Franz Krauspenhaar ad Altamura
Racconta il suo 1975. Tra musica e letture
lunedì 21 marzo 2011
10.36
"Macchinazioni" è una rassegna letteraria, "territori d'arte, linguaggi commisti, confluenti in letture video-musicali, interazione di saggisti, attori, musicisti, videoartisti, per dispiegare poetiche disparate e interpretarne l'imprevedibile luccichio". Una serie di incontri organizzati da Luigi Abiusi presso il Club Silencio, caffè-libreria di Altamura.
"1975. Nonostante Pasolini, e purché Buzzanca non lo sappia, al liceale piacciono le donne", di Franz Krauspenhaar (ed. Caratteri Mobili), è un libro autobiografico che ha offerto, durante l'incontro "Macchinazioni", l'occasione per riflettere su un'epoca che ha lasciato un'eredità importante, ma il cui racconto spesso è impermeato da miti, storie romanzate e rievocazioni non sempre corrispondenti al vero.
Con un reading di Carlo Loiudice, attore, e musiche "el sob" (chitarra elettrica, flauto, concertina diatonica, elettronica), Fernando Coratelli, scrittore barese, ha introdotto il romanzo partendo da una data: 16 marzo 1978, giovedì mattina, è il giorno in cui venne rapito Aldo Moro in via Fani. Un avvenimento che vede il suo riflesso temporale nel 26 luglio del 1975, giorno in cui, durante la riunione della Democrazia Cristiana, Aldo Moro venne fatto presidente della DC e per la prima volta parlò dell'apertura ai comunisti, concependo l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale" che avessero una base parlamentare più ampia, comprendente anche il PCI. Nella stessa, fu affidata la carica di segretario del partito a Benigno Zaccagnini- la cui candidatura era stata proposta per l'appunto da Moro- che sostituì Amintore Fanfani.
1975 è un anno terribile (muore a novembre Pasolini), ed è l'anno in cui un quattordicenne, Franz Krauspenhaar, frequenta il primo liceo, con la consapevolezza politica che un adolescente può avere in una città come Milano che ancora non sentiva gli albori della Milano "da bere". Il romanzo racconta un 1975 visto attraverso gli occhi di un ragazzo che, tra politica e quotidianità, vive la sua ammirazione per Lando Buzzanca, personaggio televisivo, "animale d'attacco senza requie, - si legge nel libro - sfiduciato a volte e sfortunato spesso, ma sempre ossessivamente orientato verso la femmina, col chiodo fisso dell'unione di sesso matto, con l'amore a trazione integrale per la donna". L'attore rappresentava la via di fuga "da quell'inquietudine senza scampo" tipica di quegli anni, faceva ridere e "mostrava le donne, queste sconosciute, così procaci, sensuali, eccitanti, spesso sfuggenti. Ce le squadernava e ce le rendeva più semplici. Come se dicesse: Le donne sono difficili, ma non impossibili. Anzi." L'aria era pervasa anche dal rosso Pasolini, per alcuni versi incomprensibile agli occhi del protagonista, ma di certo unico per il suo genio. La morte di Pier Paolo Pasolini segnerà poi uno spaccato, la premessa di una consapevolezza che maturerà nel tempo. Il romanzo, così, appare un ritratto, uno scorcio attraverso il quale poter spiare un tempo passato che tanto ci ha insegnato.
L'autore, nell'incontro, da subito sfata un mito, quello degli anni 70, parla di criminalità organizzata, di una Milano grigia, del sesso tutt'altro che libero. "Per noi ragazzi era veramente dura, Milano era difficile, c'erano scontri politici, la sera era problematico stare in giro, c'era un rumore di fondo, assolutamente assordante , dato dallo slogan del movimento operaio (è ora, è ora, potere a chi lavora), c'era un senso di inadeguatezza totale, quasi cosmico, tipico della giovinezza, insomma, non erano bei tempi". E questa sfiducia viene celebrata nelle prime righe del suo romanzo, "Siamo tutti infelici, per me è chiaro. La felicità infatti è un prodotto dell'entertainment, come il cinema in 3D. Quanto si può essere felici? Per poco: diciamo per il tempo necessario a eiaculare dentro la donna che ami. Per il resto Dio ci ha scampati da una felicità perdurante". Nel raccontare le pagine del suo libro, Franz Krauspenhaar parla di un '75 che pone anche le basi della fine di un'Italia in bianco e nero, un '75 che rappresenta un vero e proprio spartiacque, anno in cui il mondo della moda è al suo stato embrionale, anno in cui inizia a circolare una pubblicità spregiudicata. Lo definisce "inizio di una primavera. Ventosa."
"Oggi possiamo mettere insieme Buzzanca e Pasolini, - scrive l'autore nel romanzo - possiamo vivere di cose estreme e discordanti tra loro riuscendo a trovarne un nesso. Il nesso non è il tutto si tiene, ma semplicemente il cordone frastagliato che tiene a sé le esperieze umane".
"1975. Nonostante Pasolini, e purché Buzzanca non lo sappia, al liceale piacciono le donne", di Franz Krauspenhaar (ed. Caratteri Mobili), è un libro autobiografico che ha offerto, durante l'incontro "Macchinazioni", l'occasione per riflettere su un'epoca che ha lasciato un'eredità importante, ma il cui racconto spesso è impermeato da miti, storie romanzate e rievocazioni non sempre corrispondenti al vero.
Con un reading di Carlo Loiudice, attore, e musiche "el sob" (chitarra elettrica, flauto, concertina diatonica, elettronica), Fernando Coratelli, scrittore barese, ha introdotto il romanzo partendo da una data: 16 marzo 1978, giovedì mattina, è il giorno in cui venne rapito Aldo Moro in via Fani. Un avvenimento che vede il suo riflesso temporale nel 26 luglio del 1975, giorno in cui, durante la riunione della Democrazia Cristiana, Aldo Moro venne fatto presidente della DC e per la prima volta parlò dell'apertura ai comunisti, concependo l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale" che avessero una base parlamentare più ampia, comprendente anche il PCI. Nella stessa, fu affidata la carica di segretario del partito a Benigno Zaccagnini- la cui candidatura era stata proposta per l'appunto da Moro- che sostituì Amintore Fanfani.
1975 è un anno terribile (muore a novembre Pasolini), ed è l'anno in cui un quattordicenne, Franz Krauspenhaar, frequenta il primo liceo, con la consapevolezza politica che un adolescente può avere in una città come Milano che ancora non sentiva gli albori della Milano "da bere". Il romanzo racconta un 1975 visto attraverso gli occhi di un ragazzo che, tra politica e quotidianità, vive la sua ammirazione per Lando Buzzanca, personaggio televisivo, "animale d'attacco senza requie, - si legge nel libro - sfiduciato a volte e sfortunato spesso, ma sempre ossessivamente orientato verso la femmina, col chiodo fisso dell'unione di sesso matto, con l'amore a trazione integrale per la donna". L'attore rappresentava la via di fuga "da quell'inquietudine senza scampo" tipica di quegli anni, faceva ridere e "mostrava le donne, queste sconosciute, così procaci, sensuali, eccitanti, spesso sfuggenti. Ce le squadernava e ce le rendeva più semplici. Come se dicesse: Le donne sono difficili, ma non impossibili. Anzi." L'aria era pervasa anche dal rosso Pasolini, per alcuni versi incomprensibile agli occhi del protagonista, ma di certo unico per il suo genio. La morte di Pier Paolo Pasolini segnerà poi uno spaccato, la premessa di una consapevolezza che maturerà nel tempo. Il romanzo, così, appare un ritratto, uno scorcio attraverso il quale poter spiare un tempo passato che tanto ci ha insegnato.
L'autore, nell'incontro, da subito sfata un mito, quello degli anni 70, parla di criminalità organizzata, di una Milano grigia, del sesso tutt'altro che libero. "Per noi ragazzi era veramente dura, Milano era difficile, c'erano scontri politici, la sera era problematico stare in giro, c'era un rumore di fondo, assolutamente assordante , dato dallo slogan del movimento operaio (è ora, è ora, potere a chi lavora), c'era un senso di inadeguatezza totale, quasi cosmico, tipico della giovinezza, insomma, non erano bei tempi". E questa sfiducia viene celebrata nelle prime righe del suo romanzo, "Siamo tutti infelici, per me è chiaro. La felicità infatti è un prodotto dell'entertainment, come il cinema in 3D. Quanto si può essere felici? Per poco: diciamo per il tempo necessario a eiaculare dentro la donna che ami. Per il resto Dio ci ha scampati da una felicità perdurante". Nel raccontare le pagine del suo libro, Franz Krauspenhaar parla di un '75 che pone anche le basi della fine di un'Italia in bianco e nero, un '75 che rappresenta un vero e proprio spartiacque, anno in cui il mondo della moda è al suo stato embrionale, anno in cui inizia a circolare una pubblicità spregiudicata. Lo definisce "inizio di una primavera. Ventosa."
"Oggi possiamo mettere insieme Buzzanca e Pasolini, - scrive l'autore nel romanzo - possiamo vivere di cose estreme e discordanti tra loro riuscendo a trovarne un nesso. Il nesso non è il tutto si tiene, ma semplicemente il cordone frastagliato che tiene a sé le esperieze umane".