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Scuola e Lavoro

Precariato e riforma scolastica, lettera aperta ai docenti

Invito alla solidarietà. "L'impoverimento maggiore è avvenuto in noi"

È giunta recentemente in redazione una lettera aperta scritta da alcuni docenti dell'IISS "Nervi- Galilei" di Altamura e che fanno parte del comitato "Povera scuola in un povero stato". Il messaggio, per i suoi contenuti, che trascendono un ambito prettamente scolastico, è di tale portata da essere estendibile non solo a tutti i docenti italiani, ma anche, e soprattutto, a tutte le coscienze italiane.

«L'altro giorno, una ex collega, (precaria da più di 10 anni, anche molto brava per come la ricordo), è venuta a chiedere informazioni della sua classe di concorso al Dirigente scolastico, che le ha dovuto dire che le ore ci sono ma ha anche una valanga di domande di interni da soddisfare. La collega mi parlava, coprendosi il viso con un occhiale da sole per nascondere la sua "commozione"». Questo breve aneddoto fa parte della premessa scritta da Lucia Perrone, docente dell'IISS "Nervi- Galilei", «un piccolo atto doveroso, in questo momento così delicato della scuola», e aggiunge «Tengo a precisare che l'azione non tende ad agevolare questa collega; è in graduatoria e non è detto che le ore tocchino a lei. Questo per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti. È chiaro anche che o la rinuncia è di tutti, o può capitare che da qualche rinuncia può approfittare qualcuno furbo, che attualmente non ha neanche diritto. Suggerite allora come fare. Non chiedeteci però di farci i fatti nostri. Nella nostra scuola si può firmare la lettera nei due plessi. Ho inviato anche ad altri colleghi che possano utilizzarla nella propria scuola».

Dunque la situazione è questa: ci sono delle ore disponibili per i precari, ma le domande dei docenti interni hanno la precedenza. «Nella nostra scuola», scrive la docente, «la lettera l'hanno firmata in molti, ma esistono ancora docenti di ruolo che, accampando vari pretesti, stanno prendendo ore in più delle 18 per cattedra». È a questo proposito che nella lettera dei docenti dell'IISS "Nervi- Galilei" si parla di un impoverimento della scuola non solo su un piano materiale, ma anche umano, di una mancanza di solidarietà: «un paese che impoverisce la scuola impoverisce se stesso e impoverisce ogni singolo cittadino. È sotto gli occhi di tutti il massacro della scuola pubblica consumato nell'ultimo decennio e portato a compimento con il progetto di tagliare 140.000 posti di lavoro in tre anni e con l'espulsione massiccia dei precari frutto della pseudo riforma Gelmini-Tremonti […]. Si potrebbe fare un elenco di tutte le conseguenze dell'impoverimento della scuola e cioè: cattedre in meno, classi con più di 25 alunni, ore di insegnamento diminuite, ore di sostegno cancellate, un dirigente su 5 "dirige" due scuole, docenti di ruolo costretti a completare cattedre con abbinamenti impossibili, risorse per il funzionamento quasi azzerate, strutture sempre più insicure, personale ATA in diminuzione, tempo scuola in generale ridotto».

«Ma non è questo ciò che vogliamo denunciare con questa lettera aperta», si legge, «di fronte a questo disastro, conseguenza di scelte politiche scellerate, vi è un altro impoverimento su cui vorremmo riflettere e che ci appare ancora più grave perché più irreversibile. L'impoverimento maggiore è avvenuto in noi. Si, è dentro di noi! È un impoverimento che ci porta a non considerarci più un collegio di docenti; che ci impedisce di vedere il problema nella sua globalità; che ci porta a reagire in maniera smisurata solo quando ci schiacciano il ditino del nostro piede; che, come mai abbiamo fatto prima, ci porta ad invocare il sindacato per risolvere il nostro personale problema. E così anche il sindacato si impoverisce perché è ormai costretto a svolgere sempre di più assistenza individuale e non adeguatamente sostenuto quando svolge azioni di lotte collettive. L'impoverimento insomma si traduce in mancanza di solidarietà».

«Quindi succede che nella scuola, docenti più garantiti, perché hanno conservato il posto di lavoro, non solidarizzano con docenti più sfortunati, ma addirittura esasperano le loro sofferenze offrendosi di aumentare il proprio orario cattedra, da 18 a 24 (massimo consentito nelle superiori) attingendo a residui di orari di cattedra, sottraendo così ore che sarebbero in alternativa assegnate a perdenti posto o precari», continua la lettera, che tuttavia non intende demonizzare del tutto i docenti di ruolo: «a nulla servono le sollecitazioni alla solidarietà. Ognuno oppone proprie motivazioni rivendicando il bisogno, anche legittimo, di aumentare il proprio stipendio. Noi crediamo invece che in una società civile, in questo momento di grandi difficoltà economiche ed occupazionali, sia necessario un piccolo atto di solidarietà».

La lettera, firmata da circa quaranta docenti, dunque, è soprattutto un invito alla solidarietà: «Auspichiamo che tutto il personale della scuola, di ruolo o con contratto a tempo determinato, rifiuti di assumere contratti eccedenti l'orario di lavoro previsto dal CCNL 2006-2009 (18 per le scuole e gli istituti di scuola secondaria e artistica secondo il comma 5 dell'art. 28 del CCNL; 36 ore per il personale ATA, secondo il comma 1 dell'art. 51 del CCNL). In questo modo perdenti posto e precari, almeno alcuni di loro, rimasti disoccupati a causa dei tagli, potrebbero lavorare e recuperare almeno il punteggio nelle rispettive graduatorie. È bene ricordare che non vige alcun obbligo di accettazione di ore eccedenti e che i lavoratori che abbiano già accettato tali ore possono ritirare le loro disponibilità ad effettuarle […] Ricordiamo che, nella nostra scuola, un analogo documento proposto da un gruppo di docenti nel 2000, che invitava i colleghi a non prendere più di 18 ore, fu sottoscritto da quasi tutti i docenti, che quindi non chiesero né accettarono ore aggiuntive al proprio orario. Invitiamo i docenti a non dimenticare, soprattutto quelli che magari da quelle determinazioni hanno tratto vantaggio, e ci auguriamo che in molti siano consequenziali. Consideriamo infine che anche i nostri figli sono in difficoltà per il lavoro o lo saranno nel prossimo futuro, allora, mettiamola così, facciamolo anche per loro! Per piacere però non liquidate tutto dandoci dei moralisti!»

I docenti dell'IISS "Nervi- Galilei" hanno inviato questa lettera anche al sindacato FLC GIL Bari, che ha diramato un comunicato in tutte le scuole, contenente un esplicito invito ai docenti a rifiutare le ore eccedenti, «al fine», si legge, «di dare un'ulteriore possibilità ai colleghi precari che non lavorano; opporsi anche individualmente alla logica dei drastici tagli di organici; non prestarsi ad introdurre una sorta di cottimo in un lavoro di grande responsabilità e impegno; non rischiare di mettere in discussione l'orario d'obbligo definito dal contratto nazionale». «Se il tuo Dirigente Scolastico ti propone una cattedra con più di 18 ore», continua il comunicato, «ricorda che: […] se ti rendi disponibile per spezzoni fino al completamento massimo di 24 ore cattedra, stai togliendo opportunità di lavoro a chi non ha alcun incarico o ha solo supplenze di poche ore; se ti rendi disponibile per spezzoni oltre le 18 ore, ti rendi complice della macelleria sociale a danno dei precari. Gentile collega, la FLC CGIL Bari ti invita a considerare che solo con un nuovo patto di solidarietà tra tutti i lavoratori, a tempo determinato e indeterminato, della scuola si potrà resistere al massacro del sistema pubblico dell'istruzione e al progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro di docenti e personale ATA. Uniti diciamo no a cattedre di 24 ore! Il sogno di una persona sola rimane un sogno...quello di tante persone insieme è la realtà che comincia».
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