Omicidio Dambrosio, Loiudice si difende dalle accuse

«Eravamo vicini di cella e amici, perché volerlo morto?». Nel delitto coinvolti anche i figli Alberto e Michele

martedì 28 dicembre 2010 13.24
Giovanni Loiudice e Bartolomeo Dambrosio erano «vicini di cella e amici». Con queste parole, Loiudice padre si è difeso dall'accusa di omicidio volontario e aggravato. Era stato arrestato lo scorso 24 dicembre. Ieri mattina, durante l'interrogatorio di garanzia, ha risposto con una domanda alla domanda del gip del Tribunale di Bari Vito Fanizzi. Dal momento che i due erano amici, «perché volere» Dambrosio «morto?». Secondo gli investigatori, il delitto è maturato nell'ambito di una guerra di mala fra i due clan, diventati rivali. Si contendevano il controllo di Altamura.

Un tempo Loiudice e Dambrosio facevano parte dello stesso gruppo criminale, quello vicino al clan dei Palermiti. Insieme furono arrestati a marzo 2002 nell'operazione denominata "Canto del Cigno", che portò in carcere centotrentuno persone accusate di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Loiudice era già finito in carcere nel 1996, nell'ambito dell'operazione antimafia "Carlo Magno", ma al processo venne assolto dalle accuse di aver ucciso nel 1991 l'allora boss di Altamura Giovanni Caggiano e di aver preparato un attentato a Pinuccio Tatarella nel 1996. Tornato in libertà il 28 febbraio del 2003, sfuggì ad un agguato per essersi accorto in tempo che un'auto lo stava affiancando in corsa. Si allontanò da Altamura nascondendosi in Sud America. In sua assenza, Dambrosio sarebbe riuscito a controllare tutte le attività illecite della città e a diventare il boss incontrastato della Murgia.

Loiudice è tornato in Puglia l'estate scorsa, secondo gli investigatori proprio per progettare l'omicidio, la cui esecuzione il boss avrebbe affidato anche ai figli, Alberto e Michele, arrestati nell'ambito della stessa indagine.

Foto di Luca Turi.