Per più di un anno sola con i cadaveri delle due sorelle
Intervista a Gianpaolo Balsamo, cronista di nera che ha seguito il caso Tupputi. Sabato scorso la presentazione del suo libro presso l'Antica Masseria dell'Alta Murgia
lunedì 27 giugno 2011
15.47
10 agosto 2007. Da oltre un anno vegliava i corpi senza vita delle due sorelle, sperando nella loro resurrezione. Sola nel silenzio di una villa costruita alla periferia di Barletta. Quella casa era diventata la tomba di tre donne unite da un legame che andava al di là della morte. Fortemente ancorate ad una fede esasperata, che deformava la realtà a tal punto da renderla inesistente, estranea, esterna ad un mondo chiuso fra quattro pareti. Una tomba ignorata da tutti. O forse semplicemente dimenticata. Fino alla tragica scoperta.
Stefania Tupputi è l'unica sopravvissuta. Per più di dodici mesi ha vegliato i cadaveri delle due sorelle, Carla ed Angela Teresa, morte per malattia. Con meticolosa precisione, giorno dopo giorno, compilò un diario che raccoglie visioni, pensieri, riflessioni, descrizioni di ciò che avvenne nella villa in quei lunghi giorni di volontario isolamento. La storia di solitudine e di amore delle tre donne lasciò senza parole la città di Barletta. Una storia di profonda indifferenza, che pone degli interrogativi. In un anno nessuno si accorse di nulla? Pochi giorni dopo la scoperta, l'abitazione fu misteriosamente bruciata. Gianpaolo Balsamo, cronista di nera nella redazione del Nord Barese de «La Gazzetta del Mezzogiorno», seguì la vicenda passo dopo passo, raccogliendo documenti e testimonianze che potessero servire a ricostruire e a raccontare i fatti così come erano accaduti. Il suo lungo lavoro di ricerca è confluito nelle pagine di un libro, "Vegliando oltre il cancello", Secop edizioni. Gianpaolo Balsamo lo ha presentato sabato 25 giugno nei giardini dell'Antica Masseria dell'Alta Murgia. Insieme all'autore sono intervenuti, nel corso della serata, lo scrittore e sociologo Leonardo Palmisano e la conduttrice radiofonica e giornalista Annalisa Colavito. Segue l'intervista a Gianpaolo Balsamo.
Lei scrive "raccontare per restituire un senso al dolore". In che modo?
È una storia particolare. Dedico il libro a Stefania, l'unica sopravvissuta, che ha affrontato un'esperienza forte e tragica allo stesso tempo. Su questa vicenda è stato detto di tutto. Si è parlato di messe nere, di riti satanici. Io non ho fatto altro che ricostruire i fatti con le testimonianze di chi, come me, li ha vissuti da vicino. Ho cercato di dare un senso alla disperazione. Rimane comunque una storia drammatica.
Lei ha letto i diari di Stefania Tupputi. Che cosa emerge da quelle annotazioni?
L'estrema dolcezza di questa donna. Riporto gli scritti di Stefania nel libro. C'è una lucida follia alla base perché una donna che descrive la morte delle sorelle in una maniera così distaccata non rientra in ciò che viene definito "normale". Però c'è anche la dolcezza di una donna che sembra abbia scelto di esiliarsi con la consapevolezza di essere stata esiliata volontariamente dalla società.
Quindi c'è stata una scelta di autoisolamento…
Da parte delle tre sorelle sì. Questo è il motivo per cui anche il Sostituto Procuratore, che è il titolare del fascicolo d'inchiesta, non ha ravvisato nessun reato.
Ci sono tanti interrogativi che si impongono quando avvengono fatti come questo. Scrivere un libro rappresenta anche il tentativo di trovare delle risposte?
In realtà di interrogativi ne ho tanti, però, proprio perché ho fatto il cronista puntiglioso, raccontando semplicemente i fatti, gli interrogativi se li stanno ponendo anche i lettori. Io non rispondo. Lascio che siano gli altri a rispondere. Durante la lettura del libro ci si accorge delle parti in cui "compare" il punto interrogativo. La villa, subito dopo la scoperta dei cadaveri, è stata saccheggiata ed incendiata. Perché? Le tre donne frequentavano un gruppo di preghiera, I Carismatici. Tutte le persone che ruotavano attorno a questo gruppo come mai all'improvviso si sono allontanate? Sono interrogativi a cui nemmeno il magistrato è riuscito a rispondere.
Come si fa a mantenere il "distacco giornalistico" di fronte a fatti così "eclatanti"?
Ecco perché il parto di questo libro è durato tre anni. Non è stato semplice mettere insieme tutto il materiale, ma, soprattutto, non è stato semplice distaccarsi da questo materiale, perché comunque viene fuori l'uomo. L'obiettivo primario non era quello di dare una mia interpretazione. Ho cercato davvero di distaccarmi, di raccontare i fatti così come sono avvenuti. Per questo stasera ho portato le fotografie scattate dalla Polizia scientifica il giorno del ritrovamento.
Il titolo del libro è "Vegliando oltre il cancello". Il cancello può indicare una sorta di chiusura della società nei confronti di queste tre donne?
Sulla copertina c'è l'immagine del cancello e di Stefania Tupputi. Il cancello divide il mondo dei vivi da quello dei morti, ma anche l'amore di queste tre sorelle, che hanno voluto rimanere insieme fino alla fine, dall'indifferenza della società. Stefania è raffigurata di spalle, dà le spalle ad una società che per tanto tempo ha fatto finta di niente.
Questa storia è stata definita "folle". Qual è il limite tra la follia e l'umanamente comprensibile?
Un limite sottile, perché la storia nasce da un'esasperazione della religione. Il limite è sottile perché non so se folli siano state le tre donne o se sia stata la società, che per tanto tempo ha fatto finta di niente. Mi chiedo se si possa, al giorno d'oggi, essere dimenticati da un'intera società e per così tanto tempo. Parliamo di oltre un anno…
Come si fa a non accorgersi per più di un anno della presenza di cadaveri in un'abitazione?
C'è uno scrittore statunitense, e nel libro riporto la frase, che dice è più facile amare l'umanità che il proprio vicino di casa. Questa è la testimonianza tangibile.
Che fine ha fatto Stefania?
Stefania adesso è una persona come tutte le altre. Vive in un appartamento al centro di Barletta. Inizialmente ha avuto anche da ridire sul libro, ma non lo aveva ancora letto. Alla fine le è piaciuto il modo in cui ho affrontato la vicenda, descrivendo la sua vita.
Qual è stata la risposta dei lettori al suo libro?
Tanta curiosità e tanti interrogativi che mi vengono posti. Sto raccogliendo consensi soprattutto da parte dei giovani perché è un libro che scuote. Spiega che fine può fare una persona abbandonata da tutti.
Stefania Tupputi è l'unica sopravvissuta. Per più di dodici mesi ha vegliato i cadaveri delle due sorelle, Carla ed Angela Teresa, morte per malattia. Con meticolosa precisione, giorno dopo giorno, compilò un diario che raccoglie visioni, pensieri, riflessioni, descrizioni di ciò che avvenne nella villa in quei lunghi giorni di volontario isolamento. La storia di solitudine e di amore delle tre donne lasciò senza parole la città di Barletta. Una storia di profonda indifferenza, che pone degli interrogativi. In un anno nessuno si accorse di nulla? Pochi giorni dopo la scoperta, l'abitazione fu misteriosamente bruciata. Gianpaolo Balsamo, cronista di nera nella redazione del Nord Barese de «La Gazzetta del Mezzogiorno», seguì la vicenda passo dopo passo, raccogliendo documenti e testimonianze che potessero servire a ricostruire e a raccontare i fatti così come erano accaduti. Il suo lungo lavoro di ricerca è confluito nelle pagine di un libro, "Vegliando oltre il cancello", Secop edizioni. Gianpaolo Balsamo lo ha presentato sabato 25 giugno nei giardini dell'Antica Masseria dell'Alta Murgia. Insieme all'autore sono intervenuti, nel corso della serata, lo scrittore e sociologo Leonardo Palmisano e la conduttrice radiofonica e giornalista Annalisa Colavito. Segue l'intervista a Gianpaolo Balsamo.
Lei scrive "raccontare per restituire un senso al dolore". In che modo?
È una storia particolare. Dedico il libro a Stefania, l'unica sopravvissuta, che ha affrontato un'esperienza forte e tragica allo stesso tempo. Su questa vicenda è stato detto di tutto. Si è parlato di messe nere, di riti satanici. Io non ho fatto altro che ricostruire i fatti con le testimonianze di chi, come me, li ha vissuti da vicino. Ho cercato di dare un senso alla disperazione. Rimane comunque una storia drammatica.
Lei ha letto i diari di Stefania Tupputi. Che cosa emerge da quelle annotazioni?
L'estrema dolcezza di questa donna. Riporto gli scritti di Stefania nel libro. C'è una lucida follia alla base perché una donna che descrive la morte delle sorelle in una maniera così distaccata non rientra in ciò che viene definito "normale". Però c'è anche la dolcezza di una donna che sembra abbia scelto di esiliarsi con la consapevolezza di essere stata esiliata volontariamente dalla società.
Quindi c'è stata una scelta di autoisolamento…
Da parte delle tre sorelle sì. Questo è il motivo per cui anche il Sostituto Procuratore, che è il titolare del fascicolo d'inchiesta, non ha ravvisato nessun reato.
Ci sono tanti interrogativi che si impongono quando avvengono fatti come questo. Scrivere un libro rappresenta anche il tentativo di trovare delle risposte?
In realtà di interrogativi ne ho tanti, però, proprio perché ho fatto il cronista puntiglioso, raccontando semplicemente i fatti, gli interrogativi se li stanno ponendo anche i lettori. Io non rispondo. Lascio che siano gli altri a rispondere. Durante la lettura del libro ci si accorge delle parti in cui "compare" il punto interrogativo. La villa, subito dopo la scoperta dei cadaveri, è stata saccheggiata ed incendiata. Perché? Le tre donne frequentavano un gruppo di preghiera, I Carismatici. Tutte le persone che ruotavano attorno a questo gruppo come mai all'improvviso si sono allontanate? Sono interrogativi a cui nemmeno il magistrato è riuscito a rispondere.
Come si fa a mantenere il "distacco giornalistico" di fronte a fatti così "eclatanti"?
Ecco perché il parto di questo libro è durato tre anni. Non è stato semplice mettere insieme tutto il materiale, ma, soprattutto, non è stato semplice distaccarsi da questo materiale, perché comunque viene fuori l'uomo. L'obiettivo primario non era quello di dare una mia interpretazione. Ho cercato davvero di distaccarmi, di raccontare i fatti così come sono avvenuti. Per questo stasera ho portato le fotografie scattate dalla Polizia scientifica il giorno del ritrovamento.
Il titolo del libro è "Vegliando oltre il cancello". Il cancello può indicare una sorta di chiusura della società nei confronti di queste tre donne?
Sulla copertina c'è l'immagine del cancello e di Stefania Tupputi. Il cancello divide il mondo dei vivi da quello dei morti, ma anche l'amore di queste tre sorelle, che hanno voluto rimanere insieme fino alla fine, dall'indifferenza della società. Stefania è raffigurata di spalle, dà le spalle ad una società che per tanto tempo ha fatto finta di niente.
Questa storia è stata definita "folle". Qual è il limite tra la follia e l'umanamente comprensibile?
Un limite sottile, perché la storia nasce da un'esasperazione della religione. Il limite è sottile perché non so se folli siano state le tre donne o se sia stata la società, che per tanto tempo ha fatto finta di niente. Mi chiedo se si possa, al giorno d'oggi, essere dimenticati da un'intera società e per così tanto tempo. Parliamo di oltre un anno…
Come si fa a non accorgersi per più di un anno della presenza di cadaveri in un'abitazione?
C'è uno scrittore statunitense, e nel libro riporto la frase, che dice è più facile amare l'umanità che il proprio vicino di casa. Questa è la testimonianza tangibile.
Che fine ha fatto Stefania?
Stefania adesso è una persona come tutte le altre. Vive in un appartamento al centro di Barletta. Inizialmente ha avuto anche da ridire sul libro, ma non lo aveva ancora letto. Alla fine le è piaciuto il modo in cui ho affrontato la vicenda, descrivendo la sua vita.
Qual è stata la risposta dei lettori al suo libro?
Tanta curiosità e tanti interrogativi che mi vengono posti. Sto raccogliendo consensi soprattutto da parte dei giovani perché è un libro che scuote. Spiega che fine può fare una persona abbandonata da tutti.