Quando è l'informazione a bruciare

Una dedica all'editore di Free. La nostra solidarietà passa attraverso la letteratura

lunedì 14 febbraio 2011 17.00
A cura di Angela Colonna
Fu Nerone a volere l'incendio di Roma ?

XXXVIII. Sequitur clades, forte an dolo principis incertum ( nam utrumque auctores prodidere ), sed omnibus quae huic urbi per uiolentiam ignium acciderunt grauior atque atrocior. Initium in ea parte circi ortum quae Palatino Caelioque montibus contigua est, ubi per tabernas, quibus id mercimonium inerat quo flamma alitur, simul coeptus ignis et statim ualidus ac uento citus longitudinem circi corripuit. Neque enim domus munimentis saeptae uel templa muris cincta aut quid aliud morae interiacebat. Impetu peruagatum incendium plana primum, deinde in edita adsurgens et rursus inferiora, populando, antiit remedia uelocitate mali et obnoxia urbe artis itineribus hucque et illuc flexis atque enormibus uicis, qualis uetus Roma fuit. Ad hoc lamenta pauentium feminarum, fessa aetate aut rudis pueritiae [ aetas ], quique sibi quique aliis consulebant, dum trahunt inualidos aut opperiuntur, pars mora, pars festinans, cuncta impediebant. Et saepe dum in tergum respectant lateribus aut fronte circumueniebantur, uel si in proxima euaserant, illis quoque igni correptis, etiam quae longinqua crediderant in eodem casu reperiebant.

38. Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo dell'imperatore (gli storici infatti tramandano le due versioni) comunque il più grave e atroce toccato alla città a causa di un incendio. Iniziò nella parte del circo contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L'incendio invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. Si aggiungano le grida di donne atterrite, i vecchi smarriti e i bambini, e chi badava a sé e chi pensava agli altri e trascinava gli invalidi o li aspettava; e chi si precipita e chi indugia, in un intralcio generale. Spesso, mentre si guardavano alle spalle, erano investiti dal fuoco sui fianchi e di fronte, o, se alcuno riusciva a scampare in luoghi vicini, li trovava anch'essi in preda alle fiamme, e anche i posti che credevano lontani risultavano immersi nella stessa rovina.
da C. Cornelio Tacito, Annales, XV, 38

Dedicato a Francesco Pellegrino, responsabile editoriale del periodico di informazione e cultura locale "Free", vittima di episodi di danneggiamento. E a tutta l'informazione libera.