Canto del Cigno, assolta la malavita locale
Dei 131 imputati solo 13 dichiarati colpevoli.
mercoledì 17 dicembre 2014
10.40
E' arrivata nei giorni scorsi la sentenza di primo grado nel processo penale "Il canto del Cigno" giunto al termine di una lunga inchiesta antimafia che negli anni '90 ha travolto la malavita organizzata nei territori di Gravina e Altamura.
Una sentenza, giunta 15 anni dopo l'avvio del processo, che ha assolto la gran parte degli imputati mentre per altri reati è intervenuta la prescrizione. Dei 103 affiliati all'organizzazione, 10 dei quali nel frattempo deceduti, solamente 13 sono stati condannati a pene che vanno dai 7 anni ai 6 mesi di reclusione. Per l'intero sistema criminale che nel 2002 portò alla sbarra 131 imputati, i giudici del Tribunale di Bari non hanno riconosciuto nemmeno l'associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il procedimento penale avviato nel 1997 è passato di mano da diversi pubblici ministeri antimafia sino a luglio di questo anno quando il pm Isabella Ginefra ha chiesto 58 condanne per associazione mafiosa finalizzata a traffico e spaccio di droga, detenzione di armi ed esplosivi, estorsioni, oltre a 8 tentati omicidi, ferimenti e conflitti a fuoco tra clan rivali. Per altre 35 persone era stata chiesta l'assoluzione oltre aun non luogo a procedere per prescrizione.
Un processo, quello denominato "Il canto del Cigno" basato sulle testimonianze dei collaboratori di giustizia che avevano rivelando nuovi particolari sulle attività illecite dei clan Mangione e Matera-Loglisci, in stretto contatto con i gruppi criminali baresi.
Tra i capi di questa presunta associazione mafiosa c'erano, secondo l'accusa, Raffaele e Vincenzo Anemolo, il defunto Francesco Biancoli, Bartolo D'Ambrosio (ucciso nel 2010) e il suo ex alleato, poi rivale, Giovanni Loiudice (processato e assolto per l'omicidio del boss), Emilio Mangione e suo nipote Vincenzo, Nunzio Falcicchio.
A quasi vent'anni dall'operazione che ha stroncato l'associazione criminale attiva sulla Murgia barese, i giudici baresi non hanno riconosciuto l'ipotesi accusatoria sull'esistenza di una vera e propria "associazione armata di stampo mafioso-camorristico".
Una sentenza, giunta 15 anni dopo l'avvio del processo, che ha assolto la gran parte degli imputati mentre per altri reati è intervenuta la prescrizione. Dei 103 affiliati all'organizzazione, 10 dei quali nel frattempo deceduti, solamente 13 sono stati condannati a pene che vanno dai 7 anni ai 6 mesi di reclusione. Per l'intero sistema criminale che nel 2002 portò alla sbarra 131 imputati, i giudici del Tribunale di Bari non hanno riconosciuto nemmeno l'associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il procedimento penale avviato nel 1997 è passato di mano da diversi pubblici ministeri antimafia sino a luglio di questo anno quando il pm Isabella Ginefra ha chiesto 58 condanne per associazione mafiosa finalizzata a traffico e spaccio di droga, detenzione di armi ed esplosivi, estorsioni, oltre a 8 tentati omicidi, ferimenti e conflitti a fuoco tra clan rivali. Per altre 35 persone era stata chiesta l'assoluzione oltre aun non luogo a procedere per prescrizione.
Un processo, quello denominato "Il canto del Cigno" basato sulle testimonianze dei collaboratori di giustizia che avevano rivelando nuovi particolari sulle attività illecite dei clan Mangione e Matera-Loglisci, in stretto contatto con i gruppi criminali baresi.
Tra i capi di questa presunta associazione mafiosa c'erano, secondo l'accusa, Raffaele e Vincenzo Anemolo, il defunto Francesco Biancoli, Bartolo D'Ambrosio (ucciso nel 2010) e il suo ex alleato, poi rivale, Giovanni Loiudice (processato e assolto per l'omicidio del boss), Emilio Mangione e suo nipote Vincenzo, Nunzio Falcicchio.
A quasi vent'anni dall'operazione che ha stroncato l'associazione criminale attiva sulla Murgia barese, i giudici baresi non hanno riconosciuto l'ipotesi accusatoria sull'esistenza di una vera e propria "associazione armata di stampo mafioso-camorristico".