Installazione artistica presso la Masseria Jesce

Per il progetto "I Figli della Mula"

martedì 21 maggio 2019
Un'idea nata dall'incontro tra un cantastorie, un poeta, uno scultore. Coltivata con il coinvolgimento di talentuosi studenti innamorati del bello e dei loro docenti. E valorizzata in un luogo unico sull'antica via Appia. Queste relazioni e sinergie hanno dato vita al progetto "I figli della mula", installazioni ed opere artistiche già esposte durante la festa medievale "Federicus" e che ora trovano posto alla Masseria Jesce.

"Il passato contadino non va dimenticato, non bisogna farlo finire nell'oblio perché ancora oggi ci insegna la vita". Con queste poche parole Donato Laborante, in arte Emar, spiega il significato profondo del posizionamento di una grande installazione in reticolato di ferro, di cinque metri di altezza e sei di lunghezza, proprio a Jesce. E non a caso l'installazione della mula è uno scheletro. Un omaggio ad un mondo contadino di cui resta poco.

Il progetto è stato sviluppato dalla sezione di scenografia del Liceo artistico "Federico II Stupor Mundi" di Corato. Si ispira ad una favola di Emanuele Pastoressa e si alimenta del contributo dei docenti Paolo De Santoli, Sergio Rubini e di ulteriori apporti. La partecipazione a "Federicus", in Largo Castelli e nella chiesa di San Liberatore, è stata propiziata dalla collaborazione con Edicola RaRa, Ferula Ferita, Comune di Corato.

La grande mula ora trova posto alla Masseria Jesce, antica stazione di posta di epoca romana (la "mansio") e poi divenuta masseria fortificata in epoca medievale. Da alcuni anni, con Emar Laborante, è diventato un crocevia per attività culturali.

Un inno ad un animale dedito alla fatica. E da questa fatica discendevano "agi" - questo è stato il tema dell'ultima edizione di "Federicus" - a chi altrettanto sudava nel lavoro della terra.

"Possedere la "Mula" - si legge nel testo di Pastoressa - era esso stesso un privilegio, ma un privilegio diffondeva agi a coloro che faticando nella terra con essa ne beneficiavano agi". Oggi? "Nel volgere di pochi decenni - prosegue Pastoressa - l'economia contadina viene cancellata e con essa dissipata una cultura che ha alimentato e caratterizzato i costumi, i modi, l'alimentazione i pensieri i riti collettivi di intere comunità cresciute sul lavoro, con il lavoro, proprio e quello della "Mula" animale forte e docile. Troppo presto messo in disparte, dimenticato e cancellato dalla memoria delle contemporanee generazioni, motorizzate e interconnesse quanto si vuole ma pur sempre figli della Mula".

(onofrio bruno)