Franceschino Terranova e le sue storie
"La dì de Sanda Marì la staj'affè la fessarì!". Teatro in vernacolo pro beneficenza
martedì 6 luglio 2010
17.48
Quando si decide di mettere in scena una commedia in dialetto e lo scenario è quello della festa patronale più importante del paese (la dì de Sanda Marì), bisogna mettere in conto una serie di luoghi comuni e detti che si susseguono l'uno dietro l'altro a mitraglietta, generando solo ed esclusivamente una "panza" di risate. Il teatro in vernacolo, un certo tipo per precisare, ha lo scopo di portare a galla la memoria, la tradizione, gli usi e i costumi del tempo che fu e di cui un po' tutti, in maniera diversa, sentono nostalgia.
Per quanto riguarda La dì de Sanda Marì la staj'affè la fessarì!, la commedia in due atti scritta e diretta da Franceschino Terranova, presidente dell'Associazione "Teatro per il Sociale", c'è da dire che manca di un'ispirazione autentica. O meglio: alla base c'è un'idea, ma la scrittura drammaturgica è strettamente funzionale all'esercito di personaggi (saranno stati oltre trenta!) che popolano la storia. Per far recitare tutti gli appartenenti alla Confraternita di San Sepolcro, il buon Terranova ha dovuto mettere su una commedia "collettiva" in cui molti ruoli sono necessari, altri un po' meno, alcuni inutili. Ma l'intento, quello di far recitare tutti, è sicuramente lodevole e apprezzabile.
La storia, nel primo atto ambientata in piazza Duomo ad Altamura e nel secondo in una civile abitazione, è una carrellata senza sosta di personaggi che entrano ed escono e che rappresentano le varie "categorie umane". Il clou è rappresentato dal fatto che una moglie vuole lasciare il marito perché la trascura e si occupa solo di lavoro. Tutto ciò accade proprio la dì di Sanda Marì. Con l'intervento del prete (deus ex machina) e con i consigli di familiari e amici, la moglie in questione decide di restare in famiglia con le due figlie e il marito, per la gioia di tutti. Immancabile l'abbraccio della famiglia ritrovata a cui segue una festa finale con vino e salsicce, canti, balli e tanto di brindisi in rima.
Un buon momento di avanspettacolo, farcito di modi di dire, racconti e storielle, alcune della quali palesamente grasse (la storia del "pesce", la storia del trick track del "mulo", ecc). Il campetto della Parrocchia di San Sepolcro, adibito a teatro all'aperto, sotto uno splendido cielo d'estate, era stracolmo di gente, tra cui anche il parroco Don Vito Colonna e Don Diego Carlucci. Il ricavato delle tre serate (3, 4, 5 luglio) andrà a sostenere gli annuali progetti di beneficenza della parrocchia.
Per quanto riguarda La dì de Sanda Marì la staj'affè la fessarì!, la commedia in due atti scritta e diretta da Franceschino Terranova, presidente dell'Associazione "Teatro per il Sociale", c'è da dire che manca di un'ispirazione autentica. O meglio: alla base c'è un'idea, ma la scrittura drammaturgica è strettamente funzionale all'esercito di personaggi (saranno stati oltre trenta!) che popolano la storia. Per far recitare tutti gli appartenenti alla Confraternita di San Sepolcro, il buon Terranova ha dovuto mettere su una commedia "collettiva" in cui molti ruoli sono necessari, altri un po' meno, alcuni inutili. Ma l'intento, quello di far recitare tutti, è sicuramente lodevole e apprezzabile.
La storia, nel primo atto ambientata in piazza Duomo ad Altamura e nel secondo in una civile abitazione, è una carrellata senza sosta di personaggi che entrano ed escono e che rappresentano le varie "categorie umane". Il clou è rappresentato dal fatto che una moglie vuole lasciare il marito perché la trascura e si occupa solo di lavoro. Tutto ciò accade proprio la dì di Sanda Marì. Con l'intervento del prete (deus ex machina) e con i consigli di familiari e amici, la moglie in questione decide di restare in famiglia con le due figlie e il marito, per la gioia di tutti. Immancabile l'abbraccio della famiglia ritrovata a cui segue una festa finale con vino e salsicce, canti, balli e tanto di brindisi in rima.
Un buon momento di avanspettacolo, farcito di modi di dire, racconti e storielle, alcune della quali palesamente grasse (la storia del "pesce", la storia del trick track del "mulo", ecc). Il campetto della Parrocchia di San Sepolcro, adibito a teatro all'aperto, sotto uno splendido cielo d'estate, era stracolmo di gente, tra cui anche il parroco Don Vito Colonna e Don Diego Carlucci. Il ricavato delle tre serate (3, 4, 5 luglio) andrà a sostenere gli annuali progetti di beneficenza della parrocchia.