Cronaca
La Dimora del barone restituita alla famiglia Sorangelo
La corte di appello annulla il lavoro della Procura di Bari
Altamura - martedì 8 marzo 2016
11.59
La Dimora del barone resta aperta al pubblico e tutti gli appuntamenti fissati nel calendario con molta probabilità saranno rispettati. Ciò che cambia è il referente della struttura: non più gli studenti dell'Istituto Majorana di Bari a cui due anni fa l'imponente resort è stato affidato, ma il primo proprietario.
Un ritorno al passato deciso dalla Corte d'appello di Bari che ha annullato la confisca di primo grado nei confronti di Saverio Sorangelo, assolto con sentenza passata in giudicato dall'accusa di traffico di droga, dopo 12 anni di processo e a 20 anni dai fatti contestati.
Il procedimento penale avviato nel 1997 dall'allora pm antimafia barese Leonardo Rinella, e nel quale fondamentali furino le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che diedero impulso alle indagini dei carabinieri, avrebbe ora perso di efficacia tanto che alle accuse mancano i riscontri motivo per cui il processo di primo grado si è concluso nel dicembre 2014, con 74 assoluzioni su 93 imputati.
Tra i 74 assolti figura proprio Saverio Sorangelo a cui la Corte di appello ha restituito tutti i beni sequestrati nel 2002 per un valore di 50 milioni di euro. Nello specifico, alla sua famiglia risultavano intestate e poi seqetsrte cinque aziende, tra le quali "La Dimora del barone", 92 fabbricati e terreni, quote societarie, 29 rapporti bancari, 6 auto di grossa cilindrata, una moto Harley Davidson.
Beni che secondo la Corte "sono stati acquistati in un periodo successivo ai fatti contestati nelle accuse a suo carico" e per questo gli sono stati restituiti poiché ritenuto "un soggetto non più pericoloso".
Il resort del valore di 20 milioni di euro fu confiscato nel gennaio 2014 e a giugno dello stesso anno affidato agli studenti del Majorana che, costituitisi in cooperativa l'hanno rimesso in sesto superando tutte le difficoltà del caso, prima fra tutte la diffidenza dei clienti e poi le difficoltà economiche legate ai costi di gestione e di funzionamento della spa. Nonostante tutto gli studenti non si sono mai fermati almeno sino al pronunciamento della Corte di Appello che ora li costringe a togliere grembiuli e cappelli e restituire tutto al proprietario.
Un ritorno al passato deciso dalla Corte d'appello di Bari che ha annullato la confisca di primo grado nei confronti di Saverio Sorangelo, assolto con sentenza passata in giudicato dall'accusa di traffico di droga, dopo 12 anni di processo e a 20 anni dai fatti contestati.
Il procedimento penale avviato nel 1997 dall'allora pm antimafia barese Leonardo Rinella, e nel quale fondamentali furino le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che diedero impulso alle indagini dei carabinieri, avrebbe ora perso di efficacia tanto che alle accuse mancano i riscontri motivo per cui il processo di primo grado si è concluso nel dicembre 2014, con 74 assoluzioni su 93 imputati.
Tra i 74 assolti figura proprio Saverio Sorangelo a cui la Corte di appello ha restituito tutti i beni sequestrati nel 2002 per un valore di 50 milioni di euro. Nello specifico, alla sua famiglia risultavano intestate e poi seqetsrte cinque aziende, tra le quali "La Dimora del barone", 92 fabbricati e terreni, quote societarie, 29 rapporti bancari, 6 auto di grossa cilindrata, una moto Harley Davidson.
Beni che secondo la Corte "sono stati acquistati in un periodo successivo ai fatti contestati nelle accuse a suo carico" e per questo gli sono stati restituiti poiché ritenuto "un soggetto non più pericoloso".
Il resort del valore di 20 milioni di euro fu confiscato nel gennaio 2014 e a giugno dello stesso anno affidato agli studenti del Majorana che, costituitisi in cooperativa l'hanno rimesso in sesto superando tutte le difficoltà del caso, prima fra tutte la diffidenza dei clienti e poi le difficoltà economiche legate ai costi di gestione e di funzionamento della spa. Nonostante tutto gli studenti non si sono mai fermati almeno sino al pronunciamento della Corte di Appello che ora li costringe a togliere grembiuli e cappelli e restituire tutto al proprietario.