Territorio
Aqp, il Consiglio regionale approva la legge sulla gestione del servizio idrico integrato
Per il Comitato pugliese Acqua Bene Comune «il testo portato in aula non è quello originario». L'assessore Fabiano Amati risponde
Puglia - giovedì 16 giugno 2011
Il Consiglio regionale pugliese ha approvato, lo scorso 14 giugno, la legge sulla "Gestione del servizio idrico integrato", che istituisce l'Azienda pubblica regionale "Acquedotto pugliese - AQP". Secondo le parole dell'assessore alle Opere pubbliche e Protezione civile Fabiano Amati, «alla luce del risultato referendario, il quadro normativo all'interno del quale si inserisce la legge sulla ripubblicizazzione di AQP è profondamente cambiato, consentendoci l'affidamento della gestione del servizio idrico integrato a soggetti giuridici pubblici. Il popolo italiano ha, infatti, abrogato una norma illiberale, ovvero l'articolo 23 bis, che rendeva obbligatoria la gestione del servizio idrico integrato ai privati, in contrasto con i sistemi di libertà, che offrono la possibilità di scegliere tra gestione pubblica e privata. Approvando questa legge - ha continuato Amati - riportiamo in Puglia la proprietà totalitaria di Acquedotto pugliese, per il quale in tanti hanno combattuto, perdendo in alcuni casi anche la vita. Con l'acquisizione delle quote della regione Basilicata si chiude il cerchio di un'operazione storica che ha avuto inizio nel 2004. L'Acquedotto pugliese torna ad essere della Puglia e dei pugliesi».
La legge approvata prevede l'affidamento del servizio idrico integrato in Puglia ad un'azienda pubblica regionale, che ha l'obbligo di reinvestire l'80% degli avanzi netti di gestione nelle attività migliorative dello stesso servizio. Per garantire a tutti i cittadini pugliesi la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile come diritti inviolabili e inalienabili della persona umana, nei limiti degli stessi avanzi di gestione, si prevede l'alimentazione di un fondo. Ci sarà, dunque, l'erogazione gratuita di un quantitativo di risorsa idrica, che avverrà secondo le fasce di consumo ed il reddito. L'azienda pubblica AQP avrà un organismo rappresentativo dei lavoratori, delle associazioni ambientaliste e dei consumatori, anche in rappresentanza dei Comuni della Puglia. La legge prevede, inoltre, la costituzione di società miste per la gestione di attività derivanti dal servizio idrico integrato, a patto, però, che gli utili derivanti dalle stesse siano reinvestiti nel servizio idrico integrato. L'Amministratore unico verrà nominato dal Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, che «sceglierà tra professionisti con comprovata esperienza, salvaguardando l'autonomia tra amministrazione e politica».
Ma per il Comitato pugliese Acqua Bene Comune «il testo portato in aula sulla "cosiddetta" ripubblicizzazione dell'Acquedotto pugliese non è quello originario, scaturito dal tavolo tecnico congiunto fra Governo regionale e Comitato Pugliese – Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua. In sede di discussione in Consiglio, agli emendamenti proposti dall'assessore Amati - e approvati dalle Commissioni competenti - si sono aggiunti altri presentati grazie alla tempestiva mobilitazione realizzata dal "popolo dell'acqua" di tutto il Paese, di cui abbiamo appreso durante la seduta del Consiglio alla quale abbiamo assistito».
Secondo quanto riportato in una nota dello stesso Comitato, «il riferimento al 23-bis è stato eliminato. Operazione giuridicamente dovuta in seguito all'esito del referendum! L'articolo che faceva riferimento alla possibilità di gestire, attraverso società miste, le "attività strettamente connesse" alla gestione del servizio idrico integrato è stato ulteriormente emendato in seguito alla mobilitazione in Consiglio regionale. La nuova formulazione non fa più riferimento alle "attività strettamente connesse" - come appreso in sede di Consiglio - bensì alle attività "diverse dal servizio idrico integrato ma da esso rivenienti". Questo significherebbe che il ricorso eventuale a società di capitale non dovrebbe riguardare le attività di potabilizzazione, depurazione e distribuzione idrica. "L'erogazione gratuita del minimo vitale resta legata esclusivamente all'avanzo netto annuale di gestione". Questo non è accettabile se si vuole garantire realmente il diritto all'acqua potabile, affinché non sia solo una mera dichiarazione di principio. L'articolo che faceva riferimento all'Amministratore unico nominato e revocato dal Presidente della Regione sentita la Giunta – continua il Comitato - è rimasto invariato nonostante la proposta di un ulteriore emendamento che stabilisse la scelta, almeno del Direttore generale, attraverso concorso pubblico. Si prende atto che anche questa proposta non ha trovato accoglimento nell'articolato della norma, lasciando ancora una volta la scelta in capo esclusivamente al Presidente della Regione e, quindi, ad una forte influenza di carattere politico-partitico. Con queste premesse riteniamo necessario sottolineare che non si potrà parlare di Acquedotto pugliese pubblico fin quando rimarrà una società per azioni non in grado, fra l'altro, di garantire l'erogazione gratuita del minimo vitale e, quindi, il diritto all'accesso all'acqua potabile».
Pronta la risposta dell'assessore Amati: «Non siamo disponibili a pagare più di uno stipendio per l'Amministratore dell'azienda e, pertanto, la richiesta di un Consiglio di amministrazione, detto tecnicamente, o Comitato dei lavoratori, detto con eleganza, non può essere da noi accolta. Se qualcuno avesse pensato che la collaborazione nella stesura della legge si sarebbe potuta trasformare in reclutamento negli organi di amministrazione di Aqp, sappia che ha sbagliato indirizzo, perché questo modo di fare è esecrabile sempre, non solo quando si tratta di selezionare i manager della sanità».
Sulla questione del quantitativo minimo vitale «mi rivolgo - ha continuato Amati - più ai cittadini che con entusiasmo hanno accolto in queste ore la nostra "piccola grande rivoluzione". Quando adottammo la prima volta il disegno di legge, eravamo in un tempo geologico completamente diverso in materia di norme di finanza pubblica, per cui osammo legittimamente pensare al diritto all'acqua quale quantitativo minimo vitale a carico del bilancio regionale e sulla base di un recupero gradualistico dalla fiscalità generale. Dopo qualche mese dalle elezioni regionali, il quadro normativo sulla finanza pubblica è mutato e abbiamo scatenato le nostre più vive proteste perché conoscevamo l'incidenza che queste norme avrebbero avuto sulle nostre attività, compresa quella del quantitativo minimo vitale da garantire. Naturalmente le nostre proteste non furono mai accompagnate né da parole né da sorrisi di chi oggi si erge a pontificare, perché molti comunicatori professionisti sono abituati a pensare che le norme generali non abbiano alcuna incidenza sulle attività o sulle battaglie settoriali: il classico modo di fingere il pensiero per tutti pensando a niente. In realtà la garanzia del quantitativo minimo vitale inciderebbe sul bilancio regionale per una cifra non inferiore ai 70 milioni di euro all'anno, somma che assolutamente non abbiamo nella nostra disponibilità. Per questo preferiamo la verità al manifesto politico e nessuno, con le sue critiche, potrà convincerci a svolgere la parte degli attacchini di illusioni. L'unica cosa che potevamo fare l'abbiamo fatta ed è contenuta nell'ordine del giorno depositato presso il Consiglio regionale, con il quale auspichiamo che l'Autorità idrica pugliese possa rimodulare la dinamica tariffaria in base a fasce reddituali e sul minimo vitale, senza intaccare il piano degli investimenti».
La legge approvata prevede l'affidamento del servizio idrico integrato in Puglia ad un'azienda pubblica regionale, che ha l'obbligo di reinvestire l'80% degli avanzi netti di gestione nelle attività migliorative dello stesso servizio. Per garantire a tutti i cittadini pugliesi la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile come diritti inviolabili e inalienabili della persona umana, nei limiti degli stessi avanzi di gestione, si prevede l'alimentazione di un fondo. Ci sarà, dunque, l'erogazione gratuita di un quantitativo di risorsa idrica, che avverrà secondo le fasce di consumo ed il reddito. L'azienda pubblica AQP avrà un organismo rappresentativo dei lavoratori, delle associazioni ambientaliste e dei consumatori, anche in rappresentanza dei Comuni della Puglia. La legge prevede, inoltre, la costituzione di società miste per la gestione di attività derivanti dal servizio idrico integrato, a patto, però, che gli utili derivanti dalle stesse siano reinvestiti nel servizio idrico integrato. L'Amministratore unico verrà nominato dal Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, che «sceglierà tra professionisti con comprovata esperienza, salvaguardando l'autonomia tra amministrazione e politica».
Ma per il Comitato pugliese Acqua Bene Comune «il testo portato in aula sulla "cosiddetta" ripubblicizzazione dell'Acquedotto pugliese non è quello originario, scaturito dal tavolo tecnico congiunto fra Governo regionale e Comitato Pugliese – Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua. In sede di discussione in Consiglio, agli emendamenti proposti dall'assessore Amati - e approvati dalle Commissioni competenti - si sono aggiunti altri presentati grazie alla tempestiva mobilitazione realizzata dal "popolo dell'acqua" di tutto il Paese, di cui abbiamo appreso durante la seduta del Consiglio alla quale abbiamo assistito».
Secondo quanto riportato in una nota dello stesso Comitato, «il riferimento al 23-bis è stato eliminato. Operazione giuridicamente dovuta in seguito all'esito del referendum! L'articolo che faceva riferimento alla possibilità di gestire, attraverso società miste, le "attività strettamente connesse" alla gestione del servizio idrico integrato è stato ulteriormente emendato in seguito alla mobilitazione in Consiglio regionale. La nuova formulazione non fa più riferimento alle "attività strettamente connesse" - come appreso in sede di Consiglio - bensì alle attività "diverse dal servizio idrico integrato ma da esso rivenienti". Questo significherebbe che il ricorso eventuale a società di capitale non dovrebbe riguardare le attività di potabilizzazione, depurazione e distribuzione idrica. "L'erogazione gratuita del minimo vitale resta legata esclusivamente all'avanzo netto annuale di gestione". Questo non è accettabile se si vuole garantire realmente il diritto all'acqua potabile, affinché non sia solo una mera dichiarazione di principio. L'articolo che faceva riferimento all'Amministratore unico nominato e revocato dal Presidente della Regione sentita la Giunta – continua il Comitato - è rimasto invariato nonostante la proposta di un ulteriore emendamento che stabilisse la scelta, almeno del Direttore generale, attraverso concorso pubblico. Si prende atto che anche questa proposta non ha trovato accoglimento nell'articolato della norma, lasciando ancora una volta la scelta in capo esclusivamente al Presidente della Regione e, quindi, ad una forte influenza di carattere politico-partitico. Con queste premesse riteniamo necessario sottolineare che non si potrà parlare di Acquedotto pugliese pubblico fin quando rimarrà una società per azioni non in grado, fra l'altro, di garantire l'erogazione gratuita del minimo vitale e, quindi, il diritto all'accesso all'acqua potabile».
Pronta la risposta dell'assessore Amati: «Non siamo disponibili a pagare più di uno stipendio per l'Amministratore dell'azienda e, pertanto, la richiesta di un Consiglio di amministrazione, detto tecnicamente, o Comitato dei lavoratori, detto con eleganza, non può essere da noi accolta. Se qualcuno avesse pensato che la collaborazione nella stesura della legge si sarebbe potuta trasformare in reclutamento negli organi di amministrazione di Aqp, sappia che ha sbagliato indirizzo, perché questo modo di fare è esecrabile sempre, non solo quando si tratta di selezionare i manager della sanità».
Sulla questione del quantitativo minimo vitale «mi rivolgo - ha continuato Amati - più ai cittadini che con entusiasmo hanno accolto in queste ore la nostra "piccola grande rivoluzione". Quando adottammo la prima volta il disegno di legge, eravamo in un tempo geologico completamente diverso in materia di norme di finanza pubblica, per cui osammo legittimamente pensare al diritto all'acqua quale quantitativo minimo vitale a carico del bilancio regionale e sulla base di un recupero gradualistico dalla fiscalità generale. Dopo qualche mese dalle elezioni regionali, il quadro normativo sulla finanza pubblica è mutato e abbiamo scatenato le nostre più vive proteste perché conoscevamo l'incidenza che queste norme avrebbero avuto sulle nostre attività, compresa quella del quantitativo minimo vitale da garantire. Naturalmente le nostre proteste non furono mai accompagnate né da parole né da sorrisi di chi oggi si erge a pontificare, perché molti comunicatori professionisti sono abituati a pensare che le norme generali non abbiano alcuna incidenza sulle attività o sulle battaglie settoriali: il classico modo di fingere il pensiero per tutti pensando a niente. In realtà la garanzia del quantitativo minimo vitale inciderebbe sul bilancio regionale per una cifra non inferiore ai 70 milioni di euro all'anno, somma che assolutamente non abbiamo nella nostra disponibilità. Per questo preferiamo la verità al manifesto politico e nessuno, con le sue critiche, potrà convincerci a svolgere la parte degli attacchini di illusioni. L'unica cosa che potevamo fare l'abbiamo fatta ed è contenuta nell'ordine del giorno depositato presso il Consiglio regionale, con il quale auspichiamo che l'Autorità idrica pugliese possa rimodulare la dinamica tariffaria in base a fasce reddituali e sul minimo vitale, senza intaccare il piano degli investimenti».