Bandi e concorsi
Architetto altamurano ottiene il secondo posto al concorso europeo “Europan”
Una squadra di quattro giovani presenta progetto per il Kosovo. A presiedere la giuria, Klaus Kada
Altamura - venerdì 6 gennaio 2012
08.20
L'architetto altamurano Sante Simone, insieme ad altri tre colleghi di Roma e Latina, ha ottenuto il secondo posto del prestigioso concorso europeo "Europan", alla sua undicesima edizione, che aveva come tema, quest'anno, "Quale futuro per una città sostenibile?". Il team, composto da lui e da Laura Fabriani, Giovanni Romagnoli e Alessandro Zappaterreni, si è aggiudicato l'ambito riconoscimento con il progetto di un campus universitario a Peje, in Kosovo. A presiedere la giuria, composta da importanti esperti del settore, l'architetto austriaco Klaus Kada.
Si tratta di una competizione che si svolge ogni due anni nel campo dell'architettura, dell'urbanistica e del paesaggio e che in questa edizione ha interessato diciassette paesi europei con 49 siti. Possono parteciparvi i giovani architetti di tutta Europa con meno di quarant'anni. I Pan (Pian Architecture Nouvelle) sono concorsi nati in Francia negli anni '70 per agevolare l'avvio alla carriera professionale dei neoarchitetti. Ogni nazione, un anno prima dell'uscita del bando, candida una propria città. Per l'edizione 2011 non ci sono state candidature di paesi italiani, mentre il Kosovo, nel suo processo di europeizzazione, ha calcato le scene della competizione per la prima volta con l'area di Peje.
Sante Simone aveva già partecipato, con altri architetti altamurani (Pietro Cagnazzi e Nunziastella Dileo), oltre all'architetto Alessandro Zappaterreni, ad "Europan 10" Austria. Il gruppo si era aggiudicato la menzione d'onore.
Perché proprio il Kosovo? Simone, ricercatore a Roma, spiega che lui e il suo team sono particolarmente interessati e sensibili alla cultura balcanica e che la sua tesi di dottorato si incentra sull'ex Jugoslavia. «Sto studiando la ricostruzione dell'housing, delle politiche abitative dopo la guerra, in Slovenia, Croazia e Serbia con un lavoro monografico sulla città di Belgrado», sottolinea il giovane architetto.
Il gruppo di Sante Simone ha preparato per il concorso tre tavole ed un book che forniscono previsioni sia per l'area individuata dal concorso che per l'intero Kosovo. Questo, a scala nazionale, presenta una situazione strategica per uno sviluppo simile a nazioni come l'Olanda. Le città più importanti, infatti, sono disposte in maniera anulare. Questo anello in Kosovo coincide con un parco naturalistico, una sorta di cerchio boschivo, che definisce i confini naturali della nazione. Pristina, la capitale del Kosovo, e Peje, la città oggetto del concorso, si presentano quasi in modo speculare.
Il progetto ha assunto, infatti, il nome di "Diana's Ring", "Anello di Diana", divinità dei boschi.
«Non siamo stati lì - spiega Simone - ma abbiamo lavorato sulla grande quantità di materiale che ci è arrivata, ovvero planimetrie, immagini, video. Il nostro non è un progetto che propone semplicemente una forma conclusa, ma un'idea. Abbiamo suggerito al neo-stato kosovaro di costruire all'interno del parco naturalistico anulare delle strutture di servizio sia delle città contermini che dell'intera nazione. Delle architetture sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che storico-culturale, che si ponessero come stazioni di sosta nei pressi di importanti insediamenti urbani. Peje è individuata dal bando come importante città universitaria del Kosovo, ecco perché un campus universitario».
Nella prima tavola viene presentata una mappa territoriale a scala nazionale con la posizione delle strutture del parco. Per spiegare il progetto, i quattro architetti non hanno utilizzato visioni tridimensionali, ma una modalità alternativa. Non una relazione tecnica o un render, ma un racconto con protagonista proprio Diana che si sposta fra le diverse strutture del progetto, descrivendo accuratamente le architetture progettate e le funzioni svolte all'interno. «Il campus universitario - spiega ancora Simone - si trova ai piedi di una bellissima montagna. Abbiamo immaginato che all'interno della grande corte ci sia una stanza accessibile a tutti, insieme pensatoio e casa di Diana».
La seconda tavola riporta la pianta del campus universitario, un grande edificio a corte quadrata delle dimensioni di 200mx200m. In base al progetto, l'edificio, a quattro piani, contiene, al piano terra, case a patio per gli studenti diversamente abili e per i ricercatori. Al secondo e terzo piano ci sono gli appartamenti per gli altri studenti, divisi in blocchi da dieci stanze. Ogni "blocco" ha un soggiorno, una cucina ed un bagno comuni. I diversi soggiorni sono intercomunicanti e possono diventare un unico ambiente in occasione di feste ed eventi. Le stanze vengono disposte negli spazi del quadrato che circondano la corte, a richiamare la forma dell'anello. Forma e dimensione riprese anche dal parco Karagaci, che fiancheggia il campus universitario progettato. All'esterno delle stanze, sale studio divise da vetrate ed una serra, anche questa con vetrate come pareti. Al quarto piano, ancora ambienti comuni. Particolari le quattro piccole, ma alte biblioteche che richiamano la forma dei minareti. Possono accedervi sia gli studenti sia il resto della città. Sono state progettate a ridosso dell'edificio e collegate a questo con delle passerelle. Ai piedi della montagna sotto la quale sorge il campus universitario, un grande sistema di terme e palestre dove poter condividere anche la parte ludica della vita studentesca. All'interno della corte, invece, sorgono i dipartimenti.
La terza tavola presenta, attraverso un disegno, la città di Peje e le montagne retrostanti. Ciò che colpisce immediatamente del campus universitario progettato è la dimensione comunitaria, l'interscambio fra lo studio e tutte le altre attività. La misura e la forma dell'edificio rendono la struttura del campus come una preesistenza svelata, un'architettura che è sempre stata lì.
Sante Simone, insieme ad un altro gruppo di architetti, si era aggiudicato già il terzo posto al concorso di architettura "Walkup", promosso dall'Avis "Mariano Pugliese" di Pisticci.
Si tratta di una competizione che si svolge ogni due anni nel campo dell'architettura, dell'urbanistica e del paesaggio e che in questa edizione ha interessato diciassette paesi europei con 49 siti. Possono parteciparvi i giovani architetti di tutta Europa con meno di quarant'anni. I Pan (Pian Architecture Nouvelle) sono concorsi nati in Francia negli anni '70 per agevolare l'avvio alla carriera professionale dei neoarchitetti. Ogni nazione, un anno prima dell'uscita del bando, candida una propria città. Per l'edizione 2011 non ci sono state candidature di paesi italiani, mentre il Kosovo, nel suo processo di europeizzazione, ha calcato le scene della competizione per la prima volta con l'area di Peje.
Sante Simone aveva già partecipato, con altri architetti altamurani (Pietro Cagnazzi e Nunziastella Dileo), oltre all'architetto Alessandro Zappaterreni, ad "Europan 10" Austria. Il gruppo si era aggiudicato la menzione d'onore.
Perché proprio il Kosovo? Simone, ricercatore a Roma, spiega che lui e il suo team sono particolarmente interessati e sensibili alla cultura balcanica e che la sua tesi di dottorato si incentra sull'ex Jugoslavia. «Sto studiando la ricostruzione dell'housing, delle politiche abitative dopo la guerra, in Slovenia, Croazia e Serbia con un lavoro monografico sulla città di Belgrado», sottolinea il giovane architetto.
Il gruppo di Sante Simone ha preparato per il concorso tre tavole ed un book che forniscono previsioni sia per l'area individuata dal concorso che per l'intero Kosovo. Questo, a scala nazionale, presenta una situazione strategica per uno sviluppo simile a nazioni come l'Olanda. Le città più importanti, infatti, sono disposte in maniera anulare. Questo anello in Kosovo coincide con un parco naturalistico, una sorta di cerchio boschivo, che definisce i confini naturali della nazione. Pristina, la capitale del Kosovo, e Peje, la città oggetto del concorso, si presentano quasi in modo speculare.
Il progetto ha assunto, infatti, il nome di "Diana's Ring", "Anello di Diana", divinità dei boschi.
«Non siamo stati lì - spiega Simone - ma abbiamo lavorato sulla grande quantità di materiale che ci è arrivata, ovvero planimetrie, immagini, video. Il nostro non è un progetto che propone semplicemente una forma conclusa, ma un'idea. Abbiamo suggerito al neo-stato kosovaro di costruire all'interno del parco naturalistico anulare delle strutture di servizio sia delle città contermini che dell'intera nazione. Delle architetture sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che storico-culturale, che si ponessero come stazioni di sosta nei pressi di importanti insediamenti urbani. Peje è individuata dal bando come importante città universitaria del Kosovo, ecco perché un campus universitario».
Nella prima tavola viene presentata una mappa territoriale a scala nazionale con la posizione delle strutture del parco. Per spiegare il progetto, i quattro architetti non hanno utilizzato visioni tridimensionali, ma una modalità alternativa. Non una relazione tecnica o un render, ma un racconto con protagonista proprio Diana che si sposta fra le diverse strutture del progetto, descrivendo accuratamente le architetture progettate e le funzioni svolte all'interno. «Il campus universitario - spiega ancora Simone - si trova ai piedi di una bellissima montagna. Abbiamo immaginato che all'interno della grande corte ci sia una stanza accessibile a tutti, insieme pensatoio e casa di Diana».
La seconda tavola riporta la pianta del campus universitario, un grande edificio a corte quadrata delle dimensioni di 200mx200m. In base al progetto, l'edificio, a quattro piani, contiene, al piano terra, case a patio per gli studenti diversamente abili e per i ricercatori. Al secondo e terzo piano ci sono gli appartamenti per gli altri studenti, divisi in blocchi da dieci stanze. Ogni "blocco" ha un soggiorno, una cucina ed un bagno comuni. I diversi soggiorni sono intercomunicanti e possono diventare un unico ambiente in occasione di feste ed eventi. Le stanze vengono disposte negli spazi del quadrato che circondano la corte, a richiamare la forma dell'anello. Forma e dimensione riprese anche dal parco Karagaci, che fiancheggia il campus universitario progettato. All'esterno delle stanze, sale studio divise da vetrate ed una serra, anche questa con vetrate come pareti. Al quarto piano, ancora ambienti comuni. Particolari le quattro piccole, ma alte biblioteche che richiamano la forma dei minareti. Possono accedervi sia gli studenti sia il resto della città. Sono state progettate a ridosso dell'edificio e collegate a questo con delle passerelle. Ai piedi della montagna sotto la quale sorge il campus universitario, un grande sistema di terme e palestre dove poter condividere anche la parte ludica della vita studentesca. All'interno della corte, invece, sorgono i dipartimenti.
La terza tavola presenta, attraverso un disegno, la città di Peje e le montagne retrostanti. Ciò che colpisce immediatamente del campus universitario progettato è la dimensione comunitaria, l'interscambio fra lo studio e tutte le altre attività. La misura e la forma dell'edificio rendono la struttura del campus come una preesistenza svelata, un'architettura che è sempre stata lì.
Sante Simone, insieme ad un altro gruppo di architetti, si era aggiudicato già il terzo posto al concorso di architettura "Walkup", promosso dall'Avis "Mariano Pugliese" di Pisticci.