Cava dei Dinosauri, una compravendita camuffata da esproprio
I 10 punti di Abc
venerdì 4 dicembre 2015
12.49
Atti pasticciati e un prezzo sbalorditivo: 766.000 euro per 17 ettari di pascolo. Un ettaro ci costa 45.000 euro. Almeno 400.000 euro in più della stima ufficiale.
Lunedì sera, ancora una volta, non sono state ascoltate le nostre buone ragioni, espresse in più occasioni dal Movimento ABC e in consiglio comunale attraverso la consigliera Rosa Melodia.
Lunedì si sarebbe dovuto adottare un provvedimento semplice, lineare, impeccabile, che recava due punti precisi:
- chiedere al Ministero di autorizzare il Comune di Altamura a procedere con l'esproprio delle aree necessarie a garantire la fruizione della Cava dei Dinosauri;
- impegnare per questa finalità 350mila euro, l'importo per l'indennità di esproprio secondo la stima effettuata un anno e mezzo fa dalla soprintendenza.
Lunedì sera, invece, ancora una volta tutto si è trasformato in caciara, in commedia, in una farsa consumata a danno degli altamurani.
Seguendo dal vivo il consiglio comunale, abbiamo avuto conferma: chi scrive male e parla male, pensa male. Ci riferiamo a certi interventi pronunciati in aula, a certe libere interpretazioni di norme e testi giuridici, ai documenti sottoposti al voto, a certi commenti espressi a margine dei lavori consiliari. Scoordinati logicamente e sintatticamente, a volte violenti, farciti di mistificazioni, allusioni, messaggi obliqui, frutto di deliberate amnesie, in contrasto con le parole pronunciate o scritte sino all'altro giorno. Per non parlare, perché deprime troppo, della retorica e dei gesti da sceneggiata napoletana.
Dopo questa sbornia di parole e immagini, ci limitiamo, senza commenti, a riportare molto sinteticamente i fatti:
1) Contrariamente alle false notizie fatte circolare, con la deliberazione adottata lunedì sera, con i voti della sola maggioranza e in contrasto con i pareri dei revisori dei conti, il Comune non ha espropriato un bel nulla. Ha solo deliberato di avviare un procedimento, regolato dal secondo comma dell'art. 95 del Codice dei beni culturali, con cui si chiede al Ministero per i Beni culturali di autorizzare il Comune ad effettuare l'espropriazione. Lo ripetiamo per l'ennesima volta: l'esproprio non interessa la superficie con le orme, che è già bene del demanio, ma solo delle aree necessarie, come prevede la legge, "per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso" [art. 96 del medesimo Codice]. Ove il Ministero dovesse verificare che l'esproprio risponde "ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica", "dichiara la pubblica utilità ai fini dell'esproprio e rimette gli atti all'ente interessato per la prosecuzione del procedimento" [art. 95]. La precedente amministrazione aveva scelto un'altra strada: con la deliberazione consiliare adottata nel luglio 2014, il Comune non chiedeva di essere autorizzato ad espropriare, ma chiese, con avvio formale del procedimento, che fosse il Ministero a espropriare mettendo a sua disposizione risorse economiche comunali per l'indennità.
2) In ordine al nuovo procedimento, quello adottato lunedì sera, nessun rilievo. Anzi, c'è pure la soddisfazione di vedere accolta una proposta suggerita da noi, per anni, senza essere stati ascoltati [ricordiamo, ad esempio, una proposta deliberativa presentata nel 2014 da Enzo Colonna, Rosa Melodia, Lello Rella, condivisa da Saverio Diperna e Gino Loiudice, bocciata dalla maggioranza Stacca. Da qui:http://www.altamura2001.com/2014/07/23/cava-pontrelli-dopo-anni-di-sollecitazioni-e-proposte-il-primo-passo-formale-verso-lesproprio/].
3) Il problema (grande e insormontabile, se non determinando un grave danno alle casse comunali) è invece sulla stima dell'indennità di esproprio. Con il provvedimento di lunedì si sono impegnati ben 766mila euro dei cittadini altamurani. Un'enormità frutto di una supervalutazione economica del tutto immotivata delle aree da espropriare e di "libere", palesemente erronee, interpretazioni della normativa.
4) In proposito, è bene ricordare che la stima effettuata dal Ministero, attraverso i suoi organi periferici, attribuiva alle aree da espropriare (17 ettari di terreni destinati a pascolo) un valore di 353mila euro (quella che fu presa come riferimento nella deliberazione del 2014 e smentita lunedì, invece).
5) È evidente che già in tale stima non si era applicato il cosiddetto valore agricolo medio, peraltro bocciato dalla Corte costituzionale con una sentenza del 2011 come parametro per la quantificazione dell'indennità di esproprio per le aree non edificabili e non coltivate. I ventimila euro ad ettaro previsti nella prima stima erano ben superiori al valore agricolo medio di un terreno destinato a pascolo nella nostra zona agraria, stimato dall'Agenzia delle Entrate addirittura in meno di duemila euro ad ettaro.
6) È altresì evidente che la stima era andata anche oltre il prezzo di mercato che, dopo la sentenza della Corte costituzionale, è l'unico criterio di determinazione dell'indennità di esproprio, secondo quanto dispone il Testo Unico in materia di espropriazione ["nel caso di esproprio di un'area non edificabile, l'indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo": art. 40, comma 1]. Chi è proprietario di terreni sulla nostra Murgia, gli addetti ai lavori sanno bene che il prezzo di un ettaro di pascolo non va oltre gli ottomila euro.
7) Ciò nonostante, la prima stima ministeriale per l'esproprio dei circa 17 ettari della cava si era attestata sulla cifra di 353mila euro, vale a dire circa 20.000 euro ad ettaro, un valore che ha tenuto conto probabilmente della particolarità della situazione, della necessità di chiudere la procedura espropriativa senza ulteriori indugi, ritardi e rischi di contenziosi.
8) Lunedì sera, invece, è cambiato tutto. La stima operata dall'amministrazione comunale e avallata dalla sua maggioranza consiliare è più che raddoppiata. Rispetto alla somma ipotizzata un anno e mezzo fa (353mila euro), il consiglio comuna ha deliberato ora di impegnare ben 766mila euro. Ben 413mila euro in più.
9) Come si è arrivati a questa stratosferica cifra necessaria per acquisire 17 ettari di pascolo? Si sono compiute quattro operazioni: hanno preso per buona la stima iniziale (353mila euro) effettuata in realtà dalla soprintendenza. Davvero curioso, perché il Ministero per i beni culturali è ora fuori dalla procedura, in quanto ora è solo il Comune, con il cambio di rotta prima descritto, a procedere con l'esproprio. Quindi doveva essere il Comune, con i suoi tecnici e avvalendosi dell'Agenzia del Demanio, a dover determinare la stima dopo aver elaborato un progetto di salvaguardia e valorizzazione del sito (del tutto assente, al momento).
A questa somma hanno poi applicato una maggiorazione del 50%, così da arrivare a 530mila euro circa. Come abbiamo tentato invano di far rilevare agli amministratori e ai vertici della burocrazia del Comune, questa maggiorazione è illegittima. Nel caso di aree non edificabili (come i 17 ettari di cui discutiamo), la normativa prevedeva [art. 45, comma 2] una simile maggiorazione (una specie di incentivo) qualora il proprietario avesse ceduto volontariamente, senza opporsi alla stima, il bene all'ente espropriante (nel nostro caso, il Comune e non più il Ministero come era previsto nella deliberazione del 2014). Questa norma, in realtà, non si applica più, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2011 citata prima. Infatti, la maggiorazione trovava applicazione quando l'importo per l'esproprio era calcolato sulla base dei valori agricoli medi, che ora, dopo quella sentenza, sono stati cancellati. Come ha avuto modo di precisare la Corte dei Conti, in un parere di tre anni fa, «nell'impossibilità di fare riferimento a norme non più applicabili … l'unica via percorribile sarà quella della determinazione del corrispettivo per la cessione volontaria … sulla base del valore venale nel caso di aree non edificabili; … non potranno invece essere applicate le maggiorazioni previste dall'articolo 45, comma 2». In altri termini, l'incentivo alla cessione volontaria (la maggiorazione del 50%) era possibile quando la stima delle aree era effettuata con i valori agricoli medi, molto riduttivi (ripetiamo, nel nostro caso, meno di duemila euro all'ettaro). Una volta cancellato questo criterio e utilizzando il parametro del valore di mercato(nel nostro caso, come scritto, circa ventimila euro all'ettaro, addirittura ben superiore all'effettivo valore di mercato), quella maggiorazione non può più essere applicata.
Ai 530mila euro hanno ulteriormente aggiunto un indennizzo, di circa 170mila euro, per un fantomatico valore d'uso sottratto alla proprietà. Ma quale uso? Quale attività si vuole espropriare alla società proprietaria del sito? Qualcuno ha visto turisti, scolaresche, botteghini, biglietti staccati in questi anni?Qualcuno ha visto preservate, protette, valorizzate le orme? Qualcuno ha visto infrastrutture e servizi realizzati per la fruizione culturale e turistica del sito? L'amministrazione, la maggioranza e relativi fans, invece, sanno e hanno visto. Bontà loro. Generosamente, a beneficio del proprietario, ai 530mila euro hanno dunque aggiunto 170mila. E fanno 700mila.
In ultimo, altra perla, la deliberazione dell'altra sera ha stanziato altri 66mila euro per le spese di redazione dell'atto notarile di cessione, registrazione e trascrizione. Come dire, noi deliberiamo l'esproprio, ma ci aspettiamo o sappiamo già che sarà una cessione volontaria, quindi dobbiamo essere pronti, soldi in mano, ad andare dal notaio.
10) In totale, dunque, 766mila euro. Questa la somma stanziata e impegnata con la deliberazione dell'altra sera per la futura acquisizione dei 17 ettari di pascolo su cui insiste la Cava dei Dinosauri.
Magicamente, quella che era la somma concordata l'estate scorsa, dopo trattative, tra i rappresentanti comunali e la società proprietaria coincide esattamente con quella stimata come necessaria per l'esproprio.
La verità è che hanno detto e scritto: esproprio. In realtà, pensavano e faranno una compravendita, come già deciso da mesi.
Una mandrakata. 766mila euro per 17 ettari di pascolo, 45.000 ad ettaro. Soldi pubblici, soldi nostri. Soldi recuperati, ad esempio, dalla TASI che gli altamurani verseranno faticosamente in questi giorni, con una maggiorazione del 120% rispetto all'anno scorso (questa, sì, reale, pesante, ingiustificata e che abbiamo denunciato in tempi non sospetti) deliberata dall'attuale amministrazione.
È Natale. È arrivato Babbo Natale, con tutta la sua corte di fans e creduloni.
Noi, però, ad essere trattati da babbioni non ci stiamo e, dopo l'opposizione in aula consiliare, continueremo ad agire per impedire che si sperperi denaro pubblico e per acquisire al patrimonio pubblico, con procedure legittime e senza supervalutazioni, le aree necessarie per garantire la fruizione della Cava dei Dinosauri.
Lunedì sera, ancora una volta, non sono state ascoltate le nostre buone ragioni, espresse in più occasioni dal Movimento ABC e in consiglio comunale attraverso la consigliera Rosa Melodia.
Lunedì si sarebbe dovuto adottare un provvedimento semplice, lineare, impeccabile, che recava due punti precisi:
- chiedere al Ministero di autorizzare il Comune di Altamura a procedere con l'esproprio delle aree necessarie a garantire la fruizione della Cava dei Dinosauri;
- impegnare per questa finalità 350mila euro, l'importo per l'indennità di esproprio secondo la stima effettuata un anno e mezzo fa dalla soprintendenza.
Lunedì sera, invece, ancora una volta tutto si è trasformato in caciara, in commedia, in una farsa consumata a danno degli altamurani.
Seguendo dal vivo il consiglio comunale, abbiamo avuto conferma: chi scrive male e parla male, pensa male. Ci riferiamo a certi interventi pronunciati in aula, a certe libere interpretazioni di norme e testi giuridici, ai documenti sottoposti al voto, a certi commenti espressi a margine dei lavori consiliari. Scoordinati logicamente e sintatticamente, a volte violenti, farciti di mistificazioni, allusioni, messaggi obliqui, frutto di deliberate amnesie, in contrasto con le parole pronunciate o scritte sino all'altro giorno. Per non parlare, perché deprime troppo, della retorica e dei gesti da sceneggiata napoletana.
Dopo questa sbornia di parole e immagini, ci limitiamo, senza commenti, a riportare molto sinteticamente i fatti:
1) Contrariamente alle false notizie fatte circolare, con la deliberazione adottata lunedì sera, con i voti della sola maggioranza e in contrasto con i pareri dei revisori dei conti, il Comune non ha espropriato un bel nulla. Ha solo deliberato di avviare un procedimento, regolato dal secondo comma dell'art. 95 del Codice dei beni culturali, con cui si chiede al Ministero per i Beni culturali di autorizzare il Comune ad effettuare l'espropriazione. Lo ripetiamo per l'ennesima volta: l'esproprio non interessa la superficie con le orme, che è già bene del demanio, ma solo delle aree necessarie, come prevede la legge, "per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso" [art. 96 del medesimo Codice]. Ove il Ministero dovesse verificare che l'esproprio risponde "ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica", "dichiara la pubblica utilità ai fini dell'esproprio e rimette gli atti all'ente interessato per la prosecuzione del procedimento" [art. 95]. La precedente amministrazione aveva scelto un'altra strada: con la deliberazione consiliare adottata nel luglio 2014, il Comune non chiedeva di essere autorizzato ad espropriare, ma chiese, con avvio formale del procedimento, che fosse il Ministero a espropriare mettendo a sua disposizione risorse economiche comunali per l'indennità.
2) In ordine al nuovo procedimento, quello adottato lunedì sera, nessun rilievo. Anzi, c'è pure la soddisfazione di vedere accolta una proposta suggerita da noi, per anni, senza essere stati ascoltati [ricordiamo, ad esempio, una proposta deliberativa presentata nel 2014 da Enzo Colonna, Rosa Melodia, Lello Rella, condivisa da Saverio Diperna e Gino Loiudice, bocciata dalla maggioranza Stacca. Da qui:http://www.altamura2001.com/2014/07/23/cava-pontrelli-dopo-anni-di-sollecitazioni-e-proposte-il-primo-passo-formale-verso-lesproprio/].
3) Il problema (grande e insormontabile, se non determinando un grave danno alle casse comunali) è invece sulla stima dell'indennità di esproprio. Con il provvedimento di lunedì si sono impegnati ben 766mila euro dei cittadini altamurani. Un'enormità frutto di una supervalutazione economica del tutto immotivata delle aree da espropriare e di "libere", palesemente erronee, interpretazioni della normativa.
4) In proposito, è bene ricordare che la stima effettuata dal Ministero, attraverso i suoi organi periferici, attribuiva alle aree da espropriare (17 ettari di terreni destinati a pascolo) un valore di 353mila euro (quella che fu presa come riferimento nella deliberazione del 2014 e smentita lunedì, invece).
5) È evidente che già in tale stima non si era applicato il cosiddetto valore agricolo medio, peraltro bocciato dalla Corte costituzionale con una sentenza del 2011 come parametro per la quantificazione dell'indennità di esproprio per le aree non edificabili e non coltivate. I ventimila euro ad ettaro previsti nella prima stima erano ben superiori al valore agricolo medio di un terreno destinato a pascolo nella nostra zona agraria, stimato dall'Agenzia delle Entrate addirittura in meno di duemila euro ad ettaro.
6) È altresì evidente che la stima era andata anche oltre il prezzo di mercato che, dopo la sentenza della Corte costituzionale, è l'unico criterio di determinazione dell'indennità di esproprio, secondo quanto dispone il Testo Unico in materia di espropriazione ["nel caso di esproprio di un'area non edificabile, l'indennità definitiva è determinata in base al criterio del valore agricolo": art. 40, comma 1]. Chi è proprietario di terreni sulla nostra Murgia, gli addetti ai lavori sanno bene che il prezzo di un ettaro di pascolo non va oltre gli ottomila euro.
7) Ciò nonostante, la prima stima ministeriale per l'esproprio dei circa 17 ettari della cava si era attestata sulla cifra di 353mila euro, vale a dire circa 20.000 euro ad ettaro, un valore che ha tenuto conto probabilmente della particolarità della situazione, della necessità di chiudere la procedura espropriativa senza ulteriori indugi, ritardi e rischi di contenziosi.
8) Lunedì sera, invece, è cambiato tutto. La stima operata dall'amministrazione comunale e avallata dalla sua maggioranza consiliare è più che raddoppiata. Rispetto alla somma ipotizzata un anno e mezzo fa (353mila euro), il consiglio comuna ha deliberato ora di impegnare ben 766mila euro. Ben 413mila euro in più.
9) Come si è arrivati a questa stratosferica cifra necessaria per acquisire 17 ettari di pascolo? Si sono compiute quattro operazioni: hanno preso per buona la stima iniziale (353mila euro) effettuata in realtà dalla soprintendenza. Davvero curioso, perché il Ministero per i beni culturali è ora fuori dalla procedura, in quanto ora è solo il Comune, con il cambio di rotta prima descritto, a procedere con l'esproprio. Quindi doveva essere il Comune, con i suoi tecnici e avvalendosi dell'Agenzia del Demanio, a dover determinare la stima dopo aver elaborato un progetto di salvaguardia e valorizzazione del sito (del tutto assente, al momento).
A questa somma hanno poi applicato una maggiorazione del 50%, così da arrivare a 530mila euro circa. Come abbiamo tentato invano di far rilevare agli amministratori e ai vertici della burocrazia del Comune, questa maggiorazione è illegittima. Nel caso di aree non edificabili (come i 17 ettari di cui discutiamo), la normativa prevedeva [art. 45, comma 2] una simile maggiorazione (una specie di incentivo) qualora il proprietario avesse ceduto volontariamente, senza opporsi alla stima, il bene all'ente espropriante (nel nostro caso, il Comune e non più il Ministero come era previsto nella deliberazione del 2014). Questa norma, in realtà, non si applica più, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2011 citata prima. Infatti, la maggiorazione trovava applicazione quando l'importo per l'esproprio era calcolato sulla base dei valori agricoli medi, che ora, dopo quella sentenza, sono stati cancellati. Come ha avuto modo di precisare la Corte dei Conti, in un parere di tre anni fa, «nell'impossibilità di fare riferimento a norme non più applicabili … l'unica via percorribile sarà quella della determinazione del corrispettivo per la cessione volontaria … sulla base del valore venale nel caso di aree non edificabili; … non potranno invece essere applicate le maggiorazioni previste dall'articolo 45, comma 2». In altri termini, l'incentivo alla cessione volontaria (la maggiorazione del 50%) era possibile quando la stima delle aree era effettuata con i valori agricoli medi, molto riduttivi (ripetiamo, nel nostro caso, meno di duemila euro all'ettaro). Una volta cancellato questo criterio e utilizzando il parametro del valore di mercato(nel nostro caso, come scritto, circa ventimila euro all'ettaro, addirittura ben superiore all'effettivo valore di mercato), quella maggiorazione non può più essere applicata.
Ai 530mila euro hanno ulteriormente aggiunto un indennizzo, di circa 170mila euro, per un fantomatico valore d'uso sottratto alla proprietà. Ma quale uso? Quale attività si vuole espropriare alla società proprietaria del sito? Qualcuno ha visto turisti, scolaresche, botteghini, biglietti staccati in questi anni?Qualcuno ha visto preservate, protette, valorizzate le orme? Qualcuno ha visto infrastrutture e servizi realizzati per la fruizione culturale e turistica del sito? L'amministrazione, la maggioranza e relativi fans, invece, sanno e hanno visto. Bontà loro. Generosamente, a beneficio del proprietario, ai 530mila euro hanno dunque aggiunto 170mila. E fanno 700mila.
In ultimo, altra perla, la deliberazione dell'altra sera ha stanziato altri 66mila euro per le spese di redazione dell'atto notarile di cessione, registrazione e trascrizione. Come dire, noi deliberiamo l'esproprio, ma ci aspettiamo o sappiamo già che sarà una cessione volontaria, quindi dobbiamo essere pronti, soldi in mano, ad andare dal notaio.
10) In totale, dunque, 766mila euro. Questa la somma stanziata e impegnata con la deliberazione dell'altra sera per la futura acquisizione dei 17 ettari di pascolo su cui insiste la Cava dei Dinosauri.
Magicamente, quella che era la somma concordata l'estate scorsa, dopo trattative, tra i rappresentanti comunali e la società proprietaria coincide esattamente con quella stimata come necessaria per l'esproprio.
La verità è che hanno detto e scritto: esproprio. In realtà, pensavano e faranno una compravendita, come già deciso da mesi.
Una mandrakata. 766mila euro per 17 ettari di pascolo, 45.000 ad ettaro. Soldi pubblici, soldi nostri. Soldi recuperati, ad esempio, dalla TASI che gli altamurani verseranno faticosamente in questi giorni, con una maggiorazione del 120% rispetto all'anno scorso (questa, sì, reale, pesante, ingiustificata e che abbiamo denunciato in tempi non sospetti) deliberata dall'attuale amministrazione.
È Natale. È arrivato Babbo Natale, con tutta la sua corte di fans e creduloni.
Noi, però, ad essere trattati da babbioni non ci stiamo e, dopo l'opposizione in aula consiliare, continueremo ad agire per impedire che si sperperi denaro pubblico e per acquisire al patrimonio pubblico, con procedure legittime e senza supervalutazioni, le aree necessarie per garantire la fruizione della Cava dei Dinosauri.