Eva Cantarella ad Altamura in occasione del Progetto Lettura

Amore, virilità e ruolo della donna nell'antichità classica

giovedì 25 marzo 2010
A cura di Anna Maria Colonna
"Cartagine, marzo del 203 d.C. Una giovane donna viene messa a morte nell'anfiteatro di Cartagine. Quel giorno si festeggia il compleanno di Geta, il figlio maggiore dell'imperatore, l'esecuzione è uno dei momenti culminanti dello spettacolo. La giovane donna si chiama Vibia Perpetua".

Si conclude con questa storia il libro Dammi mille baci di Eva Cantarella, ospite ad Altamura lo scorso 23 marzo per il 20˚ Progetto Lettura. Una vicenda che ha i contorni della finzione e l'essenza della realtà. Vibia Perpetua esisteva e amava il suo dio. Vita e morte. Amore e morte. Amore e vita. Binomi indissolubili che da sempre caratterizzano l'antichità e i libri che la custodiscono. I greci parlavano di Eros e Thanatos.

Ripetuti gli applausi che si sono susseguiti nel corso della serata. Presenti al dibattito numerosi adolescenti, che avranno sicuramente apprezzato il modo in cui la scrittrice "mostra" ai suoi lettori l'antichità classica. Non una lezione professore-alunno, ma un confronto costruttivo, dove a parlare sono gli stessi antichi. Concreta dimostrazione di come il passato offra spesso lo spunto necessario a riflettere sul presente e sulla sua estrema somiglianza con i secoli trascorsi.

«L'antichità l'ho mangiata sin da piccola perché mio padre era un grecista», ha esordito Eva Cantarella, «ho scelto di studiare legge perché avevo paura di iscrivermi ad una facoltà dove potessi essere chiamata "la figlia del professore"».

La scrittrice non manca di far sorridere il pubblico, con cui cerca un dialogo diretto durante tutto il dibattito: «Mio padre, per farci addormentare, ci leggeva l'Odissea. Quando ho comunicato a mio marito di aver intitolato il libro Dammi mille baci, lui mi ha detto che gli sembrava il titolo di un libro di Federico Moccia».

Un titolo che richiama il carme 5 di Catullo "Da mi basia mille" e che tradisce un contenuto poco romantico e dalle espressioni crude e cruente. «Studiare la storia significa aprire la mente a mondi diversi. Tutto vive nella storia, anche i sentimenti. L'etica sessuale dei romani e dei greci è diversa dalla nostra e questo, il "dolcissimo Catullo", lo dimostra davvero bene».

Quel Catullo che, infatti, chiede a Lesbia mille baci, che le implora perdono e amore eterno, è lo stesso che dedica a Giovenzio due carmi licenziosi, la cui lettura, a scuola, solitamente si evita. Questo comporterebbe una sorta di "idealizzazione" degli autori.

«La virilità dei romani», spiega la scrittrice, «si dimostra nell'attività sia nei confronti delle donne sia nei confronti di determinati uomini. Quella dei romani si definisce "virilità di stupro" perché tende ad imporsi».

Nel libro si parla della donna romana e della sua ansia di libertà e di emancipazione, pericolosa agli occhi degli uomini. Non mancano le storie d'amore tra Sulpicia e Cerinto, Messalina e Silio, Cesare e Servilia, Antonio e Cleopatra, inframmezzate da "baci d'amore, baci di controllo e diritto di bacio".

In una sala convegni "Tommaso Fiore" gremita di gente, si sono succeduti diversi interventi. A coordinare il dibattito, presieduto da Antonio Barile, componente della Giunta Camera di Commercio di Bari, Maria Tucci. A presentare il libro dell'autrice, la dott.ssa Eramo Immacolata.
Eva Cantarella insegna Istituzioni di diritto romano e Diritto greco antico all'Università di Milano. Tra le sue opere ricordiamo: Studi sull'omicidio in diritto greco e romano (Milano 1976), Norma e sanzione in Omero. Contributo alla protostoria del diritto greco (Milano 1979), L'ambiguo malanno. La donna nel mondo greco e romano (Milano 1980, terza edizione 1995), Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico (Milano 1987, terza edizione 1995), I supplizi capitali in Grecia e Roma (Milano 1991), Pompei: i volti dell'amore (Milano 1998) e Un giorno a Pompei (Milano 1999).