - mercoledì 29 settembre 2021
10.40
Quale futuro per l'ex campo 65? Fu costruito tra Altamura e Gravina come luogo di prigionia nella seconda guerra mondiale e poi utilizzato come campo profughi negli anni '50 e '60 per gli esuli del confine orientale italiano. Attualmente è un'area priva di funzione pubblica, estesa 31 ettari, alla mercé di inquinatori.
L'interrogativo è stato sollecitato nel corso della rassegna internazionale su "Luoghi e Memorie del Novecento", che si è conclusa domenica. Numerosi i momenti e le iniziative per tutto settembre: testimonianze di parenti di prigionieri, convegni, riti interreligiosi, concerti, proiezione di documentari, ecc. E' stato anche presentato il progetto, con bozzetto di una stele, da parte dello scultore Vito Maiullari. Si è tenuta anche una visita guidata sul posto: tra le tappe più significative quella davanti a una delle cucine del campo messa in luce nel corso della sessione sperimentale di scavi effettuata questa estate a cura di archeologi della Università di Foggia. Malcolm Gaskill, pronipote di un prigioniero inglese del campo (Ralph Corps) ha raccontato di come recentemente è venuto in possesso delle memorie dello zio della madre, scritte in un quaderno, nelle quali una larga parte è dedicata al Campo 65 e in particolare alla sua fuga rocambolesca, peraltro non riuscita, e alle vicende che ne seguirono.
"Sono emerse anche delle proposte e delle forti sollecitazioni - sottolinea l'associazione Campo 65 che ha organizzato il programma - anche da parte di alcuni degli storici intervenuti, per la tutela e la salvaguardia di Campo 65 che diventa ora, accanto alla prosecuzione degli studi e delle ricerche, l'obiettivo principale dell'associazione omonima. Utili e concrete indicazioni sono venute durante il dibattito pubblico sul futuro dell'area dai funzionari della Città metropolitana e della Regione Puglia, in particolare sull'utilizzo di fondi immediatamente disponibili relativamente alla messa in sicurezza dell'area che da qualche anno è di proprietà del Comune di Altamura".
L'associazione ha lanciato un appello in questo senso a tutta la comunità e in primo luogo alle istituzioni, per fare in modo che Campo 65 (luogo di prigionia di soldati dell'esercito del Commonwealth britannico nel biennio 1942-1943, dopo l'8 settembre centro di addestramento di partigiani jugoslavi e nel dopoguerra, fino ai primi anni sessanta, centro di accoglienza di profughi italiani provenienti dall'Istria, dalla Dalmazia, dalla Venezia Giulia e dalle ex colonie italiane), unitamente agli altri luoghi della memoria di cui pure si è parlato durante la rassegna (Villa Serena, gli ospedali militari, il campo di prigionia della prima guerra mondiale a Casale e le basi missilistiche Jupiter a testata nucleare del periodo della Guerra Fredda) possano essere finalmente conosciuti dalla cittadinanza locale ma anche da tutti i cittadini del mondo che vorranno approfondirne la storia. Rafforzando, in definitiva, l'idea di comunità internazionale di patrimonio che già si è sviluppata in questi ultimi anni grazie al lavoro dell'associazione. Quest'ultima, infatti, oltre a condurre ricerche in diversi archivi, è riuscita a stabilire collaborazioni e contatti con i discendenti dei prigionieri sparsi in tutto il mondo e con altre Case della memoria e Fondazioni dedicate a campi di prigionia esistenti nel nostro Paese.
L'interrogativo è stato sollecitato nel corso della rassegna internazionale su "Luoghi e Memorie del Novecento", che si è conclusa domenica. Numerosi i momenti e le iniziative per tutto settembre: testimonianze di parenti di prigionieri, convegni, riti interreligiosi, concerti, proiezione di documentari, ecc. E' stato anche presentato il progetto, con bozzetto di una stele, da parte dello scultore Vito Maiullari. Si è tenuta anche una visita guidata sul posto: tra le tappe più significative quella davanti a una delle cucine del campo messa in luce nel corso della sessione sperimentale di scavi effettuata questa estate a cura di archeologi della Università di Foggia. Malcolm Gaskill, pronipote di un prigioniero inglese del campo (Ralph Corps) ha raccontato di come recentemente è venuto in possesso delle memorie dello zio della madre, scritte in un quaderno, nelle quali una larga parte è dedicata al Campo 65 e in particolare alla sua fuga rocambolesca, peraltro non riuscita, e alle vicende che ne seguirono.
"Sono emerse anche delle proposte e delle forti sollecitazioni - sottolinea l'associazione Campo 65 che ha organizzato il programma - anche da parte di alcuni degli storici intervenuti, per la tutela e la salvaguardia di Campo 65 che diventa ora, accanto alla prosecuzione degli studi e delle ricerche, l'obiettivo principale dell'associazione omonima. Utili e concrete indicazioni sono venute durante il dibattito pubblico sul futuro dell'area dai funzionari della Città metropolitana e della Regione Puglia, in particolare sull'utilizzo di fondi immediatamente disponibili relativamente alla messa in sicurezza dell'area che da qualche anno è di proprietà del Comune di Altamura".
L'associazione ha lanciato un appello in questo senso a tutta la comunità e in primo luogo alle istituzioni, per fare in modo che Campo 65 (luogo di prigionia di soldati dell'esercito del Commonwealth britannico nel biennio 1942-1943, dopo l'8 settembre centro di addestramento di partigiani jugoslavi e nel dopoguerra, fino ai primi anni sessanta, centro di accoglienza di profughi italiani provenienti dall'Istria, dalla Dalmazia, dalla Venezia Giulia e dalle ex colonie italiane), unitamente agli altri luoghi della memoria di cui pure si è parlato durante la rassegna (Villa Serena, gli ospedali militari, il campo di prigionia della prima guerra mondiale a Casale e le basi missilistiche Jupiter a testata nucleare del periodo della Guerra Fredda) possano essere finalmente conosciuti dalla cittadinanza locale ma anche da tutti i cittadini del mondo che vorranno approfondirne la storia. Rafforzando, in definitiva, l'idea di comunità internazionale di patrimonio che già si è sviluppata in questi ultimi anni grazie al lavoro dell'associazione. Quest'ultima, infatti, oltre a condurre ricerche in diversi archivi, è riuscita a stabilire collaborazioni e contatti con i discendenti dei prigionieri sparsi in tutto il mondo e con altre Case della memoria e Fondazioni dedicate a campi di prigionia esistenti nel nostro Paese.