Eventi e cultura
"La trattativa": il cinema racconta gli accordi tra Stato e mafia
Sabina Guzzanti presenta il suo film ad Altamura
Altamura - martedì 10 febbraio 2015
13.15
Gli inconfessabili accordi tra Stato e mafia, un patto scellerato e sanguinoso su cui si fonda la storia recente d'Italia.
.Questa la trama del discusso film documentario diretto da Sabina Guzzanti, proiettato ieri al cinema "Grande" nel corso dell'evento organizzato dal Meet-Up del Movimento 5 Stelle di Altamura, con ospite d'eccezione la stessa regista e attrice.
Una produzione controversa e ostacolata, quella dell'artista romana, durata ben quattro anni a causa del mancato riconoscimento di interesse culturale da parte dello Stato e per le vicissitudini legate al suo finanziamento, oltre che per le feroci polemiche politiche. Il film, proiettato in anteprima, fuori concorso, alla 71ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il 3 settembre 2014, ripercorre, sulla scorta delle indagini più recenti di coraggiosi magistrati come Nino Di Matteo, alcuni episodi cruciali della storia italiana dagli anni novanta in poi, oggetto del processo sulla trattativa stato-mafia.
Tra mafiosi, massoni, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, politici, si dipana una trama fatta di eventi tragicamente palesi, come le stragi di Capaci e via D'Amelio, clamorosi depistaggi, e accordi occulti tra poteri in teoria avversari ma nella pratica troppo spesso conniventi, perché, come diceva il giudice Borsellino, "Lo Stato e la mafia sono due poteri che occupano lo stesso territorio, o si fanno la guerra, o si mettono d accordo".
Tanti gli interrogativi che emergono dal film. Quali pezzi dello Stato vollero la trattativa con Cosa Nostra, dopo che la caduta del Muro di Berlino e Tangentopoli avevano spazzato via un'intera classe politica? Quali concessioni promisero in cambio della cessazione delle stragi? Chi assassinò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Il tutto con una puntuale ricostruzione della ragnatela di rapporti tra mafia, politica, imprenditoria, forze dell'ordine. "Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo", con le parole della stessa Guzzanti, che cita Gian Maria Volontà in Petri, e che appare nel film nei panni di Silvio Berlusconi, dando un tocco di umorismo, non l'unico nell'originale impostazione teatrale del racconto, in un'opera dove però c'è più da riflettere che da ridere.
È un film che parla di una questione storica cruciale per l'Italia", spiega la Guzzanti nel dibattito finale, "il patto stato-mafia è l'atto fondativo della Seconda Repubblica che ha condizionato il nostro presente politico". Da Licio Gelli a Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, passando Vito Ciancimino, il generale Mario Mori e tanti altri protagonisti delle vicende più importanti e misteriose degli anni '90, soprattutto quel drammatico 1992 così decisivo per i destini dell'Italia, la storia della trattativa è soprattutto il racconto di una speranza di cambiamento, quella nata sotto le macerie della Prima Repubblica e soffocata sotto le bombe e poi il silenzio della complicità delle più alte cariche dello Stato con la mafia, non ancora dimostrata nelle sedi giudiziarie, ma certamente contenuta nell'agenda rossa di Paolo Borsellino, fatta sparire dopo la strage.
Una speranza, come spiega Sabina Guzzanti in risposta ad alcune domande del pubblico, che non va abbandonata con il comodo e facile alibi "che tanto non cambia mai nulla": perché anche un film può smuovere le coscienze.
.Questa la trama del discusso film documentario diretto da Sabina Guzzanti, proiettato ieri al cinema "Grande" nel corso dell'evento organizzato dal Meet-Up del Movimento 5 Stelle di Altamura, con ospite d'eccezione la stessa regista e attrice.
Una produzione controversa e ostacolata, quella dell'artista romana, durata ben quattro anni a causa del mancato riconoscimento di interesse culturale da parte dello Stato e per le vicissitudini legate al suo finanziamento, oltre che per le feroci polemiche politiche. Il film, proiettato in anteprima, fuori concorso, alla 71ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il 3 settembre 2014, ripercorre, sulla scorta delle indagini più recenti di coraggiosi magistrati come Nino Di Matteo, alcuni episodi cruciali della storia italiana dagli anni novanta in poi, oggetto del processo sulla trattativa stato-mafia.
Tra mafiosi, massoni, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, politici, si dipana una trama fatta di eventi tragicamente palesi, come le stragi di Capaci e via D'Amelio, clamorosi depistaggi, e accordi occulti tra poteri in teoria avversari ma nella pratica troppo spesso conniventi, perché, come diceva il giudice Borsellino, "Lo Stato e la mafia sono due poteri che occupano lo stesso territorio, o si fanno la guerra, o si mettono d accordo".
Tanti gli interrogativi che emergono dal film. Quali pezzi dello Stato vollero la trattativa con Cosa Nostra, dopo che la caduta del Muro di Berlino e Tangentopoli avevano spazzato via un'intera classe politica? Quali concessioni promisero in cambio della cessazione delle stragi? Chi assassinò Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Il tutto con una puntuale ricostruzione della ragnatela di rapporti tra mafia, politica, imprenditoria, forze dell'ordine. "Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo", con le parole della stessa Guzzanti, che cita Gian Maria Volontà in Petri, e che appare nel film nei panni di Silvio Berlusconi, dando un tocco di umorismo, non l'unico nell'originale impostazione teatrale del racconto, in un'opera dove però c'è più da riflettere che da ridere.
È un film che parla di una questione storica cruciale per l'Italia", spiega la Guzzanti nel dibattito finale, "il patto stato-mafia è l'atto fondativo della Seconda Repubblica che ha condizionato il nostro presente politico". Da Licio Gelli a Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, passando Vito Ciancimino, il generale Mario Mori e tanti altri protagonisti delle vicende più importanti e misteriose degli anni '90, soprattutto quel drammatico 1992 così decisivo per i destini dell'Italia, la storia della trattativa è soprattutto il racconto di una speranza di cambiamento, quella nata sotto le macerie della Prima Repubblica e soffocata sotto le bombe e poi il silenzio della complicità delle più alte cariche dello Stato con la mafia, non ancora dimostrata nelle sedi giudiziarie, ma certamente contenuta nell'agenda rossa di Paolo Borsellino, fatta sparire dopo la strage.
Una speranza, come spiega Sabina Guzzanti in risposta ad alcune domande del pubblico, che non va abbandonata con il comodo e facile alibi "che tanto non cambia mai nulla": perché anche un film può smuovere le coscienze.