San Michele delle Grotte: patrimonio rupestre a rischio
Il complesso ipogeo sorge nel centro della città
lunedì 23 marzo 2015
Non solo Uomo di Lamalunga e Cava Pontrelli.
Quando si parla di patrimonio storico e turistico altamurano, il discorso rischia spesso di essere egemonizzato dai siti più famosi del territorio, certamente importanti e degni di attenzione, ma che rischiano di oscurare preziose testimonianze del passato altrettanto meritevoli di tutela.
Molte di queste, come denuncia Mariella Forte, da anni impegnata su questo fronte della riscoperta delle pagine poco note della storia locale, riguardano il patrimonio rupestre altamurano, presente non solo nelle zone rurali, come negli insediamenti di Fornello, Iesce, Graviscella, ma anche nel cuore della città, come il complesso ipogeo di San Michele delle Grotte (o Sant'Angelo de la Ricza), che si trova nel centro abitato di Altamura, su via Madonna della Croce in pieno centro urbano, e che da tempo immemorabile, nell'indifferenza di molti, versa in completo stato di abbandono.
Secondo alcuni studiosi, l'insediamento risalirebbe al X sec. d.C.(il toponimo la Ricza o la Rizza ci riporta alla cultura longobarda) e costituiva probabilmente il centro di culto di una comunità agro-pastorale. Al suo interno si conservano, anche se in avanzato stato di degrado, interessantissime testimonianze dell'arte rupestre, preziosi affreschi di santi comuni alla devozione dei pellegrinaggi ha fatto avanzare l'ipotesi che la chiesa possa essere stata in antico luogo di raccoglimento spirituale per i numerosi viandanti che attraversavano il territorio di Altamura, ed anche per i pastori transumanti, che attraversavano il Gargano e si recavano nelle aree di posta dell'area murgiana.
Oltre alla presenza della chiesa-grotta, vi sono altre cavità che si sviluppano sotto il piano stradale, messe a rischio proprio dal traffico continuo su quell'arteria. Nella zona sono ben visibili i puntellamenti collocati per evitare il cedimento della parete che regge la strada. La chiesa rupestre, ormai collocata in un contesto urbanistico del tutto estraneo alla sua storia, era custodito dalla famiglia Chierico fino all'anno 2000, quando fu donato all'A.B.M.C. con lascito testamentario.
Lo scorso anno Palazzo di Città dispose la realizzazione di un sistema di contenimento, con ripristino delle condizioni minime di sicurezza attraverso un muro in tufo e una ringhiera. Una soluzione tampone che però non riguardava il sito in sé, che resta una pagina di storia altamurana a rischio di cancellazione.
"A cicli – dichiara Mariella Forte - si ascoltano amministratori e politici, magari a ridosso delle consultazioni elettorali, parlare di tutela delle testimonianze storiche e di sviluppo turistico della città, ma tale crescita passa inevitabilmente dal recupero e dalla fruibilità dei luoghi storico-artistici e non ci può essere sviluppo senza la consapevolezza della popolazione di quanto sia importante il recupero di tali testimonianze. Purtroppo il nostro territorio ha già perso importante occasioni di finanziamento per interventi strutturali, e laddove si è avuto accesso a tali fondi inevitabilmente e ripetutamente si sono registrati dissipazioni e sperperi di denaro pubblico".
Occasioni di recupero e di valorizzazione che la comunità non dovrebbe sprecare, anche se per molti è ancora forte la tentazione di dire che "con la cultura non si mangia".
Quando si parla di patrimonio storico e turistico altamurano, il discorso rischia spesso di essere egemonizzato dai siti più famosi del territorio, certamente importanti e degni di attenzione, ma che rischiano di oscurare preziose testimonianze del passato altrettanto meritevoli di tutela.
Molte di queste, come denuncia Mariella Forte, da anni impegnata su questo fronte della riscoperta delle pagine poco note della storia locale, riguardano il patrimonio rupestre altamurano, presente non solo nelle zone rurali, come negli insediamenti di Fornello, Iesce, Graviscella, ma anche nel cuore della città, come il complesso ipogeo di San Michele delle Grotte (o Sant'Angelo de la Ricza), che si trova nel centro abitato di Altamura, su via Madonna della Croce in pieno centro urbano, e che da tempo immemorabile, nell'indifferenza di molti, versa in completo stato di abbandono.
Secondo alcuni studiosi, l'insediamento risalirebbe al X sec. d.C.(il toponimo la Ricza o la Rizza ci riporta alla cultura longobarda) e costituiva probabilmente il centro di culto di una comunità agro-pastorale. Al suo interno si conservano, anche se in avanzato stato di degrado, interessantissime testimonianze dell'arte rupestre, preziosi affreschi di santi comuni alla devozione dei pellegrinaggi ha fatto avanzare l'ipotesi che la chiesa possa essere stata in antico luogo di raccoglimento spirituale per i numerosi viandanti che attraversavano il territorio di Altamura, ed anche per i pastori transumanti, che attraversavano il Gargano e si recavano nelle aree di posta dell'area murgiana.
Oltre alla presenza della chiesa-grotta, vi sono altre cavità che si sviluppano sotto il piano stradale, messe a rischio proprio dal traffico continuo su quell'arteria. Nella zona sono ben visibili i puntellamenti collocati per evitare il cedimento della parete che regge la strada. La chiesa rupestre, ormai collocata in un contesto urbanistico del tutto estraneo alla sua storia, era custodito dalla famiglia Chierico fino all'anno 2000, quando fu donato all'A.B.M.C. con lascito testamentario.
Lo scorso anno Palazzo di Città dispose la realizzazione di un sistema di contenimento, con ripristino delle condizioni minime di sicurezza attraverso un muro in tufo e una ringhiera. Una soluzione tampone che però non riguardava il sito in sé, che resta una pagina di storia altamurana a rischio di cancellazione.
"A cicli – dichiara Mariella Forte - si ascoltano amministratori e politici, magari a ridosso delle consultazioni elettorali, parlare di tutela delle testimonianze storiche e di sviluppo turistico della città, ma tale crescita passa inevitabilmente dal recupero e dalla fruibilità dei luoghi storico-artistici e non ci può essere sviluppo senza la consapevolezza della popolazione di quanto sia importante il recupero di tali testimonianze. Purtroppo il nostro territorio ha già perso importante occasioni di finanziamento per interventi strutturali, e laddove si è avuto accesso a tali fondi inevitabilmente e ripetutamente si sono registrati dissipazioni e sperperi di denaro pubblico".
Occasioni di recupero e di valorizzazione che la comunità non dovrebbe sprecare, anche se per molti è ancora forte la tentazione di dire che "con la cultura non si mangia".