Franco Tafuni
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La città

Ad un anno dalla scomparsa di Franco Tafuni

Il piccolo Riva che ha lottato contro la SLA. Il presidente e capitano altamurano morto all'età di 54 anni

Il 30 agosto del 2009 il mondo del calcio locale perde Franco Tafuni, il calciatore di Altamura e Matera deceduto a causa della SLA. Tafuni combatteva contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica ormai da nove anni. Nella stagione '82-'83 iniziò la sua vincente carriera da dirigente, salvando l'Altamura dalla retrocessione in 1^ categoria e portandola, nel giro di 4 stagioni, per la prima volta in serie C2. Ad un anno dalla sua scomparsa, Bartolo Carbone, tifoso del Canosa e amico di Tafuni, lo ricorda riportando anche la terribile testimonianza di Stefano Borgonovo affetto dallo stesso morbo.

L'anno scorso una triste notizia sconvolgeva il calcio pugliese e lucano, annunciando la morte di Franco Tafuni (55 anni), avvenuta il 30 agosto a causa della SLA, la malattia neurodegenerativa. Da calciatore "Francuccio" ha ricoperto i ruoli di terzino e mediano, mentre a fine carriera il ruolo di presidente delle squadre di Altamura (nella stagione 1988/89, doppia veste dirigente e capitano giocatore) e Matera a metà degli anni novanta. Il calciatore-presidente eclettico e vulcanico, di grande personalità e umanità tanto amato dai tifosi di Canosa, Bitonto, Noicattaro, Grumo, Cisternino, Ostuni per aver militato in queste squadre oltre alle due succitate e per il suo grande attaccamento al mondo del calcio.

Ad un anno di distanza è doveroso ricordarlo per essere vicini ai suoi familiari, quattro dei sei figli (Carlo, Lorenzo, Nicola e Vincenzo) di Tafuni sono calciatori, e a chi soffre in silenzio affetto da SLA. La Sclerosi Laterale Amiotrofica o "Morbo di Gehrig" colpisce i muscoli delle braccia e delle gambe e a diversi stadi i muscoli che governano la parola, la deglutizione e, negli stadi finali, il respiro. Secondo le ultime statistiche, quelli maggiormente affetti risultano i calciatori, seguiti dagli agricoltori e dai saldatori.

La sopravvivenza per gli ammalati di SLA dipende dal mantenimento della funzione respiratoria e dalla protezione delle vie aeree in quanto la causa più frequente di morte è la paralisi respiratoria progressiva con broncopolmonite. Al momento non esistono cure, vengono alleviati i sintomi della malattia e rallentata l'evoluzione per consentire una migliore qualità di vita, con terapie che coinvolgono diversi specialisti della medicina fisica e della riabilitazione.

Di notevole importanza, col suo carico di speranze e attese, è il progetto dal titolo "Sport Pulito", partito il 12 luglio scorso al Parlamento Europeo di Strasburgo, rivolto ad approfondire lo studio sulla tremenda malattia e sul rapporto tra la SLA e i tanti ammalati o decessi tra i calciatori. Questo lavoro si prefigge di stilare una mappa dettagliata a livello europeo sui casi di SLA per definire una strategia comune nella lotta alla SLA, tenendo conto del doping e dell'abuso di farmaci, due tra i fattori che possono provocare la malattia tra gli sportivi.

"E' una grande motivazione continuare a combattere oltre i confini nazionali. E' un ulteriore punto di partenza per allargare con le Istituzioni europee il fronte della ricerca fondi per sconfiggere questa malattia terribile" è quanto ha sostenuto la signora Chantal Borgonovo moglie dell'ex attaccante di Milan, Fiorentina e Como, colpito da SLA che ha raccontato con Alessandro Alciato la sua triste vicenda personale nel libro "Attaccante nato", pubblicato lo scorso maggio dalla Rizzoli.

Stefano Borgonovo (46 anni) ha dettato la sua testimonianza attraverso un computer comandato dal suo sguardo, in quanto l'ex calciatore attualmente è in grado di muovere solo le pupille. Da quando "la Stronza", come definisce la SLA, gli ha teso i primi agguati, Borgonovo non si è rassegnato, ha dato battaglia "con l'elmo in testa", da attaccante nato con la grande forza d'animo e la sua mente lucida, non ancora scalfita. Una voglia di vivere e di lottare senza rimpianti e con il fuoco dentro, soprattutto nei giorni precedenti all'annuncio dei mass media, quando la sua grande preoccupazione era quella di essere additato come "dopato".

"Mai preso niente, il pallone non c'entra, ne sono sicuro! Non sono un drogato! La mia carcassa è una carcassa pulita, da sempre… L'unica cosa illecita che ho preso, peraltro fuori da uno spogliatoio, è la SLA, che resta l'effetto di una causa ignota. Estranea al mondo del calcio, ci scommetto quella miseria che il destino mi ha lasciato". Una dignità senza eguali! "E poi mi piace ridere, ancora adesso che all'apparenza non ne avrei motivo. Non sono cambiato da questo punto di vista, felice di essere felice, nonostante tutto. Ho imparato ad apprezzare ciò che mi è rimasto. Gli amici, le sensazioni positive, qualche raro movimento. Prendo il buono della vita e mi sento comunque fortunato, so che addirittura c'è chi ha meno di me. Quindi rido".

Dichiarazioni significative che devono far meditare e trarre le considerazioni più opportune nell'ottica di fare qualcosa, magari un piccolo gesto, semplice come tutti i piccoli gesti che possono compiere tutti, per alleviare la sofferenza dei malati e dei loro familiari, sostenendo nello stesso tempo la ricerca per scoprire le cause che provocano la SLA, nella speranza che queste riflessioni possano contribuire ad allargare il livello di conoscenza e sensibilità su questa logorante malattia.


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