Per appassionarsi all'Uomo di Altamura...
Presentato a Bari il secondo volume della rivista "dire in Puglia". È interamente dedicato all'importante reperto
giovedì 2 dicembre 2010
08.30
"Non è necessario essere paleontologi per appassionarsi all'Uomo di Altamura. Dalla sua scoperta, nel 1993, ad opera di un gruppo di speleologi, e dalle prime stime morfologiche del prof. Pesce Delfino, malgrado i giganteschi progressi compiuti negli ultimi decenni dalla biologia, dalla genetica e dalla chimica, l'Uomo è riuscito a nascondere i tratti essenziali della sua identità". A scriverlo è Danielle Mazzonis che, all'epoca della stupefacente scoperta ad opera del Cars (Centro Altamurano Ricerche Speleologiche), era sottosegretario ai Beni Culturali.
È stato presentato a Bari, lo scorso 26 novembre, il secondo numero della rivista "dire in Puglia", interamente dedicato agli studi sull'Uomo arcaico. Si tratta di una pubblicazione periodica prodotta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia). Il "primo anello di una catena", come lo ha definito Ruggero Martines, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, che ieri ha lasciato l'incarico ad Isabella Lapi Ballerini. "Non siamo al punto che segna la fine di una ricerca", scrive nel volume, "infatti, sulla scorta delle attività realizzate con il primo finanziamento, è possibile individuare una serie di ulteriori studi e ricerche che permetterebbero di ampliare il livello attuale delle conoscenze".
Per il futuro si punta sulla conservazione e sulla eventuale fruizione del reperto, oltre che sulla ricerca. "Mancano ancora dei tasselli", continua Martines. Si dovrà procedere alla determinazione della datazione assoluta dei reperti ossei attraverso l'utilizzo di tecniche non distruttive e all'approfondimento dello studio di tratti importanti del genoma nucleare. Essenziale sarà lo studio di fattibilità per l'allestimento museale, che, attraverso tecniche ricostruttive e multimediali, possa far comprendere al grande pubblico quanto dalle ricerche condotte è emerso. Come ipotesi di lavoro, si pensa che l'individuo sia rimasto in vita dopo la caduta senza avere la possibilità di risalire all'esterno. Ad eccezione della scapola destra, che presenta una frattura, e di un altro elemento, le ossa appaiono integre. Si può pensare anche che l'individuo si sia spostato all'interno della grotta cercando una via d'uscita.
Quello che "dire in Puglia" propone è un viaggio cartaceo, risultato di tre anni di ricerca, attraverso la scoperta, la storia e gli studi di questo prezioso reperto. Un Neandertaliano dai capelli probabilmente rossicci – come è stato spiegato durante la presentazione dei risultati di studio ad Altamura - piuttosto basso e il cui scheletro risalirebbe a circa 60/40mila anni fa. Giunse sulla Murgia forse in cerca di cibo e cadde nella grotta di Lamalunga, una tomba che ne ha protetto l'integrità e garantito la conservazione. C'è una cupola di acciaio che chiude l'attuale imbocco della cavità. All'interno del volume, la storia della scoperta e dei primi interventi sul giacimento è riassunta da Donata Venturo, direttore del Museo Archeologico di Altamura, che ne ha seguito le vicende per la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Teresa Elena Cinquantaquattro, soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, traccia, invece, un vademecum su quello che si dovrà, che si potrà e o che si potrebbe fare. Nel volume non mancano le immagini fotografiche.
Ad oggi la grotta, al di là del tratto di cavità che dal pozzo di ingresso conduce alla zona dell'abside, lungo circa 80 metri, presenta ambienti non topografati. In queste zone, gli speleologi del Cars vogliono completare il lavoro di ricognizione e topografia con tecniche speleologiche non invasive. A fine gennaio 2010, il Centro Altamurano di Ricerche Speleologiche ha ricevuto il nulla osta per la realizzazione del progetto.
Il Cars, già nel 2006, aveva dedicato il n. 1 del proprio periodico di informazione scientifica, "Ricerche speleologiche", all'eccezionale scoperta.
È stato presentato a Bari, lo scorso 26 novembre, il secondo numero della rivista "dire in Puglia", interamente dedicato agli studi sull'Uomo arcaico. Si tratta di una pubblicazione periodica prodotta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia). Il "primo anello di una catena", come lo ha definito Ruggero Martines, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, che ieri ha lasciato l'incarico ad Isabella Lapi Ballerini. "Non siamo al punto che segna la fine di una ricerca", scrive nel volume, "infatti, sulla scorta delle attività realizzate con il primo finanziamento, è possibile individuare una serie di ulteriori studi e ricerche che permetterebbero di ampliare il livello attuale delle conoscenze".
Per il futuro si punta sulla conservazione e sulla eventuale fruizione del reperto, oltre che sulla ricerca. "Mancano ancora dei tasselli", continua Martines. Si dovrà procedere alla determinazione della datazione assoluta dei reperti ossei attraverso l'utilizzo di tecniche non distruttive e all'approfondimento dello studio di tratti importanti del genoma nucleare. Essenziale sarà lo studio di fattibilità per l'allestimento museale, che, attraverso tecniche ricostruttive e multimediali, possa far comprendere al grande pubblico quanto dalle ricerche condotte è emerso. Come ipotesi di lavoro, si pensa che l'individuo sia rimasto in vita dopo la caduta senza avere la possibilità di risalire all'esterno. Ad eccezione della scapola destra, che presenta una frattura, e di un altro elemento, le ossa appaiono integre. Si può pensare anche che l'individuo si sia spostato all'interno della grotta cercando una via d'uscita.
Quello che "dire in Puglia" propone è un viaggio cartaceo, risultato di tre anni di ricerca, attraverso la scoperta, la storia e gli studi di questo prezioso reperto. Un Neandertaliano dai capelli probabilmente rossicci – come è stato spiegato durante la presentazione dei risultati di studio ad Altamura - piuttosto basso e il cui scheletro risalirebbe a circa 60/40mila anni fa. Giunse sulla Murgia forse in cerca di cibo e cadde nella grotta di Lamalunga, una tomba che ne ha protetto l'integrità e garantito la conservazione. C'è una cupola di acciaio che chiude l'attuale imbocco della cavità. All'interno del volume, la storia della scoperta e dei primi interventi sul giacimento è riassunta da Donata Venturo, direttore del Museo Archeologico di Altamura, che ne ha seguito le vicende per la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Teresa Elena Cinquantaquattro, soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, traccia, invece, un vademecum su quello che si dovrà, che si potrà e o che si potrebbe fare. Nel volume non mancano le immagini fotografiche.
Ad oggi la grotta, al di là del tratto di cavità che dal pozzo di ingresso conduce alla zona dell'abside, lungo circa 80 metri, presenta ambienti non topografati. In queste zone, gli speleologi del Cars vogliono completare il lavoro di ricognizione e topografia con tecniche speleologiche non invasive. A fine gennaio 2010, il Centro Altamurano di Ricerche Speleologiche ha ricevuto il nulla osta per la realizzazione del progetto.
Il Cars, già nel 2006, aveva dedicato il n. 1 del proprio periodico di informazione scientifica, "Ricerche speleologiche", all'eccezionale scoperta.