Cronaca
Omicidio Dambrosio, arrestato 24enne incensurato
L'accusa è di aver custodito e portato in luogo pubblico le armi utilizzate per il delitto. Gli investigatori rimettono insieme i pezzi del "puzzle"
Altamura - giovedì 9 giugno 2011
14.33
Come anticipato in un precedente articolo, è stato arrestato questa mattina il 24enne Francesco Maino, incensurato di Altamura, per concorso in omicidio volontario di Bartolomeo Dambrosio, ucciso il 6 settembre scorso in un agguato nei pressi del Pulo, in piena Murgia barese. L'accusa è di aver custodito e portato in luogo pubblico le armi utilizzate per il delitto, con l'aggravante di aver agito al fine di agevolare l'associazione mafiosa accusata dell'omicidio, ovvero il clan Loiudice. L'arresto, il sesto nell'ambito del caso, è stato eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Bari su ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo.
L'arresto di Francesco Maino costituisce, per gli investigatori, un altro importante tassello per chiudere il cerchio intorno a quello che gli stessi definiscono uno «dei commando più feroci che abbia mai agito nel Barese, del quale Maino faceva sicuramente parte». Ne sono convinti gli inquirenti «che - si specifica in una nota - in questi mesi hanno, non senza poche difficoltà a causa della cortina di omertà alzata, ricostruito pezzo per pezzo il puzzle dell'omicidio mafioso del boss di Altamura».
Ad incastrare Maino, le dichiarazioni di un pentito considerato attendibile e numerose intercettazioni, oltre all'attività investigativa. Una spedizione punitiva, eseguita con metodo mafioso, «formata - secondo gli inquirenti - dalle nuove leve della criminalità altamurana, poco più che ventenni». Oltre a Maino, infatti, ne facevano parte i fratelli Michele e Alberto Loiudice e Francesco Palmieri, arrestati nei mesi scorsi.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, la mattina del 6 settembre 2010 il commando si appostò sulla Murgia barese e attese che Dambrosio compisse il "giro di boa" del suo quotidiano allenamento (20 chilometri di corsa). Il boss si rese immediatamente conto che quel gruppo di giovani lo stava aspettando per eseguire una sentenza di morte emessa dal suo rivale, il boss Giovanni Loiudice. Il tentativo di fuga non servì a portarlo lontano. Dopo pochi metri, Dambrosio, raggiunto in diverse parti del corpo da oltre 30 colpi sparati da un fucile a pompa e da una pistola mitragliatrice modello Skorpion, si accasciò al suolo. A quel punto i killer, per suggellare "l'omicidio di mafia", gli spararono anche un colpo alla testa.
«Un omicidio - sottolineano gli inquirenti - maturato all'interno della guerra di mala fra i due clan rivali, Dambrosio e Loiudice, che, nel corso degli anni, si sono contesi il controllo delle attività illecite di Altamura e della Murgia».
Bartolomeo Dambrosio e Giovanni Loiudice, quest'ultimo padre di Michele e Alberto, inizialmente alleati, erano gradualmente diventati rivali, fino a quando il grande potere raggiunto dal boss ucciso aveva "costretto" l'altro boss a lasciare Altamura. Loiudice fu coinvolto anche in un agguato. I proiettili lo raggiunsero ad una spalla. Rimase ferito, ma non in pericolo di vita.
Nel 2003 Giovanni Loiudice si rifugiò in Sud America, meditando per anni il ritorno, anche perché non sopportava, secondo gli investigatori, che il suo rivale si fosse "impossessato del territorio" (così come risulta da un'intercettazione ambientale disposta durante l'inchiesta). Va ricercato qui il movente dell'omicidio di Dambrosio, ordinato da Giovanni Loiudice, tornato nella sua città poco prima del delitto e poi scomparso dopo averlo ordinato. I Carabinieri lo hanno trovato e arrestato, in seguito ad una breve latitanza, alla vigilia dello scorso Natale, in un appartamento nel centro di Altamura, nei pressi di piazza Aldo Moro.
Secondo la Procura Antimafia di Bari, Giovanni Loiudice aveva ordinato ai suoi due figli e ad altri giovani del clan l'omicidio del rivale. Le indagini condotte dai Carabinieri portarono, pochi giorni dopo il delitto, il 20 settembre, all'arresto dei primi due esponendi del commando, Michele Loiudice, 25 anni, e Francesco Palmieri, 21, accusati di omicidio volontario premeditato in concorso con ignoti. I militari fecero irruzione in un bed&breakfast di Taviano, nel Salento, dove il commando si era nascosto. E' probabile che, in quell'occasione, con loro ci fossero anche Alberto Loiudice, 20 anni, e Francesco Maino, ma, assenti al momento dell'irruzione, riuscirono a fuggire. I militari, coordinati dalla Dda, arrestarono Alberto Loiudice il 17 novembre dello scorso anno insieme a Rocco Ciccimarra, 21 anni. Infine, il 24 dicembre scorso, l'arresto del mandante dell'omicidio Giovanni Loiudice.
Qui tutto lo Speciale sul caso. L'immagine è di Luca Turi.
L'arresto di Francesco Maino costituisce, per gli investigatori, un altro importante tassello per chiudere il cerchio intorno a quello che gli stessi definiscono uno «dei commando più feroci che abbia mai agito nel Barese, del quale Maino faceva sicuramente parte». Ne sono convinti gli inquirenti «che - si specifica in una nota - in questi mesi hanno, non senza poche difficoltà a causa della cortina di omertà alzata, ricostruito pezzo per pezzo il puzzle dell'omicidio mafioso del boss di Altamura».
Ad incastrare Maino, le dichiarazioni di un pentito considerato attendibile e numerose intercettazioni, oltre all'attività investigativa. Una spedizione punitiva, eseguita con metodo mafioso, «formata - secondo gli inquirenti - dalle nuove leve della criminalità altamurana, poco più che ventenni». Oltre a Maino, infatti, ne facevano parte i fratelli Michele e Alberto Loiudice e Francesco Palmieri, arrestati nei mesi scorsi.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, la mattina del 6 settembre 2010 il commando si appostò sulla Murgia barese e attese che Dambrosio compisse il "giro di boa" del suo quotidiano allenamento (20 chilometri di corsa). Il boss si rese immediatamente conto che quel gruppo di giovani lo stava aspettando per eseguire una sentenza di morte emessa dal suo rivale, il boss Giovanni Loiudice. Il tentativo di fuga non servì a portarlo lontano. Dopo pochi metri, Dambrosio, raggiunto in diverse parti del corpo da oltre 30 colpi sparati da un fucile a pompa e da una pistola mitragliatrice modello Skorpion, si accasciò al suolo. A quel punto i killer, per suggellare "l'omicidio di mafia", gli spararono anche un colpo alla testa.
«Un omicidio - sottolineano gli inquirenti - maturato all'interno della guerra di mala fra i due clan rivali, Dambrosio e Loiudice, che, nel corso degli anni, si sono contesi il controllo delle attività illecite di Altamura e della Murgia».
Bartolomeo Dambrosio e Giovanni Loiudice, quest'ultimo padre di Michele e Alberto, inizialmente alleati, erano gradualmente diventati rivali, fino a quando il grande potere raggiunto dal boss ucciso aveva "costretto" l'altro boss a lasciare Altamura. Loiudice fu coinvolto anche in un agguato. I proiettili lo raggiunsero ad una spalla. Rimase ferito, ma non in pericolo di vita.
Nel 2003 Giovanni Loiudice si rifugiò in Sud America, meditando per anni il ritorno, anche perché non sopportava, secondo gli investigatori, che il suo rivale si fosse "impossessato del territorio" (così come risulta da un'intercettazione ambientale disposta durante l'inchiesta). Va ricercato qui il movente dell'omicidio di Dambrosio, ordinato da Giovanni Loiudice, tornato nella sua città poco prima del delitto e poi scomparso dopo averlo ordinato. I Carabinieri lo hanno trovato e arrestato, in seguito ad una breve latitanza, alla vigilia dello scorso Natale, in un appartamento nel centro di Altamura, nei pressi di piazza Aldo Moro.
Secondo la Procura Antimafia di Bari, Giovanni Loiudice aveva ordinato ai suoi due figli e ad altri giovani del clan l'omicidio del rivale. Le indagini condotte dai Carabinieri portarono, pochi giorni dopo il delitto, il 20 settembre, all'arresto dei primi due esponendi del commando, Michele Loiudice, 25 anni, e Francesco Palmieri, 21, accusati di omicidio volontario premeditato in concorso con ignoti. I militari fecero irruzione in un bed&breakfast di Taviano, nel Salento, dove il commando si era nascosto. E' probabile che, in quell'occasione, con loro ci fossero anche Alberto Loiudice, 20 anni, e Francesco Maino, ma, assenti al momento dell'irruzione, riuscirono a fuggire. I militari, coordinati dalla Dda, arrestarono Alberto Loiudice il 17 novembre dello scorso anno insieme a Rocco Ciccimarra, 21 anni. Infine, il 24 dicembre scorso, l'arresto del mandante dell'omicidio Giovanni Loiudice.
Qui tutto lo Speciale sul caso. L'immagine è di Luca Turi.