Pietro Pepe
Pietro Pepe
Politica

Contro il terrore islamista serve una Europa Unita

Basta guerre ma campagne di conciliazione

La vicenda islamica dovrebbe e spero diventi la prima preoccupazione dell'Unione Europea che potrebbe trarre insegnamento dall'esperienza tragica italiana che negli Anni 70 riuscì a sconfiggere la Strategia della tensione messa in atto dai terroristi delle Brigate Rosse.
Dopo la strage di Parigi del 13 Novembre 2015, esattamente come accade 11 Settembre 2001 negli Stati Uniti, la reazione non è mancata ed è stata una risposta emotiva di legittima difesa; occorre però elaborare una strategia senza farsi sopraffare dalla PAURA o dalla fretta di dichiarare Guerra contro assassini criminali autoproclamatosi rappresentanti di un inesistente stato islamico o di una religione. Anche perché l'obiettivo del terrorista è creare terrore, fermare la vita pubblica e sociale e far apparire l'occidente e l'Europa come aggressiva e guerriera".
Ci aiutano a sconfessare la tesi divulgata ad arte dai terroristi islamici di un occidente sempre invasore qualche precisazione e reminiscenza storica, di tipo scolastico.
Innanzi tutto va chiarito che questa è e rimane una guerra antica tra musulmani di origine SUNNITA e mussulmani di origine SCIITA, residenti in Siria e in Iraq, che per bassi e poco nobili interessi economici legati al traffico delle armi e all'acquisto del petrolio a basso costo si alleano a qualche Paese occidentale.

Così come è bene ribadire che la guerra dell'Islam contro l'occidente viene da lontano ed è continua e trova la sua radice nell'interpretazione radicale della cultura islamica che dal 632 dopo Cristo ha puntato il suo obiettivo su Roma e sull'Europa.
A sostegno di questa opinione è sufficiente segnalare e ricordare alcune date significative della Storia passata: l'Attacco alla Sicilia e la sua conquista durata oltre 3 secoli avvenuta nel 627 dopo Cristo; la Espansione mussulmana successiva nel 711 in Spagna assieme al tentativo fallito di arrivare in Francia bloccato a Poitiers nel 723 dalla grande alleanza di Re Carlo Martello; oppure a Bari lo sbarco dell'Emirato arabo che si estende nei Balcani, in Albania e in Italia insediatosi in Calabria. Solo dopo l'anno mille partono le PRIME CROCIATE datate 1059-1147-1197 per contrastare secoli di invasione sia pure caratterizzate da abusi ed atrocità guerresche e comunque messi in atto per fermare la politica di espansione dei Califfati Islamisti.

Nella sua lungimiranza Papa Francesco aveva visto bene quando ha affermato che la guerra è ricominciata, ed è sorta molti secoli fa.
Salvo brevi periodi di pace, come avvenne ai tempi di Federico II di Svevia, scomunicati per non aver messo in atto la crociata impostagli dal papato e per aver invece avviato un intelligente dialogo fra le due Religioni , quella Cristiana e quella Islamica, la guerra purtroppo continua sia pure attuata a pezzettini.
Va evidenziato che eravamo in presenza di guerre o di scontri tra eserciti e nemici visibili e dichiarati, quelli attuali, purtroppo, vengono eseguiti da vili attentatori che usano bombe contro popolazioni inermi e da terroristi fondamentalisti che nel nome di Allah uccidono persone innocenti. Nessuno può o deve strumentalizzare la fede per ragioni politiche o di potere: quando si uccide o si sgozza un proprio fratello in nome di Dio siamo difronte ad una grave bestemmia e a fanatici estremisti che nulla hanno a che fare con la religione.
Senza voler sconfinare in una guerra anacronista di religione, ricordo, che il versetto scritto dal Profeta di Allah di invitare tutti, sovrani e popoli, dal Re di Persia all'Imperatore Romano, a convertirsi all'islam conferma la strategia islamica, anche se va detto che nel nostro tempo, salvo fondamentalisti sovversivi, il dialogo interreligioso e la tolleranza viene riconosciuta dalla maggioranza dei mussulmani.
Nel caso dei terroristi dell'ISIS, invece, l'azione distruttiva messa in atto è finalizzata a schiacciare la Politica, la Religione e la Memoria Storica, artistica e culturale del mondo e battezzare come unico e supremo culto il precetto mussulmano della sottomissione globale imposta con la forza e la violenza sovversiva.

Solo così si spiegano le devastazioni del grande colonnato di epoca Romana dell'antica Palmira in Siria, o delle tombe rupestri di PETRA in Giordania, o della profanazione del Cimitero cattolico italiano a Tripoli o della strage nel museo di Tunisi quali prove inconfutabili dell'aggressività e della espressione di intolleranza e di inciviltà di questi Criminali.
Per sconfiggere, dunque, il terrorismo di questo tipo non serve dichiarare Guerra, perché non si capisce contro chi, così come è doveroso ricordare a tutti le IMMANI sofferenze e i milioni di morti durante le due Guerre Mondiali, senza per questo tralasciare di tutelare il nostro modo di vivere attraverso una sincera collaborazione e una impenetrabile rete di controllo e di interventi mirati degli apparati di sicurezza e di intelligence dei diversi Paesi Membri dell'Europa e delle Nazioni Unite.
L'Italia, una delle principali porte di ingresso degli Emigrati dal Sud assieme a quelli che entrano dall'Est Europa, è consapevole del rischio, di non poter controllare da sola gli arrivi ed è la prima a sollecitare con forza e con urgenza, la necessità di una azione e di una strategia comune ed europea per un'unica politica estera ed un'unica politica di difesa.

Così come è indispensabile il coinvolgimento e la Risoluzione dell'ONU per fermare il terrore e riaffermare la nostra vita di tutti i giorni, la nostra concezione della storia insieme ai nostri valori e alle nostre abitudini.
In questa breve riflessione non poteva mancare il riferimento al fecondo impegno apostolico di Papa Francesco che va in giro per il mondo a ribadire con forza, i grandi valori della dottrina sociale della chiesa racchiusi nel suo pensiero che mi piace qui esaltare: Pace tra i popoli, dialogo tra Cristiani , islamici, ebrei; Giustizia vera che non si ferma davanti a Ricchi e ai potenti; armonia con la natura e i suoi abitanti; ragione e temperanza contro i razzismi; amore per la bellezza, la poesia e la cultura, ma soprattutto attenzione ai più deboli e ai più poveri. In un mondo di attori mediocri e senza bussola la supplenza politica, sociale ed etica del nostro Pontefice ci da una speranza di salvezza e di futuro.


Pietro Pepe, già presidente del Consiglio regionale di Puglia
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