Uomo di Altamura e denuncia del progetto Sarastro

Intervista a Michele Difonzo, intervenuto recentemente con una lettera al giudice Francesco Bretone. Nel 2008 il co-scopritore del reperto presentò un esposto al Tribunale di Bari

mercoledì 14 luglio 2010
A cura di Anna Maria Colonna
Lo scorso 28 giugno, presso la Sala Consiliare del Palazzo di Città, sono stati resi noti i primi risultati scientifici ottenuti dagli studi condotti sull'Uomo di Altamura. Pubblichiamo l'intervista fatta a Michele Difonzo, già presidente del Cars e co-scopritore della Grotta di Lamalunga e dell'Uomo di Altamura, all'indomani della conferenza di presentazione dei risultati di ricerca. Il 16 luglio 2008, l'ing. Difonzo presentò un esposto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari per denunciare gli effetti del progetto Sarastro, intervento ideato per la fruizione del sito (la questione è descritta dettagliatamente nel box di approfondimento, a lato).

«Al momento della presentazione del progetto Sarastro avevo già un'adeguata esperienza speleologica – spiega Difonzo – sapevo quanto sia dannoso esporre alla luce determinate concrezioni calcaree perché la luce genera delle micropiante, delle alghe che attaccano le concrezioni. Il reperto, di importanza internazionale, andava conservato in una campana di vetro. Non fui ascoltato, anzi, fui pubblicamente ritenuto ignorante per la mia opposizione al progetto».

«Gli amministratori hanno fatto due grossi progetti. Prima del Sarastro, c'era il progetto Leader 2, che superava gli undici miliardi di vecchie lire. Intervenendo con il progetto Sarastro, sono stati eseguiti, in totale, quindici miliardi di lavori. I due progetti furono redatti nel segreto di determinati studi professionali e risultavano, dal mio punto di vista, completamente sballati perché un'utilizzazione seria del nostro Uomo andava impostata in tutt'altra maniera. L'allora sindaco di Altamura, Vito Plotino, non volle nemmeno ascoltarmi».

«Il nostro Uomo - continua Difonzo – non potrà mai essere esposto al pubblico, è troppo importante per essere illuminato e fatto vedere. Un paese evoluto e civile avrebbe considerato le esigenze del reperto, che sono tre. La tutela e la perenne conservazione. Lo studio inteso come ricerca e come conoscenza e divulgazione. La valorizzazione, cioè promozione culturale e turistica. Si parla di un Museo dedicato al nostro Uomo. Per realizzarlo occorre, prima di tutto, conoscere, avere dati scientifici sufficienti. Con i sistemi divulgativi di oggi, web, giornali, televisione, la gente riesce a reperire tutte le informazioni utili e per questo trova inutile scomodarsi per recarsi al Museo. Ragioniamo per assurdo e supponiamo che siano state condotte tutte le ricerche scientifiche e che si sappia tutto sull'Uomo. Supponiamo che il Museo sia completo. Ammesso che venga gente e vedere la mostra e i segreti dell'Uomo, quest'ultima uscirebbe dalla struttura con l'amaro in bocca. Non si può sapere tutto sul nostro Uomo senza avere una panoramica completa dell'evoluzione umana che, negli ultimi 30-40 anni, è stata ricostruita in maniera straordinaria. Non c'è una sola persona che non sia interessata a sapere da dove veniamo».

Difonzo sottolinea che «si doveva approfittare dell'Uomo di Altamura per spendere molto di meno creando una grande esposizione sull'evoluzione umana in cui incastonare, come una pietra preziosa, il nostro Uomo man mano che si acquisivano risultati».

«Piero Angela, appena seppe della scoperta, si precipitò ad Altamura e fu cacciato. Si infuriò e affermò che non avrebbe più messo piede in questa città. In effetti, quando è stata scoperta la cava dei dinosauri, non si è fatto vivo. Recentemente Piero Angela ha scritto un grande trattato sull'evoluzione umana senza nemmeno citare l'Uomo di Altamura. Questo significa agire al contrario rispetto alla valorizzazione del nostro patrimonio. Piero Angela avrebbe dato un contributo fondamentale alla valorizzazione culturale e turistica del nostro territorio. Intorno all'Uomo di Altamura, e non solo, sono successe le cose più pazzesche e delinquenziali che si possano immaginare».

«Vorrei sottoporre alla coscienza dei nostri compaesani - aggiunge Difonzo - che da noi non è solo l'Uomo di Altamura ad essere andato alla deriva. Ricordiamo la cava dei dinosauri, il Teatro Mercadante, il Pulo, che, da essere un fenomeno carsico eccezionale al centro di un paesaggio carsico, è diventato una conca in mezzo a terreni seminativi. Abbiamo assistito, impotenti, alla distruzione della nostra Murgia, una buona metà è stata frantumata con dei danni di gran lunga superiore a quelli che si possono immaginare».

«Nel 1996 ci fu, vicino Bologna, un Congresso Internazionale di Preistoria e Protostoria. Vi partecipai. Lì vidi realizzato ciò che avevo in mente per il nostro Uomo. Più di cento espositori. Si simulava la lavorazione della selce e la gente rimaneva incantata davanti all'iniziativa. Il nostro Uomo lavorava la selce». L'ing. Difonzo propone, fra le altre idee, la realizzazione di una grande esposizione in cui si dimostra come l'Uomo di Altamura lavorasse la selce. Oppure la realizzazione di diversi scheletri che, comparati, mostrino l'evoluzione umana. «Questo - aggiunge - creerebbe anche occupazione. Occorre organizzare una conferenza cittadina con le associazioni, che rimangono in silenzio sulla questione. Se non c'è consapevolezza, la libertà si perde».

E conclude: «Qui non esiste il bene comune, non esiste l'amore di casa».
Il 16 luglio 2008, l'ing. Difonzo presentò un esposto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari: «L'Università di Bari, di concerto con il consorzio Digamma, presieduto dal prof. Pesce Delfino, propose all'organo tecnico del Ministero della Ricerca Scientifica MURST il progetto SARASTRO, qualificandolo innovativo per le presunte tecnologie avanzate da utilizzare per le indagini scientifiche sul nostro Uomo. Gli evidenti scopi erano quelli di ottenerne un congruo finanziamento e l'affidamento dei lavori senza gara d'appalto. Il responso redatto da qualificatissimi tecnici e comunicato il 9 aprile 1997 fu: "Il progetto non presenta aspetti tecnici sufficientemente avanzati. Le previsioni in merito all'utilizzazione dei risultati non sono sufficientemente documentate ed appaiono eccessivamente ottimistiche". Si tentò di farlo approvare dal Comitato di Coordinamento Operativo; per fortuna l'operazione non riuscì grazie alla non disponibilità e al parere contrario degli altri due accademici specifici, il prof. Broglio e il prof. Piperno. A settembre dello stesso anno, nello stand della Fiera del Levante dedicato all'Uomo di Altamura, il fatidico "Sarastro" fu ripresentato in pompa magna. Si capiva subito che il progetto mirava alla promozione turistica e che sarebbe servito ben poco alla ricerca scientifica. In quell'occasione spiegai gli effetti sconvolgenti delle luci e del calore che si andavano ad introdurre in quel ristretto ed inestimabile ambiente. Previdi la formazione e la proliferazione delle alghe, che producono effetti catastrofici corrodendo in profondità le concrezioni ed eliminando la loro lucentezza e trasparenza. Il prof. Pesce interpellò lo speleologo di fiducia del Sovrintendente, un certo D'Agostino, il quale asserì che le opere del progetto Sarastro non avrebbero procurato alcun danno (lo stesso D'Agostino, nel 2006, ha presentato una relazione sugli effetti devastanti provocati dalle apparecchiature rimaste nella grotta)».

«Il Comune di Altamura – citando ancora l'esposto – si rese subito disponibile ad un finanziamento di ben due miliardi e mezzo (di vecchie lire, ndr) e all'approvazione del progetto dopo un generico parere favorevole del Sovrintendente Archeologico, il quale, in precedenza, aveva già provveduto a squalificare il parere tecnico del MURST col semplice motivo che riteneva sua la competenza in merito. E la gara d'appalto imposta dalla legge? Manco a parlarne. Le opere furono completate il 19 luglio 2002. Il 31 luglio (12 giorni dopo) entrarono in tilt e la relativa causa fu attribuita ad un fulmine. Da allora le apparecchiature hanno funzionato a scartamento molto ridotto, in pratica sono rimaste accese solo le lampade poste a fronte dell'Uomo col risultato di farlo coprire di alghe. Tutte le opere elettriche e impiantistiche in questione non sono mai state controllate e tanto meno collaudate e ancora non si sa se siano conformi al progetto e se corrispondano al prezzo pagato». Difonzo, nello stesso esposto, denuncia "la mancata ricerca scientifica nell'arco di quindici anni".

Alla segnalazione di Difonzo rispose, con una lettera, il direttore regionale dei Beni Culturali arch. Ruggero Martines, che segnalò anche la Costituzione della Commissione di Studio: "Con la sua puntuale analisi degli errori del passato pone le basi per progettare un percorso futuro meno accidentato".

Il 23 giugno 2010, Difonzo ha scritto una lettera aperta al giudice dott. Francesco Bretone, responsabile dell'inchiesta sulle vicende tecnico-amministrative relative all'Uomo di Altamura. Dal giorno dell'esposto, l'ingegner Difonzo non ha ricevuto alcuna risposta. Nella recente lettera segnala che "il nodo della questione è se le concrezioni calcaree e il preziosissimo reperto abbiano subito danni e, in caso positivo, se i guasti siano permanenti e fino a che punto irreversibili".

Il progetto "Sarastro", proposto dall'Università di Bari e realizzato dal Consorzio di Ricerca "Digamma", è, allo stato attuale, l'unico intervento progettato per consentire la fruizione del sito.

"Il primo esempio di museo dal campo", annunciava il prof. Vittorio Pesce Delfino. Un "sistema di illuminazione a luce fredda e a finestra ristretta di lunghezza d'onda, con relative soluzioni tecnologiche per il ripristino della resa cromatica originale delle immagini destinate ai fruitori, ottenute con apparati di videosservazione bidimensionale e tridimensionale comandabili a distanza dai visitatori". I lavori del progetto "Sarastro", finanziati dal Comune di Altamura per un importo complessivo di circa 4 miliardi di vecchie lire, ebbero inizio a luglio 1999 e si conclusero ad ottobre 2001. I terminali dell'impianto sono sistemati nel Centro Visite presso Masseria Ragone, aperto al pubblico dal 2 giugno 2004. Quell'anno si contarono 8.619 visitatori (11.617 nel 2005 e 15.970 nel 2006).

All'estate 2006 risalgono i primi problemi. Venne segnalata la presenza di formazioni algali su alcune rocce e su segmenti ossei dell'Uomo. A provocare la loro formazione, i materiali utilizzati. L'impianto, nel 2009, su disposizione della Direzione Regionale, fu smontato.