Medico licenziato voleva far uccidere l'ex datore di lavoro

Roberto Giannico dirigeva il lebbrosario dell'ospedale "Miulli". Il Vescovo: "Che la magistratura faccia al più presto luce sui fatti"

sabato 20 novembre 2010 10.29
Voleva far uccidere l'ex datore di lavoro per essere stato licenziato. È accaduto all'ospedale "Miulli" di Acquaviva delle Fonti, ente ecclesiastico di proprietà della Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. Roberto Giannico, dermatologo 50enne, è agli arresti domiciliari nella sua abitazione a Taranto da ieri mattina con le accuse di tentata estorsione, tentato omicidio e falsità materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale. Ex dirigente medico della Colonia Hanseniana di Gioia del Colle, gestita dall'ospedale "Miulli", attualmente in servizio alla Asl 5 di Valsinni (Mt), Giannico era stato licenziato per motivi disciplinari dal responsabile della struttura, don Mimmo Laddaga.

A luglio 2009, secondo la direzione dell'Ospedale, l'uomo falsifica ed altera i diari clinici di due pazienti in cura presso il lebbrosario di Gioia del Colle per occultare un presunto caso di malasanità a lui attribuito. Giannico presenta un ricorso al Tribunale del Lavoro di Bari, ma i giudici rigettano la richiesta. Così decide di farsi giustizia da solo, raccogliendo in un "dossier" una serie di informazioni sull'Ente. Storie – secondo Giannico e sulle quali la Procura di Bari ha aperto un'inchiesta parallela - di presunta malasanità, ma anche di presunta mala gestione, di falsi ricoveri, di presunto sperpero di denaro pubblico (l'Ente riceve cospicui finanziamenti dalla Regione Puglia), di patrimoni "distratti", donati al lebbrosario e messi invece a disposizione del "Miulli". Storie di bambini partoriti (Giannico sostiene di essere a conoscenza di almeno due casi) da pazienti dell'Ospedale che venivano dichiarati morti dopo la nascita, ma poi dati illegalmente in adozione (anche su questo particolare aspetto la Procura ha avviato un'inchiesta).

Giannico minaccia di consegnare il "dossier" alla stampa se le sue richieste di denaro (circa un milione e mezzo) non vengono esaudite. Don Mimmo Laddaga, però, è disposto a concedere al suo ex dipendente non più di 50mila euro per aver interrotto il rapporto di lavoro senza preavviso. Il dermatologo invia il "dossier" alla Procura nazionale antimafia, alla Procura di Bari, alla Corte dei Conti, alla Commissione parlamentare d'inchiesta in campo sanitario e all'assessorato regionale alla Sanità, ma anche a diversi organi di stampa. Un'azione, secondo gli investigatori, tesa a gettar fango sull'Ente e che doveva servire a convincere i dirigenti dell'Ospedale a sborsare la somma richiesta, poi scesa a 600/700 mila euro.

La strategia non porta a risultati ed il medico inizia a pianificare la morte di don Mimmo Laddaga. Giannico ha contatti con un esponente del clan camorristico salernitano "Pecoraro". Quest'ultimo gli presenta un personaggio di spicco del proprio clan, in grado di poter compiere l'omicidio. Secondo gli inquirenti, il dermatologo incontra il possibile killer del prete proprio a Salerno l'8 ottobre scorso. La somma richiesta (non meno di 50mila euro) è troppo alta. I due non trovano un accordo. Per questo motivo l'indagato si rivolge alla mala tarantina, ma comincia a meditare di compiere lui stesso l'omicidio. Di qui la necessità, da parte della Procura di Bari, di dare un'accelerazione all'inchiesta, e, quindi, di arrestate il medico per proteggere la vita del sacerdote.

"Appresa la notizia del comportamento persecutorio e del progetto di eliminazione da parte di un medico, ex dipendente dell'ospedale Miulli nei confronti del sacerdote don Mimmo Laddaga, nonché delle numerose e inaudite calunnie perpetrate verso il sacerdote e l'intera amministrazione dell'ospedale – si legge in un comunicato della Diocesi - il vescovo Mario Paciello, pastore della Diocesi e governatore dell'Ente Ecclesiastico Ospedale "Miulli", conoscendo la dedizione, lo spirito di sacrificio, la rettitudine morale e la trasparenza gestionale del suo delegato, insieme a tutto il Presbiterio, esprime vivo rammarico per l'accaduto, fraterna vicinanza, indiscussa stima verso don Mimmo e auspica che la magistratura faccia al più presto luce sui fatti".

I Sacerdoti e il Capitolo Cattedrale, "facendosi voce di tutta la Chiesa di Acquaviva delle Fonti", esprimono, in una nota, "affetto e solidarietà al confratello don Mimmo Laddaga in seguito agli incresciosi avvenimenti resi noti dalla stampa e dai mezzi di comunicazione sociale. Manifestano altresì apprezzamento per il suo infaticabile ministero presso l'Ente Ecclesiastico Ospedale F. Miulli a beneficio di tutta la Città e delle nostre Comunità, certi che la testimonianza e il lavoro quotidiano, onesto e generoso, di quanti operano presso l'Ente Miulli sia la risposta migliore a coloro che in vario modo offuscano il bene dell'Ospedale e di conseguenza delle nostre famiglie e comunità".