Omicidio Cammisa, arrestati il mandante e l'esecutore
Delitto maturato per i traffici di droga. L'uomo fu ucciso in casa mentre era insieme alla figlia di 5 anni
mercoledì 25 luglio 2018
12.35
I Carabinieri della Compagnia di Altamura hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Bari, nei confronti di Donato Francesco Rinaldi, 59enne, considerato dagli inquirenti a capo dell'omonimo clan operante nell'area murgiana, e Stefano Annoscia 28enne, ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore materiale dell'omicidio di Francesco Cammisa, avvenuto ad Altamura il 16 giugno 2014.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, la sera dell'omicidio un individuo travisato da passamontagna si era presentato presso l'abitazione di Cammisa e, dopo essersi fatto aprire la porta d'ingresso dalla moglie, si era diretto senza indugio nella camera da letto. E qui aveva esploso al suo indirizzo due colpi di pistola calibro 9 mentre l'uomo era sdraiato sul letto in compagnia della figlia, di appena 5 anni. Poi il killer era fuggito velocemente per le scale della palazzina popolare dove Cammisa viveva.
Secondo quanto si apprende in una nota stampa del Comando Carabinieri le indagini hanno consentito di accertare che l'omicidio è maturato nel mondo dello spaccio di stupefacenti in cui era coinvolta, oltre gli indagati, anche la vittima. E sono state ricostruite le ore che precedettero l'omicidio. In particolare, secondo l'inchiesta della Direzione Distrettuale antimafia di Bari, Rinaldi - anche in virtù della sua posizione sovraordinata nell'organizzazione criminale - qualche ora prima del delitto aveva convocato Cammisa presso la sua abitazione. Durante una furibonda lite gli aveva contestato sia di aver immesso sul mercato una partita di marijuana a lui riferibile, svolgendo le operazioni di taglio della sostanza così male da non garantire i guadagni sperati una volta ceduta agli acquirenti, sia di non aver saldato i debiti pregressi, sempre legati allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Per questi motivi era maturato il proposito criminale di ucciderlo. Rinaldi aveva deciso di incaricare nell'esecuzione del delitto Annoscia, in quanto questi conosceva bene le abitudini di Cammisa ed aveva frequentato spesso l'abitazione di quest'ultimo.
Il giudice per le indagini preliminari, condividendo pienamente il quadro probatorio delineato dalla locale Procura della Repubblica che ha diretto e coordinato le indagini svolte dai Carabinieri, oltre alla contestazione per entrambi gli indagati del reato di omicidio e detenzione e porto abusivo di pistola, ha riconosciuto l'aggravante mafiosa per le modalità efferate con le quali è stato portato a termine il delitto.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, la sera dell'omicidio un individuo travisato da passamontagna si era presentato presso l'abitazione di Cammisa e, dopo essersi fatto aprire la porta d'ingresso dalla moglie, si era diretto senza indugio nella camera da letto. E qui aveva esploso al suo indirizzo due colpi di pistola calibro 9 mentre l'uomo era sdraiato sul letto in compagnia della figlia, di appena 5 anni. Poi il killer era fuggito velocemente per le scale della palazzina popolare dove Cammisa viveva.
Secondo quanto si apprende in una nota stampa del Comando Carabinieri le indagini hanno consentito di accertare che l'omicidio è maturato nel mondo dello spaccio di stupefacenti in cui era coinvolta, oltre gli indagati, anche la vittima. E sono state ricostruite le ore che precedettero l'omicidio. In particolare, secondo l'inchiesta della Direzione Distrettuale antimafia di Bari, Rinaldi - anche in virtù della sua posizione sovraordinata nell'organizzazione criminale - qualche ora prima del delitto aveva convocato Cammisa presso la sua abitazione. Durante una furibonda lite gli aveva contestato sia di aver immesso sul mercato una partita di marijuana a lui riferibile, svolgendo le operazioni di taglio della sostanza così male da non garantire i guadagni sperati una volta ceduta agli acquirenti, sia di non aver saldato i debiti pregressi, sempre legati allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Per questi motivi era maturato il proposito criminale di ucciderlo. Rinaldi aveva deciso di incaricare nell'esecuzione del delitto Annoscia, in quanto questi conosceva bene le abitudini di Cammisa ed aveva frequentato spesso l'abitazione di quest'ultimo.
Il giudice per le indagini preliminari, condividendo pienamente il quadro probatorio delineato dalla locale Procura della Repubblica che ha diretto e coordinato le indagini svolte dai Carabinieri, oltre alla contestazione per entrambi gli indagati del reato di omicidio e detenzione e porto abusivo di pistola, ha riconosciuto l'aggravante mafiosa per le modalità efferate con le quali è stato portato a termine il delitto.