Libri
Una storia d'amore che diventa caso editoriale
Intervista a Raffaello Mastrolonardo, autore di "Lettera a Léontine". «Altamura protagonista di alcune pagine del mio prossimo libro»
Altamura - lunedì 24 gennaio 2011
09.00
Raffaello Mastrolonardo, 49 anni ed un'infanzia trascorsa ad Altamura. Nel 2005 ha pubblicato la raccolta di poesie Emozioni. Poi è passato alla prosa, con il romanzo Lettera a Léontine (prima edizione, Besa Editrice 2008; prima edizione Narrativa Tea, maggio 2010). Da manager di banca a scrittore dell'Amore imperfetto. Un sentimento che rapisce per la sua intensità. La storia di Piergiorgio e Léontine è diventata un vero e proprio "caso editoriale", come testimoniano i continui apprezzamenti dei lettori. Raffaello Mastrolonardo si racconta in un'intervista.
Come è nata la prima pagina del tuo romanzo Lettera a Léontine? Da dove viene la storia che racconti? Che cosa ti ha portato a scriverla?
Può apparire strano, ma ho iniziato dalla fine, dall'Epilogo, a causa di una bella poesia che raccontava di un amore incompiuto, l'amore imperfetto. Ne è nato un racconto, divenuto poi un lungo racconto ed, infine, un romanzo intero. Cosa mi ha portato a scriverlo? Un bisogno spontaneo ed inaspettato dell'anima, una necessità di narrare e narrarsi che si vive forse solo dopo i quarant'anni.
Quanto tempo hai impiegato per scriverlo? A chi o a che cosa ti sei ispirato?
Poco più di cinque mesi per la prima stesura. Almeno un anno per la revisione. Scrivere di getto è bello ed entusiasmante, sprigioni una creatività inaspettata e a volte sorprendente. Il lavoro di revisione è invece faticoso e doloroso. Devi tagliare, modificare, correggere. Soffri terribilmente, ma è indispensabile. Scrivere è facile, facilissimo. Il difficile è cancellare.
Il romanzo si può ritenere in parte autobiografico? O meglio, ci sono elementi o esperienze che ti legano alla storia che racconti?
La storia d'amore fra Léontine e Piergiorgio è frutto di fantasia, pressoché tutto il resto è attinto dalla realtà. La trama è solo l'occasione per raccontare ben altro. Ricordi, luoghi, passioni, rimpianti, amori, delusioni, sogni ed illusioni sui quali, ad un certo punto della tua vita, rifletti e che credo facciano la differenza, rendendo una storia, di per sé assai comune, un bel romanzo.
Chi sono Léontine e Piergiorgio nella realtà?
Sono frutto di fantasia e non lo sono. In ognuno di noi c'è qualcosa di Piergiorgio e di Léontine. È questo che fa scattare l'immedesimazione del lettore nella storia di cui si finisce per sentirsi non spettatori, ma protagonisti. La curiosità è che le donne si riconoscono prevalentemente in Piergiorgio e gli uomini, invece, in Léontine e nella sua incapacità di riconoscere e vivere l'amore vero.
Solitamente le storie d'amore raccontate nei libri si concludono con un lieto fine. Nel romanzo si parla di un amore rimasto, in un certo senso, "senza amore", di un amore che non ha avuto la possibilità di completarsi. I due personaggi si cercano, si incontrano, ma si sfuggono, non possono guardare negli occhi il sentimento che provano.
Infatti desideravo proprio raccontare l'amore "imperfetto", l'amore che non si compie, che non si consuma nella quotidianità, che resta invece sospeso e sempre risplende della sua massima bellezza ed intensità. L'amore che produce dubbi e ripensamenti, slanci subitanei e fughe improvvise in una dinamica che solo la morte interrompe. Eros e Thanatos, Amore e Morte, sono gli estremi di un pendolo nel cui oscillare, ci piaccia o no, è racchiusa tutta la nostra vita.
I luoghi descritti li hai realmente vissuti?
I luoghi sono i copratogonisti del romanzo. Esistono tutti, in ciascuno ho depositato un ricordo, un'emozione che meritava d'essere narrata. Siamo figli di una terra meravigliosa che va vissuta, amata, protetta. Una terra che tanti lettori in Italia stanno inaspettatamente scoprendo. Sono orgoglioso di vedere Léontine trasformarsi in una piccola ambasciatrice di Puglia.
Tu dedichi un intero capitolo ad Altamura. Che cosa ti lega a questa città? Qual è il ricordo che associ automaticamente ad Altamura?
Altamura è il luogo della mia infanzia, ad essa sono inscindibilmente avvinto dai ricordi, i più belli che un uomo possa avere, quelli dell'età dell'innocenza, dei sogni, dei giochi. Era un'Altamura molto diversa da quella di oggi, molto più "paese" e meno città. La casa dei miei nonni era su viale Regina Margherita, con un immenso giardino alle spalle, luogo delle nostre scorribande. Oggi sono solo palazzi. Ho imparato a scrivere alla scuola elementare Garibaldi grazie ad un maestro (credo si chiamasse Santacroce) che aveva una serie di bacchette d'ogni lunghezza per punirci. Ed al mattino, dopo la campanella, entrava il bidello con la cuccuma d'inchiostro a rabboccare i calamai. Ricordi ne ho centinaia, alcuni li ho voluti trasferire dal mio cuore alle mie pagine. È stato il mio atto d'amore. È un luogo che merita amore, mi dispiace essermene separato. È passato tanto tempo, ma quella Altamura è rimasta e sempre sarà nel mio cuore.
Ci torni qualche volta? Che cosa pensi di questa città?
Sì, vi torno sempre con piacere, ma anche con la rassegnata consapevolezza che non potrò ritrovarvi ciò che vi ho lasciato. Salvo il profumo che era ed è ancora nell'aria, l'odore della Murgia a primavera, inconfondibile, ineguagliabile. Altamura sarà ancora protagonista di alcune pagine del mio prossimo libro, ormai pronto.
Ti aspettavi questo successo?
Onestamente no. Sapevo d'aver scritto un gran bel romanzo, ma non mi sono fatto mai illusioni sul mondo dell'editoria. Invece ho scoperto che i lettori, i veri protagonisti di questo successo, hanno una capacità selettiva e comunicativa incredibile. Uno spontaneo ed incessante passaparola ha trasformato un anonimo romanzo di provincia in un caso letterario.
Ti faccio un'ultima domanda. Nel tuo romanzo si parla di una storia d'amore. Che cos'è l'Amore per Raffaello Mastrolonardo?
È la chiave d'interpretazione della vita. Ci piaccia o no, lo si accetta o meno, l'Amore - nelle molteplici forme in cui si manifesta - condiziona tutte le nostre esistenze. E Léontine è un romanzo non sull'amore, ma sui tanti amori che possono attraversare la vita d'un uomo, rendendola così degna d'essere vissuta.
Come è nata la prima pagina del tuo romanzo Lettera a Léontine? Da dove viene la storia che racconti? Che cosa ti ha portato a scriverla?
Può apparire strano, ma ho iniziato dalla fine, dall'Epilogo, a causa di una bella poesia che raccontava di un amore incompiuto, l'amore imperfetto. Ne è nato un racconto, divenuto poi un lungo racconto ed, infine, un romanzo intero. Cosa mi ha portato a scriverlo? Un bisogno spontaneo ed inaspettato dell'anima, una necessità di narrare e narrarsi che si vive forse solo dopo i quarant'anni.
Quanto tempo hai impiegato per scriverlo? A chi o a che cosa ti sei ispirato?
Poco più di cinque mesi per la prima stesura. Almeno un anno per la revisione. Scrivere di getto è bello ed entusiasmante, sprigioni una creatività inaspettata e a volte sorprendente. Il lavoro di revisione è invece faticoso e doloroso. Devi tagliare, modificare, correggere. Soffri terribilmente, ma è indispensabile. Scrivere è facile, facilissimo. Il difficile è cancellare.
Il romanzo si può ritenere in parte autobiografico? O meglio, ci sono elementi o esperienze che ti legano alla storia che racconti?
La storia d'amore fra Léontine e Piergiorgio è frutto di fantasia, pressoché tutto il resto è attinto dalla realtà. La trama è solo l'occasione per raccontare ben altro. Ricordi, luoghi, passioni, rimpianti, amori, delusioni, sogni ed illusioni sui quali, ad un certo punto della tua vita, rifletti e che credo facciano la differenza, rendendo una storia, di per sé assai comune, un bel romanzo.
Chi sono Léontine e Piergiorgio nella realtà?
Sono frutto di fantasia e non lo sono. In ognuno di noi c'è qualcosa di Piergiorgio e di Léontine. È questo che fa scattare l'immedesimazione del lettore nella storia di cui si finisce per sentirsi non spettatori, ma protagonisti. La curiosità è che le donne si riconoscono prevalentemente in Piergiorgio e gli uomini, invece, in Léontine e nella sua incapacità di riconoscere e vivere l'amore vero.
Solitamente le storie d'amore raccontate nei libri si concludono con un lieto fine. Nel romanzo si parla di un amore rimasto, in un certo senso, "senza amore", di un amore che non ha avuto la possibilità di completarsi. I due personaggi si cercano, si incontrano, ma si sfuggono, non possono guardare negli occhi il sentimento che provano.
Infatti desideravo proprio raccontare l'amore "imperfetto", l'amore che non si compie, che non si consuma nella quotidianità, che resta invece sospeso e sempre risplende della sua massima bellezza ed intensità. L'amore che produce dubbi e ripensamenti, slanci subitanei e fughe improvvise in una dinamica che solo la morte interrompe. Eros e Thanatos, Amore e Morte, sono gli estremi di un pendolo nel cui oscillare, ci piaccia o no, è racchiusa tutta la nostra vita.
I luoghi descritti li hai realmente vissuti?
I luoghi sono i copratogonisti del romanzo. Esistono tutti, in ciascuno ho depositato un ricordo, un'emozione che meritava d'essere narrata. Siamo figli di una terra meravigliosa che va vissuta, amata, protetta. Una terra che tanti lettori in Italia stanno inaspettatamente scoprendo. Sono orgoglioso di vedere Léontine trasformarsi in una piccola ambasciatrice di Puglia.
Tu dedichi un intero capitolo ad Altamura. Che cosa ti lega a questa città? Qual è il ricordo che associ automaticamente ad Altamura?
Altamura è il luogo della mia infanzia, ad essa sono inscindibilmente avvinto dai ricordi, i più belli che un uomo possa avere, quelli dell'età dell'innocenza, dei sogni, dei giochi. Era un'Altamura molto diversa da quella di oggi, molto più "paese" e meno città. La casa dei miei nonni era su viale Regina Margherita, con un immenso giardino alle spalle, luogo delle nostre scorribande. Oggi sono solo palazzi. Ho imparato a scrivere alla scuola elementare Garibaldi grazie ad un maestro (credo si chiamasse Santacroce) che aveva una serie di bacchette d'ogni lunghezza per punirci. Ed al mattino, dopo la campanella, entrava il bidello con la cuccuma d'inchiostro a rabboccare i calamai. Ricordi ne ho centinaia, alcuni li ho voluti trasferire dal mio cuore alle mie pagine. È stato il mio atto d'amore. È un luogo che merita amore, mi dispiace essermene separato. È passato tanto tempo, ma quella Altamura è rimasta e sempre sarà nel mio cuore.
Ci torni qualche volta? Che cosa pensi di questa città?
Sì, vi torno sempre con piacere, ma anche con la rassegnata consapevolezza che non potrò ritrovarvi ciò che vi ho lasciato. Salvo il profumo che era ed è ancora nell'aria, l'odore della Murgia a primavera, inconfondibile, ineguagliabile. Altamura sarà ancora protagonista di alcune pagine del mio prossimo libro, ormai pronto.
Ti aspettavi questo successo?
Onestamente no. Sapevo d'aver scritto un gran bel romanzo, ma non mi sono fatto mai illusioni sul mondo dell'editoria. Invece ho scoperto che i lettori, i veri protagonisti di questo successo, hanno una capacità selettiva e comunicativa incredibile. Uno spontaneo ed incessante passaparola ha trasformato un anonimo romanzo di provincia in un caso letterario.
Ti faccio un'ultima domanda. Nel tuo romanzo si parla di una storia d'amore. Che cos'è l'Amore per Raffaello Mastrolonardo?
È la chiave d'interpretazione della vita. Ci piaccia o no, lo si accetta o meno, l'Amore - nelle molteplici forme in cui si manifesta - condiziona tutte le nostre esistenze. E Léontine è un romanzo non sull'amore, ma sui tanti amori che possono attraversare la vita d'un uomo, rendendola così degna d'essere vissuta.