Così muore Carnevale e gli fanno il funerale…
Si è conclusa con un freddo martedì grasso la festa più bizzarra dell’anno. Una colorata galleria fotografica
mercoledì 9 marzo 2011
17.42
Si è concluso ieri, con un freddo martedì grasso, il Carnevale altamurano 2011. La curiosa processione folkloristica organizzata dalla parrocchia Santa Teresa ha riscaldato i claustri e le vie del Centro storico. Ma la "morte del Carnevale" è stata preceduta da una serie di appuntamenti, come la sfilata dei carri e dei gruppi mascherati, che ha coinvolto associazioni, parrocchie ed istituti scolastici cittadini. L'Assessorato alla Cultura ha ringraziato i gruppi partecipanti con il dono di maschere apotropaiche (i cosiddetti faciommene) in legno di faggio e ferro battuto, realizzate dagli altamurani Antonio Marroccoli e Vito Cicirelli. Le stesse rievocano quelle in pietra esistenti nel Centro storico e risalenti ai secoli XV, XVI e XVII (leggi nel box di approfondimento).
Una festa, dunque, che non conosce età. Bambini, giovani e adulti si sono lasciati tentare dall'allegria del periodo più bizzarro dell'anno per partecipare alle iniziative in programma. Protagonisti anche i nonni, che non perdono alcuna occasione per rievocare le tradizioni di una volta.
Ieri, in via Cassano, i passanti hanno potuto ammirare La Capezza, il 39° Carnevale di Mastro Vito Petronella (Passaridd). Sin dal 1972, ogni anno, sul marciapiede della bottega dell'artigiano, viene esposta una rappresentazione allegorica con figure di cartapesta e segatura. In passato, l'ultimo giorno di Carnevale, era consuetudine, nella bottega del falegname (u mest d'asciee), realizzare simpatici pupazzi di stracci, segatura e pezzi di legno. Questi venivano sistemati davanti agli ingressi delle botteghe (i ptajj). Una sorta di gara fra giovani apprendisti. Un momento che mastro Vito Passaridd rievoca da trentanove anni.
Vi proponiamo una galleria fotografica di alcuni momenti del Carnevale appena trascorso.
Si ringraziano Vito Cicirelli e Antonio Marroccoli per averci concesso le immagini delle maschere apotropaiche in legno di faggio, con sostegno in ferro battuto.
Una festa, dunque, che non conosce età. Bambini, giovani e adulti si sono lasciati tentare dall'allegria del periodo più bizzarro dell'anno per partecipare alle iniziative in programma. Protagonisti anche i nonni, che non perdono alcuna occasione per rievocare le tradizioni di una volta.
Ieri, in via Cassano, i passanti hanno potuto ammirare La Capezza, il 39° Carnevale di Mastro Vito Petronella (Passaridd). Sin dal 1972, ogni anno, sul marciapiede della bottega dell'artigiano, viene esposta una rappresentazione allegorica con figure di cartapesta e segatura. In passato, l'ultimo giorno di Carnevale, era consuetudine, nella bottega del falegname (u mest d'asciee), realizzare simpatici pupazzi di stracci, segatura e pezzi di legno. Questi venivano sistemati davanti agli ingressi delle botteghe (i ptajj). Una sorta di gara fra giovani apprendisti. Un momento che mastro Vito Passaridd rievoca da trentanove anni.
Vi proponiamo una galleria fotografica di alcuni momenti del Carnevale appena trascorso.
Si ringraziano Vito Cicirelli e Antonio Marroccoli per averci concesso le immagini delle maschere apotropaiche in legno di faggio, con sostegno in ferro battuto.
Le maschere apotropaiche
La rappresentazione di esseri dalle forme abnormi ed irreali è un tema diffusissimo nell'arte. Questo tipo di espressione artistica, che richiama il mostruoso e l'immaginario, come nel caso delle maschere apotropaiche, veniva sfruttata specialmente dai popoli primitivi e dalle civiltà di tipo arcaico alla scopo di creare una particolare atmosfera magico-religiosa o di destare meraviglia. Il termine apotropaico deriva dal greco αποτρέπειν (allontanare). Infatti i mascheroni, grazie alla loro carica magica, avevano la finalità di allontanare e distruggere gli influssi malefici di persone, cose ed animali. L'aspetto morfologico delle maschere, in genere, evidenziava parti del corpo umano a volte esagerate nelle proporzioni (ad esempio i padiglioni auricolari troppo accentuati, i globi oculari sporgenti dalle orbite o addirittura assenti). Ben messa in evidenza è la bocca, che spesso è rappresentata spalancata, quasi ad inghiottire tutto ciò che la circonda. Spesso i mascheroni venivano integrati da raffigurazioni di animali e vegetali.
Dalla fine del XVI secolo, le maschere venivano posizionate all'interno o all'esterno delle case, nelle chiavi di volta di archi dei portoni delle abitazioni e di alcune chiese, dove i mascheroni si caratterizzavano per particolari significati allegorici fra il divino e il soprannaturale.
La rappresentazione di esseri dalle forme abnormi ed irreali è un tema diffusissimo nell'arte. Questo tipo di espressione artistica, che richiama il mostruoso e l'immaginario, come nel caso delle maschere apotropaiche, veniva sfruttata specialmente dai popoli primitivi e dalle civiltà di tipo arcaico alla scopo di creare una particolare atmosfera magico-religiosa o di destare meraviglia. Il termine apotropaico deriva dal greco αποτρέπειν (allontanare). Infatti i mascheroni, grazie alla loro carica magica, avevano la finalità di allontanare e distruggere gli influssi malefici di persone, cose ed animali. L'aspetto morfologico delle maschere, in genere, evidenziava parti del corpo umano a volte esagerate nelle proporzioni (ad esempio i padiglioni auricolari troppo accentuati, i globi oculari sporgenti dalle orbite o addirittura assenti). Ben messa in evidenza è la bocca, che spesso è rappresentata spalancata, quasi ad inghiottire tutto ciò che la circonda. Spesso i mascheroni venivano integrati da raffigurazioni di animali e vegetali.
Dalla fine del XVI secolo, le maschere venivano posizionate all'interno o all'esterno delle case, nelle chiavi di volta di archi dei portoni delle abitazioni e di alcune chiese, dove i mascheroni si caratterizzavano per particolari significati allegorici fra il divino e il soprannaturale.