L'uso dei farmaci biosimilari
Dubbi e perplessità. Se ne è parlato ieri in un convegno organizzato dal Tribunale della Salute "Mons. Nicola Loiudice"
martedì 21 settembre 2010
11.22
"Farmaci biosimilari… il prodotto non cambia" così si legge sulla locandina dell'incontro avvenuto ieri all'interno della chiesa di S. Domenico, organizzato dal Tribunale della Salute "Mons. Nicola Loiudice". Il nocciolo della questione è il seguente: è necessario sensibilizzare i cittadini e prima di loro i medici all'uso di farmaci biosimilari.
Ma facciamo un passo per volta. Cosa sono questi farmaci? Come ha specificato uno dei relatori della serata, il prof. Pier Luigi Canonico, preside della Facoltà di Farmacia di Novara e preside eletto della Società di Farmacologia Italiana (S.I.F.), alla base del problema vi è una non corretta comprensione del termine. Molti tendono a confondere i farmaci biosimilari con quelli biologici, due cose diametralmente opposte. I farmaci biotecnologici (detti anche biosimilari) sono quei farmaci ottenuti mediante tecnica di DNA ricombinante. Cercando di chiarire si potrebbe dire che il DNA è la macromolecola dove risiedono tutte le informazioni necessarie alla cellula per vivere e riprodursi. Per riprodurre uno specifico tratto di DNA, portatore di precise informazioni, attraverso la suddetta tecnica, questo deve essere introdotto in microrganismi semplici in grado di riprodurre in serie amplificata la molecola voluta.
I farmaci biosimilari sono dunque prodotti biotecnologici con caratteristiche chimiche della molecola di partenza. La nascita di questi prodotti è stata resa necessaria per abbattere i costi della spesa sanitaria che, col passare del tempo, diviene sempre più alta. Si è calcolato che tra vent'anni lo Stato non potrà pagare più del 50% dei farmaci consumati.
Il secondo problema è di carattere pratico. Si parla di sostituibilità: chi stabilisce infatti, se passare o meno all'uso di un farmaco biosimilare? C'è ancora poca informazione e poca chiarezza. Ad essere confusi sono anche gli stessi medici che si troverebbero davanti alla scelta di somministrare a un paziente un farmaco biosimilare piuttosto che un altro. L'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) stabilisce che per i pazienti affetti da malattie croniche il medico può decidere o meno di sostituire i vecchi medicinali con i nuovi biosimilari. Per i nuovi malati invece si potrebbe pensare di cominciare direttamente con la somministrazione dei biosimoilari. La domanda che spontaneamente sorge è la seguente: perché i nuovi pazienti dovrebbero essere sottoposti a maggiori rischi?
Il dott. Filippo Anelli, vicepresidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Bari, ha sottolineato che non si è giunti alla sovrapposizione perfetta delle due tipologie di farmaci, anche se l'uso dei biosimilari abbatterebbe senza dubbio le spese sanitarie. I risultati ottenuti sino ad oggi, comunque, risultano essere soddisfacenti. Necessario, prosegue il prof. Anelli, risulta essere il consenso informato: bisogna far conoscere al paziente ciò che il medico decide di fare sia nella diagnostica che nella terapia.
Parere condiviso anche dal Dott. Giuseppe Gaetano Morea (Segretario Ordine dei Farmacisti di Bari), che ha sottolineato come i medici siano obbligati a informare sulla qualità di tutti i farmaci, concludendo però che "non siamo Dio, solo lui può ricreare la perfezione".
Ma facciamo un passo per volta. Cosa sono questi farmaci? Come ha specificato uno dei relatori della serata, il prof. Pier Luigi Canonico, preside della Facoltà di Farmacia di Novara e preside eletto della Società di Farmacologia Italiana (S.I.F.), alla base del problema vi è una non corretta comprensione del termine. Molti tendono a confondere i farmaci biosimilari con quelli biologici, due cose diametralmente opposte. I farmaci biotecnologici (detti anche biosimilari) sono quei farmaci ottenuti mediante tecnica di DNA ricombinante. Cercando di chiarire si potrebbe dire che il DNA è la macromolecola dove risiedono tutte le informazioni necessarie alla cellula per vivere e riprodursi. Per riprodurre uno specifico tratto di DNA, portatore di precise informazioni, attraverso la suddetta tecnica, questo deve essere introdotto in microrganismi semplici in grado di riprodurre in serie amplificata la molecola voluta.
I farmaci biosimilari sono dunque prodotti biotecnologici con caratteristiche chimiche della molecola di partenza. La nascita di questi prodotti è stata resa necessaria per abbattere i costi della spesa sanitaria che, col passare del tempo, diviene sempre più alta. Si è calcolato che tra vent'anni lo Stato non potrà pagare più del 50% dei farmaci consumati.
Il secondo problema è di carattere pratico. Si parla di sostituibilità: chi stabilisce infatti, se passare o meno all'uso di un farmaco biosimilare? C'è ancora poca informazione e poca chiarezza. Ad essere confusi sono anche gli stessi medici che si troverebbero davanti alla scelta di somministrare a un paziente un farmaco biosimilare piuttosto che un altro. L'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) stabilisce che per i pazienti affetti da malattie croniche il medico può decidere o meno di sostituire i vecchi medicinali con i nuovi biosimilari. Per i nuovi malati invece si potrebbe pensare di cominciare direttamente con la somministrazione dei biosimoilari. La domanda che spontaneamente sorge è la seguente: perché i nuovi pazienti dovrebbero essere sottoposti a maggiori rischi?
Il dott. Filippo Anelli, vicepresidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Bari, ha sottolineato che non si è giunti alla sovrapposizione perfetta delle due tipologie di farmaci, anche se l'uso dei biosimilari abbatterebbe senza dubbio le spese sanitarie. I risultati ottenuti sino ad oggi, comunque, risultano essere soddisfacenti. Necessario, prosegue il prof. Anelli, risulta essere il consenso informato: bisogna far conoscere al paziente ciò che il medico decide di fare sia nella diagnostica che nella terapia.
Parere condiviso anche dal Dott. Giuseppe Gaetano Morea (Segretario Ordine dei Farmacisti di Bari), che ha sottolineato come i medici siano obbligati a informare sulla qualità di tutti i farmaci, concludendo però che "non siamo Dio, solo lui può ricreare la perfezione".