L'Uomo di Altamura è un Neandertaliano dai capelli rossicci
Presentati, dopo tre anni, i primi risultati di ricerca. Una "vita" non semplice, quella di "Ciccillo"
venerdì 2 luglio 2010
13.18
L'uomo di Altamura è un Neandertaliano vissuto circa 250 mila anni fa (ancora in attesa di conferma la datazione). Piuttosto piccolo di statura rispetto alle valutazioni compiute su altri reperti europei dello stesso periodo, aveva, probabilmente, i capelli rossicci. Giunse nella Murgia presumibilmente alla ricerca di cibo. Cadde nella grotta di Lamalunga, una tomba che ne ha protetto l'integrità garantendone la conservazione. Sono questi i risultati di un lavoro durato oltre tre anni e condotto da una Commissione per lo studio delle problematiche relative alla conservazione dei reperti fossili del territorio pugliese. La presentazione è avvenuta lo scorso 28 giugno presso la Sala Consiliare del Comune di Altamura. Le ricerche della stessa Commissione, composta da esperti internazionali in varie discipline e costituita su iniziativa della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia (direttore Ruggero Martines), sono iniziate nel 2008. Si decise di costituirla l'anno precedente, a seguito di un finanziamento di 300.000 euro destinato all'intervento di Conservazione dell'Uomo di Altamura, chiesto e ottenuto nell'ambito della Programmazione degli interventi di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio.
Lo studio del DNA dell'Uomo di Altamura, estratto da una porzione di scapola prelevata ai fini della determinazione genetica e della datazione del reperto, ha dimostrato come le popolazioni neandertaliane possano essere suddivise, secondo la loro distribuzione geografica, in Europa occidentale, Europa meridionale ed Asia Occidentale. Il primo "Uomo di Neandertal" fu scoperto nell'estate del 1856 lungo il fiume Düssel, nella valle di Neander, in Germania. Spesse arcate sopraccigliari, quasi a formare una visiera, volume del cranio di 1.600 centimetri cubi (più di quello dell'uomo moderno, che è di 1.400), mento sfuggente, naso grande e schiacciato. Tutte caratteristiche possedute dallo scheletro dell'Uomo di Altamura.
Un'ipotesi di lavoro esposta durante la presentazione dei risultati può essere l'esistenza di aperture che a lungo funzionarono come trappole naturali per animali, ora occluse in seguito all'accumulo di detriti. In una fase in cui i detriti si accumularono avvicinandosi alla volta, gli animali caduti nel pozzo potevano sopravvivere per un certo tempo, spostandosi nella grotta senza avere la possibilità di uscirne. Questo potrebbe giustificare la presenza di uno scheletro umano alla fine di un lungo e stretto corridoio, a distanza del verosimile punto di ingresso. Presentato anche un progetto finalizzato all'estrazione in sicurezza e allo studio completo, con modalità non invasive, del cranio dell'uomo di Altamura ed eventualmente della mandibola.
Una storia che comincia il 7 ottobre 1993, quando gli speleologi del Cars scoprirono lo scheletro intero di un Homo arcaicus all'interno del complesso carsico di Lamalunga. A circondarlo, non solo stalattiti e stalagmiti, ma anche reperti faunistici riferibili a daino, cervo, bos primigenius, cavallo, iena e volpe databili fra i 45.000 e i 30.000 anni fa. Gli speleologi scopritori, secondo la vicenda dettagliatamente tracciata dal direttore del Museo Archeologico di Altamura Donata Venturo, comunicarono la scoperta alla Soprintendenza archeologica della Puglia la sera dell'8 ottobre 1993. Due giorni prima, gli stessi speleologi avevano comunicato la scoperta all'antropologo Vittorio Pesce Delfino. Altamura fu informata del rinvenimento il 18 dicembre 1993, durante una conferenza cittadina con la quale, tra l'altro, si inaugurò una mostra dedicata alla Grotta di Lamalunga e all'Uomo di Altamura presso il locale Museo Archeologico. Al fine di ottemperare agli obblighi istituzionali, ma anche per la carenza di specifiche professionalità nei ruoli della Soprintendenza, si decise che in tutte le iniziative fosse costante la presenza dell'Università di Bari, nella persona del prof. Pesce Delfino. Il 2 agosto 1995, presso la Sala Consiliare del Comune di Altamura, venne stipulata una Convenzione fra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e per esso la Soprintendenza Archeologica della Puglia, e l'Università degli Studi di Bari. Suoi organismi operativi erano il Comitato di Coordinamento Operativo (COO) e il Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Come "coordinatore delle attività di Ricerca" fu designato il prof. Vittorio Pesce Delfino, come "responsabile degli interventi in grotta" il prof. Marcello Piperno (Università "La Sapienza" di Roma). Il 10 aprile 2000, anche il Comune di Altamura, con firma dell'allora assessore Antonello Laterza su delega del sindaco Vito Plotino, entrò a far parte della Convenzione. Il Comitato ha operato fino al 6 dicembre 2002, dal momento che, alla data di scadenza, la Convenzione non è stata più rinnovata. Unico intervento progettato per consentire la fruizione del sito è rappresentato dal progetto "Sarastro", proposto dall'Università di Bari e realizzato dal Consorzio di Ricerca "Digamma".
"Il primo esempio di museo dal campo", annunciava il prof. Vittorio Pesce Delfino. Un "sistema di illuminazione a luce fredda e a finestra ristretta di lunghezza d'onda, con relative soluzioni tecnologiche per il ripristino della resa cromatica originale delle immagini destinate ai fruitori, ottenute con apparati di videosservazione bidimensionale e tridimensionale comandabili a distanza dai visitatori". I lavori del progetto "Sarastro", finanziati dal Comune di Altamura per un importo complessivo di circa 4 miliardi di vecchie lire, ebbero inizio a luglio 1999 e si conclusero ad ottobre 2001. I terminali dell'impianto sono sistemati nel Centro Visite presso Masseria Ragone, aperto al pubblico dal 2 giugno 2004. Quell'anno si contarono 8.619 visitatori (11.617 nel 2005 e 15.970 nel 2006).
All'estate 2006 risalgono i primi problemi. Venne segnalata la presenza di formazioni algali su alcune rocce e su segmenti ossei dell'Uomo. A provocare la loro formazione, i materiali utilizzati. L'impianto, nel 2009, su disposizione della Direzione Regionale, fu smontato. Dal 2002 al 2004 sono stati promossi, dal Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività culturali Ugo Soragni, lavori per la costituzione di una Fondazione che consentisse anche la migliore realizzazione degli interventi finanziati nell'Ambito dell'accordo di Programma Quadro Stato-Regione, in materia di Beni e Attività Culturali, per un importo di 900mila euro.
Seguono le interviste al sindaco Mario Stacca, al direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia Ruggero Martines e al Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia Teresa Elena Cinquattaquattro.
Lo studio del DNA dell'Uomo di Altamura, estratto da una porzione di scapola prelevata ai fini della determinazione genetica e della datazione del reperto, ha dimostrato come le popolazioni neandertaliane possano essere suddivise, secondo la loro distribuzione geografica, in Europa occidentale, Europa meridionale ed Asia Occidentale. Il primo "Uomo di Neandertal" fu scoperto nell'estate del 1856 lungo il fiume Düssel, nella valle di Neander, in Germania. Spesse arcate sopraccigliari, quasi a formare una visiera, volume del cranio di 1.600 centimetri cubi (più di quello dell'uomo moderno, che è di 1.400), mento sfuggente, naso grande e schiacciato. Tutte caratteristiche possedute dallo scheletro dell'Uomo di Altamura.
Un'ipotesi di lavoro esposta durante la presentazione dei risultati può essere l'esistenza di aperture che a lungo funzionarono come trappole naturali per animali, ora occluse in seguito all'accumulo di detriti. In una fase in cui i detriti si accumularono avvicinandosi alla volta, gli animali caduti nel pozzo potevano sopravvivere per un certo tempo, spostandosi nella grotta senza avere la possibilità di uscirne. Questo potrebbe giustificare la presenza di uno scheletro umano alla fine di un lungo e stretto corridoio, a distanza del verosimile punto di ingresso. Presentato anche un progetto finalizzato all'estrazione in sicurezza e allo studio completo, con modalità non invasive, del cranio dell'uomo di Altamura ed eventualmente della mandibola.
Una storia che comincia il 7 ottobre 1993, quando gli speleologi del Cars scoprirono lo scheletro intero di un Homo arcaicus all'interno del complesso carsico di Lamalunga. A circondarlo, non solo stalattiti e stalagmiti, ma anche reperti faunistici riferibili a daino, cervo, bos primigenius, cavallo, iena e volpe databili fra i 45.000 e i 30.000 anni fa. Gli speleologi scopritori, secondo la vicenda dettagliatamente tracciata dal direttore del Museo Archeologico di Altamura Donata Venturo, comunicarono la scoperta alla Soprintendenza archeologica della Puglia la sera dell'8 ottobre 1993. Due giorni prima, gli stessi speleologi avevano comunicato la scoperta all'antropologo Vittorio Pesce Delfino. Altamura fu informata del rinvenimento il 18 dicembre 1993, durante una conferenza cittadina con la quale, tra l'altro, si inaugurò una mostra dedicata alla Grotta di Lamalunga e all'Uomo di Altamura presso il locale Museo Archeologico. Al fine di ottemperare agli obblighi istituzionali, ma anche per la carenza di specifiche professionalità nei ruoli della Soprintendenza, si decise che in tutte le iniziative fosse costante la presenza dell'Università di Bari, nella persona del prof. Pesce Delfino. Il 2 agosto 1995, presso la Sala Consiliare del Comune di Altamura, venne stipulata una Convenzione fra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e per esso la Soprintendenza Archeologica della Puglia, e l'Università degli Studi di Bari. Suoi organismi operativi erano il Comitato di Coordinamento Operativo (COO) e il Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Come "coordinatore delle attività di Ricerca" fu designato il prof. Vittorio Pesce Delfino, come "responsabile degli interventi in grotta" il prof. Marcello Piperno (Università "La Sapienza" di Roma). Il 10 aprile 2000, anche il Comune di Altamura, con firma dell'allora assessore Antonello Laterza su delega del sindaco Vito Plotino, entrò a far parte della Convenzione. Il Comitato ha operato fino al 6 dicembre 2002, dal momento che, alla data di scadenza, la Convenzione non è stata più rinnovata. Unico intervento progettato per consentire la fruizione del sito è rappresentato dal progetto "Sarastro", proposto dall'Università di Bari e realizzato dal Consorzio di Ricerca "Digamma".
"Il primo esempio di museo dal campo", annunciava il prof. Vittorio Pesce Delfino. Un "sistema di illuminazione a luce fredda e a finestra ristretta di lunghezza d'onda, con relative soluzioni tecnologiche per il ripristino della resa cromatica originale delle immagini destinate ai fruitori, ottenute con apparati di videosservazione bidimensionale e tridimensionale comandabili a distanza dai visitatori". I lavori del progetto "Sarastro", finanziati dal Comune di Altamura per un importo complessivo di circa 4 miliardi di vecchie lire, ebbero inizio a luglio 1999 e si conclusero ad ottobre 2001. I terminali dell'impianto sono sistemati nel Centro Visite presso Masseria Ragone, aperto al pubblico dal 2 giugno 2004. Quell'anno si contarono 8.619 visitatori (11.617 nel 2005 e 15.970 nel 2006).
All'estate 2006 risalgono i primi problemi. Venne segnalata la presenza di formazioni algali su alcune rocce e su segmenti ossei dell'Uomo. A provocare la loro formazione, i materiali utilizzati. L'impianto, nel 2009, su disposizione della Direzione Regionale, fu smontato. Dal 2002 al 2004 sono stati promossi, dal Soprintendente Regionale per i Beni e le Attività culturali Ugo Soragni, lavori per la costituzione di una Fondazione che consentisse anche la migliore realizzazione degli interventi finanziati nell'Ambito dell'accordo di Programma Quadro Stato-Regione, in materia di Beni e Attività Culturali, per un importo di 900mila euro.
Seguono le interviste al sindaco Mario Stacca, al direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia Ruggero Martines e al Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia Teresa Elena Cinquattaquattro.