«I bianchi fiori metti quando rosse hai già le bacche»
Trenta alberi di corbezzolo nei giardini delle scuole di Altamura. Ogni pianta avrà il nome di un garibaldino
venerdì 29 aprile 2011
14.41
Domani mattina, le scuole primarie e secondarie di I grado di Altamura, d'intesa con la Regione Puglia, il Comune di Altamura, il Comitato Pugliese 150° Anniversario Unità Nazionale e l'Associazione Nazionale Forestali, metteranno a dimora circa trenta alberi di corbezzolo nei giardini scolastici, ognuno dedicato ad un garibaldino dei Mille della spedizione partita da Quarto. Il corbezzolo è detto Albero del Risorgimento perché ha contemporaneamente i tre colori della bandiera italiana, il verde delle foglie, il bianco dei fiori ed il rosso dei frutti.
L'iniziativa mira a diffondere la cultura del verde e ad alimentare il ricordo degli eroi e degli avvenimenti del Risorgimento italiano e pugliese. In tutta la Puglia, infatti, saranno mille i corbezzoli da piantumare.
La cerimonia, con carattere itinerante, prevede tre momenti di aggregazione. Alle ore 9, presso la scuola secondaria di I grado "Padre Pio", ci sarà la messa a dimora di due corbezzoli dedicati ai garibaldini Giambattista Pentasuglia da Matera e Giulio Cesare Abba da Cairo (Savona). Alla cerimonia parteciperanno gli alunni delle Scuole Primarie "Garibaldi" e "Don Lorenzo Milani" e della scuola secondaria di I grado "Tommaso Fiore".
Alle ore 10, presso la scuola secondaria di I grado "E. Pacelli", ci sarà la messa a dimora di 3 corbezzoli dedicati ai garibaldini Giuseppe La Masa da Palermo, Enrico Presbitero da Orta (Novara) e Giuseppe Gorgoglione da Genova. Alla cerimonia parteciperanno gli alunni delle Scuole Primarie "San Francesco d'Assisi", "San Giovanni Bosco" e della scuola secondaria di I grado "O. Serena".
Alle ore 11, presso la scuola primaria "Roncalli", plesso Madre Teresa di Calcutta, ci sarà la messa a dimora di 1 corbezzolo dedicato al garibaldino Antonio Pellegrino da Palermo e una manifestazione conclusiva alla presenza di Bianca Tragni, coordinatrice del Comitato Pugliese 150° anniversario Unità Nazionale, di Donato Bisceglia, delegato regionale dell' A.N.F.O.R., delle Autorità e di una rappresentanza di alunni delle scuole primarie e secondarie di I grado di Altamura.
L'iniziativa mira a diffondere la cultura del verde e ad alimentare il ricordo degli eroi e degli avvenimenti del Risorgimento italiano e pugliese. In tutta la Puglia, infatti, saranno mille i corbezzoli da piantumare.
La cerimonia, con carattere itinerante, prevede tre momenti di aggregazione. Alle ore 9, presso la scuola secondaria di I grado "Padre Pio", ci sarà la messa a dimora di due corbezzoli dedicati ai garibaldini Giambattista Pentasuglia da Matera e Giulio Cesare Abba da Cairo (Savona). Alla cerimonia parteciperanno gli alunni delle Scuole Primarie "Garibaldi" e "Don Lorenzo Milani" e della scuola secondaria di I grado "Tommaso Fiore".
Alle ore 10, presso la scuola secondaria di I grado "E. Pacelli", ci sarà la messa a dimora di 3 corbezzoli dedicati ai garibaldini Giuseppe La Masa da Palermo, Enrico Presbitero da Orta (Novara) e Giuseppe Gorgoglione da Genova. Alla cerimonia parteciperanno gli alunni delle Scuole Primarie "San Francesco d'Assisi", "San Giovanni Bosco" e della scuola secondaria di I grado "O. Serena".
Alle ore 11, presso la scuola primaria "Roncalli", plesso Madre Teresa di Calcutta, ci sarà la messa a dimora di 1 corbezzolo dedicato al garibaldino Antonio Pellegrino da Palermo e una manifestazione conclusiva alla presenza di Bianca Tragni, coordinatrice del Comitato Pugliese 150° anniversario Unità Nazionale, di Donato Bisceglia, delegato regionale dell' A.N.F.O.R., delle Autorità e di una rappresentanza di alunni delle scuole primarie e secondarie di I grado di Altamura.
Il poeta Giovanni Pascoli dedicò al corbezzolo, pianta del tricolore, un'ode. La riportiamo di seguito:
O tu che, quando a un alito del cielo
i pruni e i bronchi aprono il boccio tutti,
tu no, già porti, dalla neve e il gelo
salvi, i tuoi frutti;
e ti dà gioia e ti dà forza al volo
verso la vita ciò che altrui le toglie,
ché metti i fiori quando ogni altro al suolo
getta le foglie;
i bianchi fiori metti quando rosse
hai già le bacche, e ricominci eterno,
quasi per gli altri ma per te non fosse
l'ozio del verno;
o verde albero italico, il tuo maggio
è nella bruma: s'anche tutto muora,
tu il giovanile gonfalon selvaggio
spieghi alla bora:
il gonfalone che dal lido estrusco
inalberavi e per i monti enotri,
sui sacri fonti, onde gemea tra il musco
l'acqua negli otri,
mentre sul poggio i vecchi deiformi
stavano, immersi nel silenzio e torvi
guardando in cielo roteare stormi
neri di corvi.
Pendeva un grave gracidar su capi
d'auguri assòrti, e presso l'acque intenta
era al sussurro musico dell'api
qualche Carmenta;
ché allor chiamavi come ancor richiami,
alle tue rosse fragole ed ai bianchi
tuoi fiori, i corvi, a un tempo, e l'api: sciami,
àlbatro, e branchi.
Gente raminga sorveniva, e guerra
era con loro; si sentian mugliare
corni di truce bufalo da terra,
conche dal mare
concave, piene d'iride e del vento
della fortuna. Al lido navi nere
volgean gli aplustri con d'opaco argento
grandi Chimere;
che avean portato al sacro fiume ignoto
un errabondo popolo nettunio
dalla città vanita su nel vuoto
d'un plenilunio.
Le donne, nuove a quei silvestri luoghi,
ora sciogliean le lunghe chiome e il pianto
spesso intonato intorno ad alti roghi
lungo lo Xanto;
ed i lor maschi voi mietean di spada,
àlbatri verdi, e rami e ceree polle
tesseano a farne un fresco di rugiada
feretro molle,
su cui deporre un eroe morto, un fiore,
tra i fiori; e mille, eletti nelle squadre,
lo radduceano ad un buon re pastore,
vecchio, suo padre.
Ed ecco, ai colli giunsero sul grande
Tevere, e il loro calpestìo vicino
fugò cignali che frangean le ghiande
su l'Aventino;
ed ululò dal Pallantèo la coppia
dei fidi cani, a piè della capanna
regia, coperta il culmine di stoppia
bruna e di canna;
e il regio armento sparso tra i cespugli
d'erbe palustri col suo fulvo toro
subitamente risalia con mugli
lunghi dal Foro;
e là, sul monte cui temean le genti
per lampi e voci e per auguste larve,
alta una nera, ad esplorar gli eventi,
aquila apparve.
Volgean la testa al feretro le vacche,
verde, che al morto su la fronte i fiocchi
ponea dei fiori candidi, e le bacche
rosse su gli occhi.
Il tricolore!… E il vecchio Fauno irsuto
del Palatino lo chiamava a nome,
alto piangendo, il primo eroe caduto
delle tre Rome.
O tu che, quando a un alito del cielo
i pruni e i bronchi aprono il boccio tutti,
tu no, già porti, dalla neve e il gelo
salvi, i tuoi frutti;
e ti dà gioia e ti dà forza al volo
verso la vita ciò che altrui le toglie,
ché metti i fiori quando ogni altro al suolo
getta le foglie;
i bianchi fiori metti quando rosse
hai già le bacche, e ricominci eterno,
quasi per gli altri ma per te non fosse
l'ozio del verno;
o verde albero italico, il tuo maggio
è nella bruma: s'anche tutto muora,
tu il giovanile gonfalon selvaggio
spieghi alla bora:
il gonfalone che dal lido estrusco
inalberavi e per i monti enotri,
sui sacri fonti, onde gemea tra il musco
l'acqua negli otri,
mentre sul poggio i vecchi deiformi
stavano, immersi nel silenzio e torvi
guardando in cielo roteare stormi
neri di corvi.
Pendeva un grave gracidar su capi
d'auguri assòrti, e presso l'acque intenta
era al sussurro musico dell'api
qualche Carmenta;
ché allor chiamavi come ancor richiami,
alle tue rosse fragole ed ai bianchi
tuoi fiori, i corvi, a un tempo, e l'api: sciami,
àlbatro, e branchi.
Gente raminga sorveniva, e guerra
era con loro; si sentian mugliare
corni di truce bufalo da terra,
conche dal mare
concave, piene d'iride e del vento
della fortuna. Al lido navi nere
volgean gli aplustri con d'opaco argento
grandi Chimere;
che avean portato al sacro fiume ignoto
un errabondo popolo nettunio
dalla città vanita su nel vuoto
d'un plenilunio.
Le donne, nuove a quei silvestri luoghi,
ora sciogliean le lunghe chiome e il pianto
spesso intonato intorno ad alti roghi
lungo lo Xanto;
ed i lor maschi voi mietean di spada,
àlbatri verdi, e rami e ceree polle
tesseano a farne un fresco di rugiada
feretro molle,
su cui deporre un eroe morto, un fiore,
tra i fiori; e mille, eletti nelle squadre,
lo radduceano ad un buon re pastore,
vecchio, suo padre.
Ed ecco, ai colli giunsero sul grande
Tevere, e il loro calpestìo vicino
fugò cignali che frangean le ghiande
su l'Aventino;
ed ululò dal Pallantèo la coppia
dei fidi cani, a piè della capanna
regia, coperta il culmine di stoppia
bruna e di canna;
e il regio armento sparso tra i cespugli
d'erbe palustri col suo fulvo toro
subitamente risalia con mugli
lunghi dal Foro;
e là, sul monte cui temean le genti
per lampi e voci e per auguste larve,
alta una nera, ad esplorar gli eventi,
aquila apparve.
Volgean la testa al feretro le vacche,
verde, che al morto su la fronte i fiocchi
ponea dei fiori candidi, e le bacche
rosse su gli occhi.
Il tricolore!… E il vecchio Fauno irsuto
del Palatino lo chiamava a nome,
alto piangendo, il primo eroe caduto
delle tre Rome.