Il giallo del caso Tedone: i familiari cercano risposte

La salma dell'imprenditore viene trasportata inspiegabilmente ad Altamura

giovedì 6 maggio 2010 15.06
Ecco i fatti. Lo scorso 9 aprile, sulla circonvallazione barese, nei pressi dell'uscita Carrassi-Mungivacca, Giulio Tedone, imprenditore originario di Bitetto, è coinvolto con la sua moto in un incidente stradale.

Dopo il trasportato in ospedale, le fratture multiple riportate rendono necessario l'intervento chirurgico nell'area piatto-tibiale, effettuato poi presso il reparto di Ortopedia del Policlinico di Bari. Il 20 aprile, l'uomo ottiene il permesso di tornare a casa, ma già nella giornata del 24 avverte i primi malori. L'intervento del 118 non registra alcun problema fisico rilevante. Inoltre i familiari riferiscono che sono due le unità del 118 intervenute in quell'occasione, in quanto la prima pare non avesse a bordo il medico. Il ritardo, ritengono, avrebbe potuto influire sulla efficacia e tempestività del soccorso nei confronti del loro caro.
Alle ore 2.00 del 28 aprile, l'uomo avverte un secondo malore che lo porta al decesso.

La stranezza della storia che ha coinvolto Giulio Tedone, ricordato per essere stata una delle figure latine più note a livello regionale, fondatore, assieme ad altri soci, della scuola di ballo barese "Corazon Latino", è che i familiari hanno scoperto con ritardo che la salma del loro congiunto era stata trasferita ad Atamura in attesa dell'autopsia (senza apparentemente una spiegazione plausibile), per poi essere nuovamente riportata a Bari. Tra l'altro nell'ospedale altamurano non è nemmeno presente un reparto di medicina legale.

La Procura, dunque, apre un'inchiesta sulla morte dell'imprenditore che parte dalle denunce per omicidio colposo contro ignoti presentate dai fratelli del deceduto. Dall'autopsia è risultato che il decesso sarebbe da attribuire ad una «tromboembolia polmonare in operato di fratture degli arti inferiori» e non ad un arresto cardiocircolatorio, come inizialmente detto dai sanitari del 118.

"Nessuno potrà restituirci Giulio – dice il fratello maggiore Tommaso - ma il fatto che l'autopsia svolta ieri abbia trasformato in certezze le nostre perplessità non può cadere nel dimenticatoio. Anche per il dolore arrecato soprattutto ai nostri genitori, a noi, e per i nostri nipoti che del papà non avranno purtroppo che un ricordo sbiadito. Non cerchiamo colpevoli a tutti i costi, anche perché non spetta a noi giudicare ed eventualmente condannare. Per questo c'è la magistratura. Noi vorremmo sia fatta giustizia, sempre che qualcuno abbia effettivamente commesso degli errori".