Pronto? Sono lo zio di...

Ma a Castellaneta non chiama neanche un cane. In manette per delle arance

lunedì 7 febbraio 2011 16.27
A cura di Angela Colonna
"Ruby" è ormai un termine che porta confusione nelle menti degli italiani, non solo per la palese ambiguità del suo valore semantico (verbo o nome proprio di persona?), ma anche perché con "innocenza" ha determinato nuove interazioni con recettori della nostra membrana postsinaptica, cosicché si è compiuto un automatico legame di congiunzione tra termini quali "rubi-legalità-telefonate-zio-estraneità ai fatti". E manca poco che a questi si aggiungano "ingenuità-candore adolescenziale-verginità". Insomma sappiamo che la ragazza di nome Ruby, ormai di fama mondiale, era finita in questura con l'accusa di furto dal valore di due stipendi mensili di poliziotti. Ma la situazione fu presto risolta con una telefonata.

Forse la pensavano così i due ragazzi, di cui uno altamurano, che sono stati tratti in arresto a Castellaneta per un furto di quattro quintali di arance. Considerando il costo medio del frutto, si è trattato di un bottino da circa 400,00 euro. Naturalmente il furto va punito, le manette rappresentano la giusta risposta e di certo non è l'entità della ruberia a costituire il metro di misura per stabilire "le sbarre". La legge è chiara. È uguale per tutti (è uguale per tutti?). Ma probabilmente i ragazzi attendevano una telefonata. Mai arrivata. E già, le linee telefoniche negli ultimi tempi sono andate in tilt, in tutti gli studi televisivi gli operatori dei call center erano impegnati a rispondere "alla voce". Ecco, la confusione nasce da questi esempi. Se la consuetudine diventa legge, allora la faciloneria di una frase detta via cavo può risultare un valido esempio di soluzione di un problema anche in ambito legale. Qualcuno presentandosi alla giovane prorompente potrebbe ribattere con gratuita sfrontatezza - ma giustificata dagli episodi – "Ruby? Anch'io!", tanto per alcuni rientra nella norma comportamentale italiana!