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Cronaca
Operazione Revenge: revocato l'obbligo di dimora a carico dell'altamurano Siani
Lo stabilisce il tribunale del Riesame di Bari
Altamura - mercoledì 19 marzo 2014
17.05
Revocato l'obbligo di dimora a carico dell'avvocato altamurano Vincenzo Siani per assenza di presupposti di legge. È quanto ha stabilito il Tribunale del Riesame di Bari. A comunicarlo è lo stesso Siani in una nota.
Lo scorso 21 febbraio, i militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti: Fortunato Cosimo, Matinelli Michele Giuliano, Fortunato Angelo, Lafirenze Giuseppe, i fratelli, Castoro Salvatore, Castoro Francesco e Castoro Raffaele.Destinatario dell'obbligo di dimora era risultato invece, l'avv. Siani Vincenzo Massimo, di anni 56, di Altamura. Tutti accusati, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata.
I fatti. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, prendevano le mosse da una denuncia sporta da un imprenditore edile vittima di episodi di usura ed estorsione. L'attività investigativa consentiva di fornire pieno riscontro alle dichiarazioni rese dalla vittima degli episodi estorsivi e usurari, facendo emergere un contesto di grave difficoltà economica in cui versava l'imprenditore, tale da doversi rivolgere, per ottenere liquidità, a Lafirenze Giuseppe ed ai fratelli Castoro. In tale contesto la vittima riceveva, in varie soluzioni, 210.000,00 euro in contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280.000,00 euro a titolo di soli interessi, con l'applicazione di un tasso che sfiorava il 150% su base annua. Gravissimi messaggi intimidatori venivano rivolti alla vittima ed ai suoi familiari, anche per il tramite di dipendenti dell'impresa edile, allorquando l'imprenditore si trovava in difficoltà nell'onorare le scadenze imposte dagli aguzzini. Al fine di fronteggiare le incalzanti richieste di rimborso dei debiti contratti e nel vano tentativo di uscire dalla spirale dell'usura, la vittima si vedeva costretta a cedere diverse autovetture di proprietà. Non solo, i fratelli Castoro ed il Lafirenze si ingerivano nella gestione economica dell'azienda sostituendosi nell'incasso dei crediti vantati dall'imprenditore usurato nei confronti dei propri clienti.
A causa dell'impossibilità di adempiere alle obbligazioni imposte dai propri aguzzini, la vittima ricorreva ad altri usurai ed in particolare al noto Fortunato Cosimo, storico luogotenente di Savino Parisi, a lui presentato dal nipote Fortunato Angelo. La vittima trovandosi ormai sull'orlo del baratro, al fine di ottenere dal proprio aguzzino le somme in prestito, lo omaggiava di bottiglie di champagne e di liquori pregiati per un valore di oltre 2.000,00 euro. Il Fortunato, collaborato dal fido genero Matinelli, si determinava quindi nel concedere una prima tranche di prestito pari a circa 200.000,00 euro. La vittima riceveva dal Fortunato somme per complessivi 350.000,00 euro a fronte delle quali si impegnava a restituirne quasi 400.000,00 euro di soli interessi, con un tasso applicato che raggiungeva in taluni casi oltre il 500% su base annua. L'imprenditore stretto nella morsa degli usurai stava infine per cedere ai propri aguzzini un cantiere edile in Toritto (BA) dove sarebbe sorta uno stabile residenziale.
Ed è proprio tale fase che vedeva il coinvolgimento dell'avvocato Siani adoperatosi nella predisposizione degli atti concernenti la cessione del detto cantiere edile. Presso il suo studio legale, l'imprenditore veniva inoltre fatto oggetto di un aggressione fisica e verbale da parte di uno dei soggetti vicini al Fortunato Cosimo per non aver assecondato le richieste avanzate dai propri aguzzini nelle trattative propedeutiche alla vendita del cantiere. Al fine di assicurare un'efficace azione di aggressione ai sodalizi criminali, parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, gli investigatori del G.I.C.O. del Nucleo pt Bari unitamente ad appartenenti al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O.) attuavano complesse indagini patrimoniali volte alla sottrazione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla consorteria criminale.
Lo scorso 21 febbraio, i militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti: Fortunato Cosimo, Matinelli Michele Giuliano, Fortunato Angelo, Lafirenze Giuseppe, i fratelli, Castoro Salvatore, Castoro Francesco e Castoro Raffaele.Destinatario dell'obbligo di dimora era risultato invece, l'avv. Siani Vincenzo Massimo, di anni 56, di Altamura. Tutti accusati, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata.
I fatti. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, prendevano le mosse da una denuncia sporta da un imprenditore edile vittima di episodi di usura ed estorsione. L'attività investigativa consentiva di fornire pieno riscontro alle dichiarazioni rese dalla vittima degli episodi estorsivi e usurari, facendo emergere un contesto di grave difficoltà economica in cui versava l'imprenditore, tale da doversi rivolgere, per ottenere liquidità, a Lafirenze Giuseppe ed ai fratelli Castoro. In tale contesto la vittima riceveva, in varie soluzioni, 210.000,00 euro in contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280.000,00 euro a titolo di soli interessi, con l'applicazione di un tasso che sfiorava il 150% su base annua. Gravissimi messaggi intimidatori venivano rivolti alla vittima ed ai suoi familiari, anche per il tramite di dipendenti dell'impresa edile, allorquando l'imprenditore si trovava in difficoltà nell'onorare le scadenze imposte dagli aguzzini. Al fine di fronteggiare le incalzanti richieste di rimborso dei debiti contratti e nel vano tentativo di uscire dalla spirale dell'usura, la vittima si vedeva costretta a cedere diverse autovetture di proprietà. Non solo, i fratelli Castoro ed il Lafirenze si ingerivano nella gestione economica dell'azienda sostituendosi nell'incasso dei crediti vantati dall'imprenditore usurato nei confronti dei propri clienti.
A causa dell'impossibilità di adempiere alle obbligazioni imposte dai propri aguzzini, la vittima ricorreva ad altri usurai ed in particolare al noto Fortunato Cosimo, storico luogotenente di Savino Parisi, a lui presentato dal nipote Fortunato Angelo. La vittima trovandosi ormai sull'orlo del baratro, al fine di ottenere dal proprio aguzzino le somme in prestito, lo omaggiava di bottiglie di champagne e di liquori pregiati per un valore di oltre 2.000,00 euro. Il Fortunato, collaborato dal fido genero Matinelli, si determinava quindi nel concedere una prima tranche di prestito pari a circa 200.000,00 euro. La vittima riceveva dal Fortunato somme per complessivi 350.000,00 euro a fronte delle quali si impegnava a restituirne quasi 400.000,00 euro di soli interessi, con un tasso applicato che raggiungeva in taluni casi oltre il 500% su base annua. L'imprenditore stretto nella morsa degli usurai stava infine per cedere ai propri aguzzini un cantiere edile in Toritto (BA) dove sarebbe sorta uno stabile residenziale.
Ed è proprio tale fase che vedeva il coinvolgimento dell'avvocato Siani adoperatosi nella predisposizione degli atti concernenti la cessione del detto cantiere edile. Presso il suo studio legale, l'imprenditore veniva inoltre fatto oggetto di un aggressione fisica e verbale da parte di uno dei soggetti vicini al Fortunato Cosimo per non aver assecondato le richieste avanzate dai propri aguzzini nelle trattative propedeutiche alla vendita del cantiere. Al fine di assicurare un'efficace azione di aggressione ai sodalizi criminali, parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, gli investigatori del G.I.C.O. del Nucleo pt Bari unitamente ad appartenenti al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O.) attuavano complesse indagini patrimoniali volte alla sottrazione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla consorteria criminale.