La città
Ferragosto in carcere
Visita al penitenziario di Altamura. Dinamiche del microcosmo carcerario
Altamura - martedì 17 agosto 2010
19.00
Aderendo all'iniziativa di sensibilizzazione sulle condizioni delle carceri italiane "Ferragosto in carcere", promossa dai Radicali e sostenuta da rappresentanti di ogni schieramento - che ha visto per tre giorni, dal 13 al 15 agosto, 250 tra europarlamentari, parlamentari e consiglieri regionali visitare i 216 istituti penitenziari della Penisola - venerdì 13 agosto l'on. Pierfelice Zazzera, parlamentare e coordinatore regionale de L'Italia dei Valori, insieme a Biagio Elefante, iscritto alla sezione di Turi de L'Italia dei Valori, Giacinto Forte, coordinatore provinciale de L'Italia dei Valori, Pietro Ciccimarra, consigliere comunale di Altamura de Il Popolo della Libertà, si è recato in visita all'Istituto Penitenziario di Altamura.
Il quadro che è emerso è quello di una struttura tutto sommato ben funzionante rispetto ad altre - a detta degli stessi detenuti - pur nei limiti delle problematiche logistiche ed etiche che assillano le carceri italiane e di tutto il mondo: sovraffollamento, mancanza di fondi, difficoltà nell'attuazione di iniziative volte a reintegrare i detenuti in un contesto sociale e lavorativo, discriminazione razziale, una sorta di sistema latente di giustizia interna tra detenuti.
La struttura, sorta nel 1980, è predisposta per 50 utenti, ma ne ospita circa 90 - di cui 18 extracomunitari - quasi tutti reclusi a seguito di condanne per reati di violenza sessuale. Le celle, della grandezza di 10 metri quadri, fornite di bagno e fornellino a gas, dovrebbero ospitare solo una persona, ma in genere ne ospitano 2. I detenuti hanno a disposizione due ore d'aria al mattino, e altre due nel pomeriggio solo d'estate, da trascorrere in una sala interna se c'è cattivo tempo. Un giovane detenuto napoletano, che afferma di aver imparato a cucinare da sua madre, è il cuoco. Le pietanze sono apparse ai visitatori genuine ed appetitose.
La dott.ssa Caterina Acquafredda, direttrice della struttura, conosce alla perfezione gli utenti e gli agenti. Convinta che il disagio del recluso - e di riflesso di chi vi è addetto - possa essere superato solo col suo inserimento in attività che realizzino, per quanto possibile, i normali comportamenti della vita da libero, primo fra tutti quello lavorativo, fa in modo di aderire a tutti i progetti di socializzazione offerti dalla legislazione e dalle istituzioni, soprattutto se offrono possibilità di un avvio al lavoro. Tuttavia il sovraffollamento e la mancanza di finanziamenti per i progetti annualmente presentati, lasciano limitate possibilità di inserimento. In presenza di remore dall'esterno al reclutamento del detenuto, mancano piani pubblicistici con aiuto ai datori di lavoro o pubbliche iniziative di effettiva valenza produttiva grazie ai quali i detenuti possano utilizzare al meglio il periodo di detenzione, senza nulla perdere della loro socialità precedente, ma svolgendola ovviamente entro un canale che eviti situazioni e occasioni che hanno prodotto il reato.
Il personale penitenziario è composto da circa 70 agenti, ma tra turni, missioni ed assenze, difficilmente in struttura ce ne sono più di 15. Alcuni, stimolati dalla direzione, hanno fatto corsi infermieristici di primo intervento, essendo l'infermeria munita di medico solo 5-6 ore al giorno e dovendo per il resto del tempo rivolgersi al 118 per la valutazione degli eventuali ricoveri con necessaria custodia. Non notano, a parere di Biagio Elefante, «tracce di tensioni fra il personale, né fra personale e detenuti, né fra tutti e direttrice».
Grande dispendio di risorse umane e finanziarie è legato alle traduzioni di detenuti in occasione delle udienze, da accompagnare a volte anche al nord Italia in aereo; oppure di detenuti agli arresti domiciliari residenti anche lontano da Altamura, l'istituto ha infatti una vasta zona territoriale di competenza. La direttrice ha fatto notare quanto l'accompagnamento sia inutile in quest'ultimo caso trattandosi di persone che, volendo, potrebbero allontanarsi a piacimento senza aspettare l'occasione dell'udienza.
Gli agenti, a prescindere dal loro pensiero sui detenuti, soprattutto per quanto riguarda quelli accusati di violenza sessuale - che li ritengano individui aberranti o vittime di calunnie spesso legate a liti per i figli o per il denaro - «sembrano», riferisce Biagio Elefante «in base ai loro comportamenti e affermazioni, aver introiettato l'atteggiamento della direttrice di pari considerazione e trattamento per tutti gli utenti reclusi».
Il quadro che è emerso è quello di una struttura tutto sommato ben funzionante rispetto ad altre - a detta degli stessi detenuti - pur nei limiti delle problematiche logistiche ed etiche che assillano le carceri italiane e di tutto il mondo: sovraffollamento, mancanza di fondi, difficoltà nell'attuazione di iniziative volte a reintegrare i detenuti in un contesto sociale e lavorativo, discriminazione razziale, una sorta di sistema latente di giustizia interna tra detenuti.
La struttura, sorta nel 1980, è predisposta per 50 utenti, ma ne ospita circa 90 - di cui 18 extracomunitari - quasi tutti reclusi a seguito di condanne per reati di violenza sessuale. Le celle, della grandezza di 10 metri quadri, fornite di bagno e fornellino a gas, dovrebbero ospitare solo una persona, ma in genere ne ospitano 2. I detenuti hanno a disposizione due ore d'aria al mattino, e altre due nel pomeriggio solo d'estate, da trascorrere in una sala interna se c'è cattivo tempo. Un giovane detenuto napoletano, che afferma di aver imparato a cucinare da sua madre, è il cuoco. Le pietanze sono apparse ai visitatori genuine ed appetitose.
La dott.ssa Caterina Acquafredda, direttrice della struttura, conosce alla perfezione gli utenti e gli agenti. Convinta che il disagio del recluso - e di riflesso di chi vi è addetto - possa essere superato solo col suo inserimento in attività che realizzino, per quanto possibile, i normali comportamenti della vita da libero, primo fra tutti quello lavorativo, fa in modo di aderire a tutti i progetti di socializzazione offerti dalla legislazione e dalle istituzioni, soprattutto se offrono possibilità di un avvio al lavoro. Tuttavia il sovraffollamento e la mancanza di finanziamenti per i progetti annualmente presentati, lasciano limitate possibilità di inserimento. In presenza di remore dall'esterno al reclutamento del detenuto, mancano piani pubblicistici con aiuto ai datori di lavoro o pubbliche iniziative di effettiva valenza produttiva grazie ai quali i detenuti possano utilizzare al meglio il periodo di detenzione, senza nulla perdere della loro socialità precedente, ma svolgendola ovviamente entro un canale che eviti situazioni e occasioni che hanno prodotto il reato.
Il personale penitenziario è composto da circa 70 agenti, ma tra turni, missioni ed assenze, difficilmente in struttura ce ne sono più di 15. Alcuni, stimolati dalla direzione, hanno fatto corsi infermieristici di primo intervento, essendo l'infermeria munita di medico solo 5-6 ore al giorno e dovendo per il resto del tempo rivolgersi al 118 per la valutazione degli eventuali ricoveri con necessaria custodia. Non notano, a parere di Biagio Elefante, «tracce di tensioni fra il personale, né fra personale e detenuti, né fra tutti e direttrice».
Grande dispendio di risorse umane e finanziarie è legato alle traduzioni di detenuti in occasione delle udienze, da accompagnare a volte anche al nord Italia in aereo; oppure di detenuti agli arresti domiciliari residenti anche lontano da Altamura, l'istituto ha infatti una vasta zona territoriale di competenza. La direttrice ha fatto notare quanto l'accompagnamento sia inutile in quest'ultimo caso trattandosi di persone che, volendo, potrebbero allontanarsi a piacimento senza aspettare l'occasione dell'udienza.
Gli agenti, a prescindere dal loro pensiero sui detenuti, soprattutto per quanto riguarda quelli accusati di violenza sessuale - che li ritengano individui aberranti o vittime di calunnie spesso legate a liti per i figli o per il denaro - «sembrano», riferisce Biagio Elefante «in base ai loro comportamenti e affermazioni, aver introiettato l'atteggiamento della direttrice di pari considerazione e trattamento per tutti gli utenti reclusi».